Il libro che fa il punto su intelligenza artificiale e mercato dell’arte
Jo Lawson-Tancred, Intelligenza artificiale e mercato dell’arte
trad. it. Mariella Milan
Johan & Levi, Monza 2025
pag. 100
€ 15
Argomento fra i più discussi su scala planetaria, l’intelligenza artificiale è il cuore pulsante di un dibattito che non riguarda soltanto l’ambito tecnologico, ma anche i territori dell’economia, dell’informazione, del diritto e dell’arte. Si concentra su quest’ultimo segmento il saggio di Jo Lawson-Tancred recentemente pubblicato da Johan & Levi nella traduzione italiana di Mariella Milan. Fin dal titolo, Intelligenza artificiale e mercato dell’arte disegna i confini di una trattazione che prende in esame l’impatto dell’intelligenza artificiale sul sistema dell’arte e su chi lo abita, sollevando interrogativi utili per immaginare gli assetti futuri.
Giornalista specializzata nel rapporto fra arte, tecnologia e mercato, con esperienza di ricerca nel campo del machine learning, Jo Lawson-Tancred ha racchiuso, in un centinaio di pagine, una sequenza di riflessioni, domande, dati, esempi in merito a una questione che non prevede punti fermi, ma si radica nell’orizzonte del perenne – e velocissimo – mutamento.
I cinque capitoli che compongono il volume sono dedicati agli altrettanti snodi della discussione attorno al complesso binomio arte-IA: autenticazione, valutazione, vendita, collezionismo, legge. Dando voce a numerosi professionisti attivamente coinvolti nel dibattito e nelle sue ricadute concrete – dai vertici di case d’asta come Sotheby’s a consulenti d’arte digitale, da galleristi ad avvocati ‒, l’autrice descrive le rapide evoluzioni che hanno spianato la strada a un presente in cui il ruolo dell’intelligenza artificiale nei confronti dell’attività artistica suscita grande interesse e richiede piena attenzione. “Riuscirà l’intelligenza artificiale, con tutti i rischi che comporta e con gli interrogativi e i dubbi etici che solleva, a dare al mondo dell’arte la soluzione per un problema urgente com’è quello di raggiungere, stimolare e coinvolgere le nuove generazioni di artisti, mecenati e collezionisti?” si chiedono Jeffrey Boloten e Juliet Hacking di Sotheby’s nella prefazione. Jo Lawson-Tancred raccoglie il testimone e, approfondendo l’entità dei menzionati rischi e dubbi etici, ipotizza nuove strategie di coinvolgimento.
Se il mondo dell’arte, un “settore così chiuso e orgoglioso della sua singolarità ha mostrato in passato una certa lentezza nel mettersi al passo con parecchi sviluppi tecnologici”, scrive Lawson-Tancred, di certo le ragioni vanno individuate in una certa ritrosia verso il cambiamento e in una buona dose di scetticismo nei riguardi di tecnologie che potrebbero mettere in discussione il primato dei “gatekeeper tradizionali: gallerie, consulenti d’arte e case d’asta”. Ma cosa succederebbe se l’intelligenza artificiale, oggi considerata un “‘copilota’ […] che deve limitarsi a integrare altri metodi conoscitivi tradizionali e scientifici”, fosse accettata come un mezzo con “valore giuridico”? Il mercato lo accetterebbe, sostiene lo storico dell’arte Nils Büttner, presidente del Centrum Rubenianum ed esperto interpellato dall’autrice sui delicati temi del riconoscimento e della autenticazione, processi essenziali per determinare il destino di un’opera sul mercato. Tuttavia la strada è ancora lunga: “Tra i maggiori ostacoli che l’IA incontra nella rischiosissima sfida rappresentata dall’autenticazione, ci sono la disponibilità di buoni dati – e il fatto che quei dati siano gestiti da mani esperte – e la necessità di conquistare la fiducia dei più importanti attori del mercato. Dove è possibile superare questi problemi, per le attribuzioni l’intelligenza artificiale assicura giudizi relativamente imparziali, rigorosamente testati e sottoposti a revisione paritaria”, dichiara Lawson-Tancred.
E per quanto riguarda l’altrettanto complessa fase di valutazione? L’IA potrebbe contribuire a generare dati più trasparenti e chiari, suscitando l’interesse di nuovi collezionisti e implementando le vendite? I creatori di metodi di mappatura basati sull’intelligenza artificiale sono ottimisti, ma è d’obbligo domandarsi, insieme all’autrice del saggio, “se i nuovi sofisticati strumenti creati con l’intelligenza artificiale si limiteranno a portare con sé cambiamenti positivi o se diventeranno un nuovo gatekeeper basato sui dati”.
Le risposte, ormai è evidente, non sono né univoche né definitive, stante la vertiginosa evoluzione della IA, e a formularle sono anche gli artisti, combattuti fra l’urgenza di porre un limite alla raccolta di dati compiuta dall’intelligenza artificiale nei confronti delle proprie opere e il desiderio di testare le potenzialità di uno strumento non più ignorabile. Tra il netto rifiuto, che sfocia in cause contro i generatori di immagini IA, e l’ottimismo entusiasta, esiste una strada di mezzo, percorsa da chi, ogni giorno, aggiunge un tassello al mercato dell’arte, influenzandone gli andamenti. Alcuni artisti, galleristi, curatori, case d’aste stanno provando ad avvicinare due mondi apparentemente inconciliabili, quello di chi popola il Web3 – basato sulla decentralizzazione e sulla tecnologia Blockchain – e quello abitato da professionisti e pubblico tradizionali, adottando strategie ibride, che incuriosiscano un’audience tecnologicamente esperta e, al contempo, rassicurino interlocutori ancora scettici.
La strada da percorrere, lo sappiamo, è lunga e i cambi di passo sono frequenti. Come ben spiega Lawson-Tancred: “Nonostante i principi guida del Web3 – decentralizzazione, trasparenza, accessibilità e rimozione dei gatekeeper – appaiano sostanzialmente antitetici al modello aziendale di gran parte delle gallerie commerciali e delle case d’asta, i valori aggiunti dell’esclusività e della competenza hanno finito per prevalere. Molti dei più grandi nomi usciti dal Web3 sono stati assorbiti in qualche misura dal mercato dell’arte tradizionale, ma si tratta di un ponte che in parecchi stanno ancora tentando di consolidare. Se ci riusciranno, il mercato avrà forse, finalmente, decifrato il codice per convertire gli imprenditori tecnologici in appassionati collezionisti”.
Arianna Testino