Art e Dossier

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Art History: ricerca iconografica

Boccaccio Giovanni *

Firenze 1313 - Certaldo (Firenze) 1375
Nato nel 1313 probabilmente a Firenze, da una famiglia di origine certaldese, si trasferisce col padre, agente della banca dei Bardi, a Napoli. In questo periodo napoletano, che va dai 14 ai 32 anni, Giovanni, inizialmente avviato alla pratica mercantile e bancaria, compirà fondamentali esperienze umane e intellettuali presso il vivace e colto ambiente della corte angioina. Tutto ciò, insieme alla vicinanza di uomini dotti come il giurista e poeta Cino da Pistoia, gli farà definitivamente decidere di dedicarsi agli studi letterari. Le prime opere composte durante la sua giovinezza napoletana anticipano i suoi tipici temi ameni e di intrattenimento, disciplinati, però, dalla conoscenza della retorica medievale. Tra il 1336 e il 1339 Boccaccio compone il romanzo in prosa Filocolo, diviso in cinque libri, che narra gli amori di Florio e Biancifiore, una leggenda medievale proiettata in un contesto ideale autobiografico. Sempre a Napoli, nel 1339-1340, scrive il poemetto in ottave Teseida delle nozze di Emilia, dove la vicenda epica della guerra di Teseo contro le Amazzoni fa da cornice al tema lirico-sentimentale. Verso la fine del 1340, in seguito al fallimento della banca dei Bardi, Boccaccio è di nuovo a Firenze, dove raggiungerà una piena maturità stilistica e letteraria, facendo subentrare al gusto autobiografico, sentimentale e cortese, l’influsso della poesia didascalica e allegorica propria della tradizione toscana. Nasceranno così la Commedia delle ninfe (1341-1342), l’Elegia di Madonna Fiammetta (1343-1344) e il Ninfale fiesolano (1345-1346), poemetto in ottave che, sotto il pretesto eziologico, racconta una tenue storia d’amore tra il pastore Africo e la ninfa Mensola. Poco sappiamo degli anni successivi di Boccaccio, trascorsi tra varie corti (Ravenna e Forlì). Nel 1348 è certamente a Firenze durante la terribile pestilenza (per la quale avrebbe perso il padre e la seconda matrigna), che avrebbe poi descritto nelle pagine introduttive del Decameron. Questo, che rappresenta senza dubbio il capolavoro di Boccaccio, scritto certamente tra il 1349 e il 1353, è una mirabile raccolta di novelle dove l’azione si svolge e si chiude in dieci giornate di racconto. Boccaccio immagina che nella chiesa di Santa Maria Novella si incontrino per caso dieci ragazzi e che insieme decidano di ritirarsi in una villa sui colli per sfuggire al contagio della terribile peste. Ogni giorno i giovani si riuniranno sul prato per raccontarsi novelle, una per ciascuno, e, intorno a ogni novella narrata, Boccaccio inserirà una cornice che offrirà spunti di riflessione, digressioni sulle attività della brigata, e sue personali conclusioni. Si tratta di un’opera unica nella storia della letteratura italiana, specchio fedele della civiltà borghese e della società comunale e mercantile in cui già si avvertono i sintomi di una crisi imminente. Importante per Boccaccio sarà l’incontro con Petrarca, a Firenze nel 1350, con il quale manterrà sempre un’affettuosa corrispondenza e una costante amicizia. Divenuto ormai un poeta e uno studioso molto apprezzato, Boccaccio viene incaricato dai concittadini di molte ambascerie: in Romagna (1353), ad Avignone presso il papa Innocenzo III (1354) e a Napoli. Nel 1361 si ritira a Certaldo dove, da chierico, si dedicherà alla cura delle anime, senza mai però rinnegare né abbandonare gli studi profani L’ultima opera di fantasia è il Corbaccio, composta in prosa intorno al 1365-1366. I suoi interessi, negli ultimi anni della sua vita, venivano sempre più dedicati al culto degli antichi che condivideva con un attivo gruppo di umanisti, tra cui Coluccio Salutati e Filippo Villani. Così nacquero le sapienti ed erudite opere latine: De mulieribus claris (1360-1362), Genealogia deorum gentilium (1365), Bucolicum carmen (1367), De casibus virorum illustrium (1373), mentre in volgare è il Trattatello in laude di Dante, pervenutoci in tre redazioni (1355-1370 circa). Morirà a Certaldo il 21 di