Il tempo del Futurismo: la mostra romana
Il Tempo del Futurismo
Da molto tempo in Italia la genesi di una mostra non era stata preceduta da vibranti e capziose polemiche, che sarebbero piaciute molto al gusto incendiario di Filippo Tommaso Marinetti, teorico e padre del Futurismo, l’unica avanguardia storica italiana ad aver avuto un risalto internazionale. Eppure, nonostante il battage mediatico che aveva contribuito a far nascere alcuni dubbi sulla serietà della rassegna Il tempo del Futurismo, curata da Gabriele Simongini e aperta alla Galleria Nazionale di Roma fino al 28 febbraio 2025, possiamo annoverarla tra le mostre epocali per diverse ragioni diverse. La prima riguarda il taglio curatoriale, di impronta classica e comprensibile a tutti, giocato sul rapporto tra le opere d’arte a parete e le “macchine”, per sottolineare la componente tecnologica di un tempo caratterizzato da scoperte e invenzioni formidabili, come la radio.
«Il futurismo si fonda sul completo rinnovamento della sensibilità umana avvenuto per effetto delle grandi scoperte scientifiche», dichiarava Marinetti nel 1913. Il dialogo tra opere d’arte e oggetti tecnologici costituisce il fil rouge dell’allestimento, firmato dallo studio Decima Casa, che occupa per la prima volta tutto il primo piano del museo, permettendo ai visitatori una leggibilità – non troppo affollata – per i cinquecento oggetti (tra i quali trecentocinquanta opere d’arte) riuniti per l’occasione e necessari a comprendere il concetto di simultaneità, elemento fondante del movimento. La seconda ragione riguarda la scelta delle opere, provenienti sì da alcune prestigiose istituzioni internazionali, tra i quali il MoMA, il Philadelphia Museum of Art e la Estorick Collection, ma soprattutto dai musei italiani, dove spesso vengono custodite nei depositi e non esposte al pubblico. Così, al di là di dipinti iconici come Lampada ad arco di Giacomo Balla, Stati d’animo di Umberto Boccioni o la Ballerina di Gino Severini, scopriamo la qualità di Tre Donne di Boccioni (Intesa San Paolo, Milano), Ciò che mi ha detto il tram di Carrà (MART-Museo di arte moderna e contemporanea, Rovereto), Stazione per treni e aerei di Sant’Elia (Pinacoteca civica, Como), Tramonto o il roveto di Pellizza da Volpedo (Galleria Ricci Oddi, Piacenza), Trittico della Velocità - Il via, La corsa, L'arrivo di Dottori (Museo di Palazzo della Penna, Perugia). Capolavori ritrovati come Paesaggio/Meriggio a Sagliano Micca di Carrà (Museo del territorio biellese, Biella) Notturno in periferia di Boccioni (GAM, Torino) o Trittico della Velocità - Il via, La corsa, L'arrivo di Dottori (Museo di Palazzo della Penna, Perugia) dimostrano la serietà di una ricerca a tappeto nelle collezioni delle istituzioni museali italiane, alla quale si affianca – last but not least – il patrimonio della GNAM, da dove provengono opere com Libecciata di Balla, Paese umbro di Dottori, Rarefazione Solare di Prampolini, Lampi di Russolo e Sintesi di un paese primaverile di Soffici. Una mostra che intende sottolineare la ricchezza dei nostri musei diffusi su tutto il territorio nazionale, che hanno costituito un prezioso serbatoio al quale attingere per una grande rassegna da non mancare, tutta prodotta in seno alla Direzione Generale Musei del Ministero della Cultura.
Ludovico Pratesi