Art e Dossier

Unknown.gif
Unknown.gif

Riscoprire un maestro del Novecento: Felice Carena in mostra a Milano

categoria: Grandi Mostre
17 May – 29 September 2024

Felice Carena

Felice Carena nacque a Torino nel 1879, formandosi presso l’Accademia Albertina; nel 1912 espose alla Biennale di Venezia (e non fu certo l’unica edizione a cui partecipò), nel 1924 fu chiamato a insegnare per chiara fama all’Accademia di Belle Arti di Firenze, dove rimase fino al 1944, ricoprendo anche il ruolo di presidente di quell’istituzione. Terminata la Seconda guerra mondiale, si trasferì invece a Venezia, raccogliendosi nel suo studio e frequentando i grandi modelli classici cinque-secenteschi fino al 1966, quando morì. Nonostante un tale curriculum, nel dopoguerra l’opera di Carena venne quasi dimenticata e l’oblio durò fino al 2010, anno in cui fu organizzata a Venezia la prima retrospettiva a lui dedicata. Oggi la mostra – curata da Luca Massimo Barbero, Virginia Baradel, Luigi Cavallo ed Elena Pontiggia – che è allestita alla sede milanese di Gallerie d’Italia di Intesa Sanpaolo, sempre attenta agli artisti che attendono una riscoperta, vuole restituire la meritata notorietà al pittore.

Le oltre cento opere, alcune delle quali ritenute suoi autentici capolavori, illustrano sua carriera di Felice Carena e le sue ricerche che hanno spaziato dal simbolismo all’espressionismo, ponendosi in continuo dialogo con la tradizione classica e rinascimentale. Se i suoi esordi sono segnati da riflessioni sul luminismo nordico, sui preraffaeliti e sul simbolismo, negli anni Dieci del Novecento le opere dell’artista si caratterizzano per una piena plasticità, per poi virare verso composizioni più astratte e volumetriche – ne sono esempi dipinti come Gli Apostoli e La Pergola – giungendo poi a dipingere nel 1933 L’estate (L’amaca), una delle sue prove migliori. Negli anni seguenti Carena si è dedicato a opere di forte impatto religioso e, una volta giunto a Venezia – dove ha scelto di vivere in meditato isolamento e intrattenendo un rapporto privilegiato con mecenati quali Gilberto Errera e Vittorio Cini

Felice Carena nacque a Torino nel 1879, formandosi presso l’Accademia Albertina; nel 1912 espose alla Biennale di Venezia (e non fu certo l’unica edizione a cui partecipò), nel 1924 fu chiamato a insegnare per chiara fama all’Accademia di Belle Arti di Firenze, dove rimase fino al 1944, ricoprendo anche il ruolo di presidente di quell’istituzione. Terminata la Seconda guerra mondiale, si trasferì invece a Venezia, raccogliendosi nel suo studio e frequentando i grandi modelli classici cinque-secenteschi fino al 1966, quando morì. Nonostante un tale curriculum, nel dopoguerra l’opera di Carena venne quasi dimenticata e l’oblio durò fino al 2010, anno in cui fu organizzata a Venezia la prima retrospettiva a lui dedicata. Oggi la mostra - curata da Luca Massimo Barbero, Virginia Baradel, Luigi Cavallo ed Elena Pontiggia - che è allestita alla sede milanese di Gallerie d’Italia di Intesa Sanpaolo, sempre attenta agli artisti che attendono una riscoperta, vuole restituire la meritata notorietà al pittore.

Le oltre cento opere, alcune delle quali ritenute suoi autentici capolavori, illustrano sua carriera di Felice Carena e le sue ricerche che hanno spaziato dal simbolismo all’espressionismo, ponendosi in continuo dialogo con la tradizione classica e rinascimentale. Se i suoi esordi sono segnati da riflessioni sul luminismo nordico, sui preraffaeliti e sul simbolismo, negli anni Dieci del Novecento le opere dell’artista si caratterizzano per una piena plasticità, per poi virare verso composizioni più astratte e volumetriche – ne sono esempi dipinti come Gli Apostoli e La Pergola – giungendo poi a dipingere nel 1933 L’estate (L’amaca), una delle sue prove migliori. Negli anni seguenti Carena si è dedicato a opere di forte impatto religioso e, una volta giunto a Venezia – dove ha scelto di vivere in meditato isolamento e intrattenendo un rapporto privilegiato con mecenati quali Gilberto Errera e Vittorio Cini -, all’approfondimento del tema delle nature morte (“sofferte e straordinarie”, le definisce Barbero).

Grazie a sei sezioni espositive la mostra, che comprende anche alcuni sorprendenti inediti, ricostruisce la parabola artistica del grande pittore torinese e restituisce il denominatore comune di tutti i suoi lavori: l’incessante ricerca di una luce capace di sprigionare dai corpi e dagli oggetti, diventando essa stessa “forma”.

Marta Santacatterina