Toulouse-Lautrec. Un viaggio nella Parigi della Belle Époque a Firenze
Toulouse-Lautrec. Un viaggio nella Parigi della Belle Époque
Gonne svolazzanti, manifesti colorati e notti senza fine: la Parigi della Belle Époque prende vita a Firenze, dove fino al 22 febbraio 2026 il Museo degli Innocenti ospita la mostra Toulouse-Lautrec. Un viaggio nella Parigi della Belle Époque, curata dal Dr. Jürgen Doppelstein. Con il patrocinio del Comune di Firenze, l’esposizione è prodotta e organizzata da Arthemisia, in collaborazione con Cristoforo, l’Ernst Barlach Museumsgesellschaft Hamburg e BridgeconsultingPro e vede Gabriele Accornero come project manager della Collezione.
Oltre cento opere dell’artista francese – tra cui Jane Avril (1893), Troupe de Mademoiselle Églantine (1896), Aristide Bruant nel suo cabaret (1893) e prestiti eccezionali come gli oli provenienti dal Museo Toulouse-Lautrec di Albi – sono al centro di questo racconto. Siamo nella Belle Époque, un’epoca di pace e benessere, spensieratezza e progresso, quella che l’Europa attraversa tra la fine dell’Ottocento e i primi anni del Novecento. Un tempo sospeso tra mondanità e realtà, che trova in Parigi il suo palcoscenico ideale. Boulevard alberati, palazzi signorili, i primi lampioni a gas che rischiarano la notte e poi la musica, gli spettacoli, quella vita notturna che comincia ad ispirare moltissimi artisti. Teatri e café-concert, come il celebre Moulin Rouge, si popolano di figure marginali ma carismatiche: prostitute, ballerine, chansonnier. In questo scenario si muove e si afferma Henri de Toulouse-Lautrec (1864-1901), uno degli artisti più originali e iconici della sua epoca. Pittore, illustratore e innovatore grafico, ha saputo catturare con uno sguardo ironico, intimo e autentico lo spirito bohémien della Parigi di Montmartre. Scenografie d’epoca, fotografie, video, arredi originali e opere di altri artisti coevi come Alphonse Mucha e Paul Berthon conducono il visitatore in un vero e proprio viaggio nel tempo.
Una delle sezioni più affascinanti della mostra, “Au Cirque”: l’arte come salvezza
Nel marzo del 1899, Henri de Toulouse-Lautrec fu rinchiuso in una clinica lontana dalla città che tanto amava, Parigi. Le ombre dell’alcol e della demenza, probabilmente causata dalla sifilide, avevano invaso la sua mente come un temporale improvviso e la sua famiglia, temendo il peggio, lo affidò ai medici. Proprio quando il sipario sembrava si stesse chiudendo, accadde qualcosa di straordinario. Chiusi tra le mura fredde dell’ospedale, i suoi pensieri tornarono a un luogo di meraviglia: il circo. Un regno di colori e acrobazie, dove anche l’assurdo trova un senso. Fu lì, tra i ricordi di cavalli danzanti e clown malinconici, che Henri afferrò il suo pennello come una bacchetta magica. Con mani tremanti e cuore risoluto, iniziò a disegnare. Creò un mondo interno: cavallerizze leggere come piume, cani ubbidienti, equilibristi sospesi tra cielo e terra. In uno dei suoi disegni più iconici e struggenti, una donna in pantofole segue un cavallo gobbo nell’arena. È stanca sì, ma continua a camminare. E Henri, come per proteggerla, allunga l’ombra delle sue ciabatte sulla carta. E così a maggio di quell’anno, il suo cuore inquieto uscì dalla clinica, libero.
Ginevra Poli