Art e Dossier

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Cosa ci ha insegnato Maurizio Calvesi

categoria: Eventi
25 luglio 2020

“Il 24 luglio scorso è morto a Roma Maurizio Calvesi, il primo direttore di “Art e Dossier” (lo è stato dal 1986 al 1995). Era nato a Roma nel 1927. Storico dell’arte, allievo di Lionello Venturi e di Giulio Carlo Argan, ha insegnato alle università di Palermo e Roma e ricoperto innumerevoli incarichi pubblici; per due volte è stato curatore della Biennale di Venezia. Tra gli ambiti di studio che frequentò con maggiore assiduità il Futurismo e Caravaggio, ma anche Piero della Francesca, Dürer, De Chirico, Burri, la Pop Art, fino a Ceroli e Schifano… Fondamentale è stato l’aver contribuito a far uscire lo studio della storia dell’arte dal chiuso degli approcci più tradizionali incrociando analisi formale e apporti dall’ambito dell’archivistica, della psicoanalisi, dell’iconologia.Sono arrivato come redattore ad “Art e Dossier” nel 1991, negli ultimi anni della sua direzione scientifica. Per chi aveva studiato sui suoi libri e ora si trovava a lavorare con lui, l’insegnamento chiave rimaneva quello di andare oltre la superficie dell’opera, seguire sentieri poco battuti, documentarsi, comunicare in modo chiaro. Soprattutto, colpiva la sua capacità di passare da un tema all’altro, di essere studioso capace di approfondimenti vertiginosi e al tempo stesso un divulgatore vero, disinvolto e divertente”.
Claudio Pescio
Direttore editoriale “Art e Dossier”

Maurizio Calvesi era un uomo di grande rigore mentale. E’ stato capace di portare quel rigore dallo studio dell’ermetismo del Rinascimento italiano all’analisi delle avanguardie del Novecento. Un sapiente che non si negava alle logiche della divulgazione di alto livello”.
Philippe Daverio
Direttore scientifico “Art e Dossier”

Maurizio Calvesi ha dato l’imprinting ad “Art e Dossier”. Un imprinting che rimane vivo ancora oggi, dopo trentacinque anni. Era il 1985, e Sergio Giunti dava il via alla sua editoria periodica di alta divulgazione con i progetti dedicati, oltre che all’arte, anche alla scienza, alla storia, alla musica e poi all’archeologia e alla medicina.“Art e Dossier”, insieme a “Scienza e Dossier”, furono i progetti pilota che permisero di mettere a punto sia l’impostazione grafica che quella editoriale dell’intera operazione. Noi della redazione lavoravamo in un paio di stanze di via Vittoria Colonna, al centro di Roma. C’era da inventare un modo nuovo, efficace e coinvolgente di fare divulgazione, un modo nuovo che rispettasse rigorosamente i contenuti, ma nello stesso tempo rendesse la lettura piacevole e accessibile anche ai non addetti ai lavori. Maurizio Calvesi era con noi quasi tutti i giorni, nonostante i suoi impegni di critico e professore. Il suo (e nostro) obiettivo di creare uno strumento che fosse in grado di vincere l’eterna scommessa di coniugare la scientificità dei contenuti con il piacere della lettura e la fedeltà delle immagini, passava attraverso alcuni punti critici ben definibili: la costituzione di un comitato scientifico “vero”, capace di dare massima garanzia sui contenuti; un dialogo costante con la redazione, attenta a non far passare termini e linguaggi troppo accademici o gergali; un confronto serrato con i grafici per dare priorità sempre e comunque alla leggibilità del testo, alla sua strutturazione con box e apparati di supporto, e soprattutto alla correttezza della presentazione delle immagini (mai tagliate per adattarle all’impaginato e mai stampate a cavallo di due pagine); una scelta attenta e puntigliosa degli argomenti e degli autori; una collaborazione stretta tra autori, direzione scientifica e redattori. Il risultato di quell’anno di lavoro lo vediamo in trasparenza ancora oggi“.  
Valerio Eletti
Direttore responsabile di "Art e Dossier" dal primo numero al 1996

 

