Quel bagliore che attraversa le epoche: in mostra dorate del Medioevo e del contemporaneo
L'età dell'oro. I capolavori dorati della Galleria Nazionale dell’Umbria incontrano l’Arte Contemporanea
È mai esistita un’età dell’oro? In termini generali non si può certo dire, ma se si pensa alla storia dell’arte è proprio il “buio” Medioevo a far risplendere di bagliori dorati le pale d’altare, i crocefissi e i dipinti per la devozione privata, senza dimenticare, soprattutto nell’Italia settentrionale e nel Nord Europa, le sculture lignee spesso rivestite con foglia d’oro. In quei secoli il re dei metalli era considerato il materiale per eccellenza con cui trasformare ogni opera in manifestazione del sacro e questa sua “proprietà” – al di là del valore intrinseco che era già riconosciuto in età preistorica – è stata ripresa nel Novecento da molti artisti contemporanei che, spesso abbandonando o mettendo in secondo piano la figura, hanno indirizzato la loro ricerca verso il soprannaturale.
La mostra allestita alla Galleria Nazionale dell’Umbria e curata da Alessandra Mammì, Veruska Picchiarelli e Carla Scagliosi porta a compimento un progetto già presentato in forma più ridotta a Venezia la scorsa primavera e accosta le opere a fondo oro dei maestri antichi con alcuni lavori di importanti colleghi. Il dialogo tra passato e presente si innesca spontaneamente, spalancando inediti orizzonti di interpretazione delle opere stesse e suscitando quel senso di continuità che, di fatto, è fondamento del contesto contemporaneo, nel quale a parlare sono soprattutto i simboli, le forme, l’essenza più intima dell’arte.
Il luccicante percorso espositivo si apre con una selezione di fondi oro delle collezioni permanenti del museo perugino che si confrontano con un’opera giovanile di Michelangelo Pistoletto, Autoritratto oro del 1960, per poi addentrarsi nel XIII secolo, con la Deposizione del dossale di San Francesco al Prato del Maestro di San Francesco – peraltro protagonista di una recente e straordinaria rassegna organizzata sempre dalla GNU, che ha consentito di rivalutarne e riaggiornarne la figura – accostata al Monochrome sans titre realizzato da Yves Klein per il santuario di Santa Rita da Cascia: opere che recano in sé il medesimo afflato spirituale e che si caratterizzano per l’uso del purissimo blu oltremare.
In compagnia della Madonna col Bambino e sei angeli di Duccio di Boninsegna sta invece il Concetto spaziale su fondo oro di Lucio Fontana che costituisce una diretta evocazione della potenza simbolica dell’icona, rafforzata dal gesto umano della lacerazione sulla tela. A seguire si incontrano due magnifici reliquiari: quello di santa Giuliana di Cataluccio di Pietro da Todi, realizzato per custodire il cranio della martire e che oggi accoglie la testina femminile dorata di Marisa Merz, proprio come se fosse una reliquia; il prezioso manufatto di oreficeria francese di Montalto, attribuito a Jean du Vivier (fine del XIV secolo), trova corrispondenza nell’ex voto donato da Yves Klein al convento delle Agostiniane di Cascia quale ringraziamento per aver superato una delicata operazione al cuore.
Ulteriori “coppie” vedono protagonisti Gentile da Fabriano e Michelangelo Pistoletto; il Maestro del Trittico del Farneto e Gilberto Zorio; Bartolomeo Caporali ed Andy Warhol; il Maestro della Madonna di Montone e Carla Accardi; Taddeo di Bartolo e Fausto Melotti; Niccolò di Liberatore e Jannis Kounellis (interessante la presenza di due versioni della sua opera Tragedia civile). I termini cronologici sconfinano anche nel periodo rinascimentale – con opere di Bernardino di Mariotto (con Giulio Paolini) e Cesare Franchi detto il Pollino (con Elisa Montessori) – e nell’arte tessile, grazie all’esposizione del parato Armellini del Museo del Capitolo della Cattedrale di San Lorenzo posto in dialogo con gli Scarabei stercorari di Jan Fabre.
Marta Santacatterina