XXXIII Premio Carlo Scarpa per il Giardino 2023-2024
Sabato 13 aprile 2024 il comitato scientifico della Fondazione Benetton Studi Ricerche assegna il XXXIII Premio Carlo Scarpa per il Giardino 2023-2024 a El Espacio Escultórico nel Pedregal de San Angel a Città del Messico. Si tratta di una corona circolare del diametro complessivo di centoventi metri, delimitata da sessantaquattro prismi tronco-piramidali di cemento e dalla loro corona di fondazione, che formano negli interstizi dei coni visivi, in grado di inquadrare il paesaggio, sia verso l'esterno, sia verso l'interno di questo grande cerchio. Non c'è alcuna pavimentazione né fuori, né dentro il cerchio, con l'effetto di rafforzare il contrasto con il suolo naturale, esaltandone le caratteristiche estetiche e naturalistiche. