Roma riscopre la pittura di Anna Maria Fabriani, artista centenaria
Anna Maria Fabriani. Riverberi e trame dalla Scuola Romana
Prosegue senza sosta l’attività di valorizzazione di Palazzo Merulana verso gli esiti artistici della Scuola Romana. La sede espositiva capitolina ‒ custode di numerosi capolavori appartenenti alla Collezione Cerasi, realizzati dai protagonisti di una stagione creativa protrattasi fra gli anni Venti e Quaranta del secolo scorso ‒ stavolta punta lo sguardo sulla vicenda pittorica di un’artista centenaria, alla quale è dedicata la mostra Anna Maria Fabriani. Riverberi e trame dalla Scuola Romana.
Curata da Sabina Ambrogi, l’esposizione fa il punto sulla lunga carriera di un’artista che, seppur confinata tra le mure domestiche dai dettami patriarcali del secondo dopoguerra, gettò le basi di un linguaggio visivo capace di sopravvivere alle epoche. Come sottolinea Giulia Ambrogi nel suo testo critico, “la retrospettiva evidenzia il culto del ‘lavoro dell’artista’, che è forse uno dei tratti più forti che saldano la sua opera al periodo della Scuola Romana, alla frequentazione dell'atelier di Villa Strohl-Fern e al maestro Socrate. Un’attitudine nei confronti dell’arte che per Fabriani è stata ambizione di crescere all’interno di esercizi pittorici quotidiani, in una ricerca continua che, non avendo mai avuto l’obiettivo di tradursi in visione pubblica, finisce con il coincidere con la vita stessa. Non si è mai confrontata con il mercato ma neppure ne è stata mai condizionata”.
La mostra a Palazzo Merulana riunisce dunque per la prima volta una selezione di opere di Anna Maria Fabriani, la quale fece tesoro degli insegnamenti pittorici di Carlo Socrate – esponente di primo piano della Scuola Romana ‒ per declinarli in uno stile autonomo, che combina atmosfere inquiete e un metodo rigoroso. È la stessa curatrice, figlia dell’artista, a ricordare: “Mia madre aveva a disposizione una casa grande e molti posti per poter dipingere, invece teneva colori pennelli e cavalletto nella sua stanza da letto che era il suo atelier. Sistemava degli stracci e dei fogli di giornale sui vetri e dirigeva la luce naturale sugli oggetti. La pittura era un rito unico, metodico, perfino un accanimento ossessivo, intimamente e forse esclusivamente legato alla luce e alla capacità di dare il volume e determinare le forme. Andava a dormire con l'odore di trementina”.
La produzione pittorica di Fabriani, interrotta negli anni Settanta, ritrova il suo slancio nel 1997, in seguito alla morte del marito Silvano Ambrogi, proseguendo fino al 2018 ed evocando i modi di inquadrare la realtà tipici del cinema, come accade in dipinti quali Scorfano, Colazione in Calabria, Campo e Controcampo a Migliarino.
La mostra di Roma è anche occasione per lanciare un appello al fine del ritrovamento di una decina di opere andate perdute al porto di Caracas La Guaira, in Venezuela, nel 1959: indirizzati al fratello dell’artista, Maurizio Fabriani, impegnato nella direzione di cantieri stradali a grande distanza dalla capitale, i lavori non furono mai recuperati.
Arianna Testino