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Picasso: a Basilea gli anni blu e rosa

categoria: Mostre
3 febbraio – 28 maggio 2019

Der junge Picasso - Blaue und Rosa Periode

Basilea, Svizzera
Fondation Beyeler

Al suo arrivo dalla Spagna alla Gare d’Orsay a Parigi il diciottenne Pablo Ruiz, che presto si firmerà Picasso non ha certo l’aria di un novellino, è già un pittore collaudato, a Barcellona gli artisti dell’avanguardia lo considerano il migliore. Picasso ha uno stile che incanta, unico, irresistibile. La sua pittura è stata scelta per la sezione spagnola dell’Exposition Universelle (1900). Ultimi momenti, una tela di grandi dimensioni che raffigura un medico mentre visita un malato, presentata all’evento parigino, rispetta l’attualità artistica del periodo, l’anelito verso una rappresentazione del mondo più autentica e spirituale. La tavolozza del giovane spagnolo si sta trasformando. Pablo cambia stile e intraprende nuove forme espressive. Dalla ricca gamma cromatica ispirata a Van Gogh e Toulouse-Lautrec, il pittore spagnolo passa alle tele quasi monocrome dominate dal colore blu dove i corpi dei personaggi sono segnati da linee di contorno scure. L’occhio privilegia la figura umana, indaga la miseria e l’abisso emotivo della depressione. Picasso rielabora più volte in queste opere la prematura scomparsa dell’amico Carlos Casagemas, figlio del console americano di Barcellona, morto suicida per un amore sfortunato. In concomitanza con questo tragico evento, il maestro spagnolo introduce progressivamente nella sua pittura il blu, dominante nella sua produzione fino alle ultime settimane del 1905, quando la gamma dei colori inizierà a sfumare dal rosso al rosa all’ocra.

I capolavori di questa fase giovanile, dal 1901 al 1906, pietre miliari sulla strada che porterà Picasso a diventare l’artista più famoso del XX secolo, vengono presentate in una mostra esclusiva alla Fondation Beyeler di Riehen/Basilea: Der junge Picasso - Blaue und Rosa Periode. Con un’ottantina di opere tra dipinti e sculture, capolavori tra i più conosciuti al mondo provenienti dai maggiori musei in Europa, negli Stati Uniti, in Canada, Russia, Cina e Giappone, l’esposizione si riallaccia alla collezione della fondazione di Ernst Beyeler, il cui lavoro picassiano più precoce è uno studio preparatorio alle Demoiselles d’Avignon, risalente al 1907. La mostra, curata da Raphaël Bouvier e sviluppata secondo un ordine cronologico, guarda agli esordi della carriera di Picasso, a partire dalle opere incantevoli del Periodo blu e rosa, eseguite in Spagna e in Francia, fino all’emergere della nuova figurazione che, subito dopo il ritorno definitivo di Picasso a Parigi, annuncia il linguaggio cubista che verrà formalizzato dall’artista in collaborazione con Georges Braque tra il 1907 e il 1914. Un sodalizio arricchito poi dal contributo, tra gli altri, di André Derain, Jean Metzinger, Juan Gris, Fernand Léger.

Primavera del 1901: Picasso arriva per la seconda volta alla stazione d’Orsay, l’amico catalano Pere Mañach ha convinto Ambroise Vollard, gallerista dell’avanguardia parigina, a organizzargli una mostra. Picasso lavora freneticamente, dipinge personaggi circensi in opere come quella dove appare la figura dolente di Arlecchino che vediamo pensieroso, con un gomito appoggiato sul tavolo di un bistrot. E ancora madri povere e prostitute, quest’ultime ricoverate nell’ospedale Saint-Lazare (quando affette da malattie veneree), visitato da Picasso nell’autunno del 1901. Sono immagini di strazio e solitudine immerse nel blu. In contrapposizione a queste figure, il maestro realizza opere di sfacciato erotismo, con amanti e tenutarie di bordelli. La mostra da Vollard ha gran successo e fa scoprire al sospettoso pubblico parigino un Picasso dal genio pirotecnico che si appropria e reinventa a suo capriccio gli stili e i motivi dei mostri sacri dell’epoca, Van Gogh, Degas, Toulouse-Lautrec. Sono quadri che sprigionano una forte carica erotica, in linea con una delle più impertinenti tesi picassiane: «L’arte non è mai casta».

L’erotismo è uno dei temi portanti del genio spagnolo, un fil rouge che percorre per intero la sua tumultuosa creatività: dagli arlecchini pensosi del Periodo blu e rosa alle figure scomposte e nature morte del momento cubista, dalle teste monumentali e dalle bagnanti di impronta classicista degli anni Venti ai tori furiosi, ai nudi morbidi degli anni Trenta, agli amanti malinconici dai corpi sfatti degli ultimi anni. Politica, tauromachia e donne, soprattutto donne. Il percorso umano e professionale di Pablo Picasso si nutre di queste passioni che possono trasformarsi, come nel caso delle donne, in vere e proprie ossessioni. Amate e odiate in maniera esagerata, viscerale, mostruosa. Sette furono le compagne ufficiali, due le sposò; i figli, quattro, li riconobbe tutti. Con tutte ebbe un legame di odio-amore. Attrazione, malessere, rifiuto. La sua arte si alimentava, quasi fisicamente, del corpo e dello spirito delle sue donne, nel bene e nel male.

Esaurito il blu, la gamma di colori di Picasso vira al rosa: appaiono le figure di attori da baraccone, saltimbanchi, pagliacci, cavallerizzi, dai corpi ossuti ma privi di energia o robusti ma senza vigore, attraversati da solitudine e malinconia. Numerose sono le tele ispirate da Madeleine, l’amante del momento, come la sognante e bellissima Donna in camicia (Madeleine) del 1904-1905. Negli stessi anni Picasso scopre in Olanda i corpi sensuali e prosperosi delle donne di Schoorl, esperienza che lo porta ad approfondire gli effetti scultorei in pittura. Dal rosa poi l’artista passa gradualmente all’ocra, una tendenza confermata durante il suo soggiorno a Gósol, un villaggio isolato nei Pirenei, tra maggio e agosto 1906. Scultura romanica catalana, arte iberica, l’interesse per la pittura di Gauguin, una relazione stretta tra pittura, scultura e incisione, favoriscono la nascita di un nuovo linguaggio espressivo volto a una semplificazione di forme e spazio. Siamo alle origini della nuova avventura, dove ogni esperienza precedente confluisce in un intrico geometrico di linee, sagome e volumi, trasformando qualsiasi tela in un capolavoro. 

Melisa Garzonio