Il volto e le sue storie nel nuovo libro di Riccardo Falcinelli
Riccardo Falcinelli
Visus. Storie del volto dall’antichità al selfie
Giulio Einaudi editore, Torino 2024
pp. 552
€ 25
Presenza costante della nostra quotidianità, il volto è un elemento che forza i limiti organici della fisionomia ed entra a gamba tesa nel regno dell’emotività e della relazione con l’altro, influenzandone le dinamiche. Visus. Storie del volto dall’antichità al selfie, il recente libro di Riccardo Falcinelli pubblicato da Giulio Einaudi editore, scandaglia le vicissitudini del volto esplicitando, fin dal titolo, il punto di partenza e d’arrivo di una indagine condotta mettendo in campo le discipline e i linguaggi più svariati – dalle teorie dell’arte alla mitologia, dalla pittura al cinema, dalle neuroscienze alla filosofia. Suddiviso in sette capitoli, il volume racchiude una miniera sconfinata di informazioni, veicolate da un linguaggio accessibile e da un tono mai didascalico, ingredienti essenziali per condensare in 552 pagine la trattazione di uno degli argomenti più complessi di sempre.
Dopo aver attraversato il mondo del colore e quello delle immagini – rispettivamente (s)oggetto ispiratore di Cromorama e Figure ‒ Falcinelli, noto al grande pubblico anche per la sua attività di graphic designer, compie una nuova immersione nelle acque profonde di una entità che chiama in causa i meccanismi visivi, scomponendola pezzo dopo pezzo e ricomponendola nell’ambito di un discorso trasversale rispetto alle epoche e alle consuetudini. A punteggiare la trattazione sono alcuni ricordi personali che evocano il vissuto familiare di Falcinelli e che riportano lo sguardo sull’esperienza collettiva del possedere una faccia e di “indossarla” ogni giorno. L’aneddoto riguardante la fotografia “formato tessera” della sorella gemella usata dalla madre dell’autore per completare il proprio passaporto apre e chiude il cerchio dell’intera narrazione, il cui obiettivo è chiaro sin dall’inizio. “Questo libro non è […] una storia del ritratto” – scrive Falcinelli nel preambolo ‒ “ma qualcosa di più vasto: è il racconto di come la faccia sia stata, fin dai tempi più antichi, una fucina di idee, riflessioni ed elaborazioni visive. Che siano teste scolpite oppure dipinte, bambole o maschere, effigi funerarie o personaggi di fantasia, da sempre l’umanità si è chiesta che forma dare ai volti artificiali: che aspetto dovrebbero avere gli dei? Come rappresentare i sovrani? Come far capire chi è buono e chi è cattivo, chi ha prestigio e chi invece andrebbe giustiziato?”.
La disamina della rappresentazione del volto – tra apparenza della realtà, abbellimento, frontalità e profilo come tecniche di storytelling ante litteram ‒ cede il passo agli espedienti utilizzati per far sì che quello stesso volto esprima “pensieri, idee, desideri”, come dichiara Falcinelli. Sono gli occhi, in questo caso, a prendersi la scena: il bagliore che si posa nei dintorni dell’iride e che rende lo sguardo permeabile ai riflessi del mondo esterno è una traccia da seguire con grande cura per accedere alla dimensione psicologica del volto. Così come i sentieri incisi nei secoli dalla forza del canone, che, ancora una volta, ha molto a che vedere con quanto si vuole comunicare attraverso una specifica rappresentazione. Intesa in questi termini, l’impresa compiuta dall’imperatore Augusto nei confronti della propria immagine è davvero “una delle prime, imponenti operazioni di brand, che ha parecchie assonanze col modo in cui oggi le aziende controllano la propria immagine”.
Il passo verso le logiche del divismo di Hollywood e della celebrità in chiave contemporanea è allora molto breve e l’arguta analisi dei meccanismi di funzionamento della cosmetica è la chiave di volta per affermare che “non può esistere un volto naturale: esiste casomai un supporto biologico sul quale ogni giorno poggiamo un autoritratto inventato”.
Se “vedere non è percepire le apparenze o le forme delle cose, ma desiderare ciò che si sta guardando”, una riflessione sulle potenzialità – e sui limiti – dell’intelligenza artificiale è d’obbligo. Certamente, osserva Falcinelli, “almeno per il momento, le macchine non desiderano nulla”, ma quali implicazioni ha – non soltanto sul piano legale e autoriale ‒ la creazione di facce artificiali da parte delle macchine o la possibilità di realizzare e divulgare selfie? Come si evolverà il diritto a disporre della propria faccia? E, ancora, se per secoli la morte ha spinto gli esseri umani a creare facce artificiali per prolungare nel tempo il legame con la persona scomparsa, “l’intelligenza artificiale, per troppo realismo, potrebbe farci dimenticare perfino che quella morte sia mai accaduta”, commenta l’autore.
Il viso dunque – integrato in un corpo la cui percezione cambia a seconda delle epoche – è l’innesco di una catena potenzialmente lunghissima di pensieri che si propagano in molteplici direzioni. Falcinelli, nel suo saggio, è in grado di trascriverne una buona parte, tenendoli insieme come in un organismo vivente. Ad aiutarlo in questo lavoro mastodontico è anche una trama di collegamenti geniali disegnati da frequenti salti lungo la linea del tempo – chi avrebbe mai detto, ad esempio, che gli appuntamenti organizzati sulle app di incontri selezionando una fotografia hanno molto in comune con i matrimoni combinati in passato osservando un’effigie dipinta?
Arianna Testino