“Si è fatto buio nel mondo degli studi di storia dell’arte. Maurizio Calvesi ci ha lasciato il 24 luglio 2020. Adesso rimarrà il ricordo di un uomo e di un intellettuale dal sorriso velato di tristezza che non si è risparmiato negli studi e che ha attraversato praticamente tutti i campi della storia dell’arte. Io ho avuto il privilegio di essere stato suo allievo e di essermi laureato con lui, insieme a Fernanda de’ Maffei, altro monumento della storia dell’arte italiana, fondatrice della scuola di bizantinistica nel nostro paese. La mia tesi diventò un libro, Storia degli Angeli, ma l’avermi permesso di discuterla rivelava già l’enorme apertura mentale di uno studioso che aveva rivoluzionato il metodo di ricerca nel nostro paese. Non più una critica formale, ma sulla scorta degli esempi di Panofsky, di Gombrich e di Hauser, la ricerca del significato delle immagini, delle ragioni storiche, simboliche e sociali di questo o quel capolavoro, tanto nell’ambito dell’arte moderna quanto di quella contemporanea. Capire il senso dell’arte, questo ci ha insegnato Maurizio Calvesi, con una padronanza che gli permetteva di passare da Pinturicchio a Boccioni e da Piranesi a Duchamp, sempre offrendo una visione nuova per ciascuno degli ambiti di ricerca. Non basta, però, perché Maurizio Calvesi aveva anche l’aspetto del critico militante, ossia di colui che trovava nuovi talenti fra gli artisti viventi. Per questo ebbe rapporti con tutti i grandi del Novecento, da Balla (che frequentava da ragazzino) a Burri (della cui fondazione divenne direttore) a Consagra, da Ceroli (che gli costruì la straordinaria stanza di lettura della sua biblioteca) a Marino Marini, da Manzù a Mastroianni (di cui diresse, anche qui, la fondazione). Di più. I suoi studi influirono sulla nascita di fenomeni artistici del Novecento tipicamente italiani, come il Citazionismo, brutto “ismo” che nascondeva il recupero della dimensione figurativa negli anni Ottanta del XX secolo, con figure come Carlo Maria Mariani, Piruca, Di Stasio e Alberto Abate. Ne fui beneficiato anch’io perché fu Maurizio Calvesi che mi mandò da Plinio de Martis, guru dell’arte contemporanea italiana, per organizzare a Roma, nella mitica galleria La Tartaruga, una mia mostra personale. Mi presentai, era il 1981, e chiesi: «Plinio de Martis?». «Dipende», fu la risposta. Allora aggiunsi: «Mi manda il professor Calvesi». «Si accomodi…», mi rassicurò. La mostra si fece e cinque anni più tardi venni invitato da Maurizio Calvesi a esporre alla Biennale di Venezia del 1986. L’argomento era Arte e Alchimia, un altro dei temi che questo straordinario intellettuale seppe portare all’attenzione non solo degli studiosi, ma anche del grande pubblico. È infatti anche questo un tratto che lo rende pressoché unico nel panorama degli storici dell’arte. Calvesi, infatti, era capace di redigere un saggio sofisticato come La vera e la falsa alchimia nel Cinquiesme Livre, in  Études rabelaisiennes tome XI. Actes du colloque international 16-19 octobre 1998, Ginevra 2001, oppure un articolo di giornale come le decine che scrisse per “La Stampa”, il “Corriere della Sera”, o anche per riviste qualificate, ma d’impostazione divulgativa, come “Art e Dossier” (da lui fondata) o “Ars”, che uscì in edicola dal 1997 al 2003. A tutto questo si deve aggiungere una schiera infinita di allievi a vario titolo, fra cui molti – oggi – cattedratici, impossibili da ricordare tutti, che sono il lascito più vivo di uno dei più grandi studiosi italiani”.    
Marco Bussagli

“Ho avuto l’onore e la gioia di far parte di quel gruppo di giovani e anche meno giovani che Maurizio Calvesi, nei primi anni ottanta, coinvolse come collaboratori entusiasti e dediti nel varo di “Art e Dossier”. Non c’era niente del genere e “Art e Dossier” fu un evento nel panorama culturale del nostro Paese ancora una volta all’avanguardia rispetto ad altre tradizioni nazionali e internazionali. Calvesi, invitandoci a partecipare attivamente con scritti, ricerche, proposte di Dossier, ce ne parlava con grande passione. Certo, c’era stata la rivista “SeleArte” di Carlo Ludovico Ragghianti, modello di ricerca e approfondimento in chiave di colta divulgazione. E c’erano state le collane di piccole monografie come I Diamanti dell’arte della Sadea/Sansoni, I Classici dell’arte Rizzoli, i Maestri del colore dei Fratelli Fabbri. Ma Calvesi dava forma concreta a quello che era il vero obiettivo della più giovane generazione degli storici dell’arte, oltre i sia pur mirabili conseguimenti delle collane degli anni Cinquanta e Sessanta: pubblicare una rivista d’arte in piena regola, scritta secondo i grandi canoni della ricerca scientifica e filologica, rivolta a un pubblico naturalmente predisposto a desiderare un prodotto consimile perché legato a esigenze di una quotidianità che può anche prescindere dalla contingenza immediata senza per questo perdere di reale interesse. Una pubblicazione periodica in edicola che non ammiccasse alla semplificazione ma si proponesse di far diventare la cognizione delle cose d’arte antiche e moderne una lettura agevole e desiderabile. Calvesi ci ha insegnato come l’unica vera forma di divulgazione, anche nel comparto delle Belle Arti, sia la Scienza veicolata secondo i criteri della comunicazione stabiliti una volta per sempre dalle ricerche della semiotica, italiana per larga parte, degli anni Sessanta.“Art e Dossier” ne era una concreta attuazione e lo è ancora adesso, ancorché profondamente rinnovata e ampliata in coerenza con i presupposti su cui è sorta”.
Claudio Strinati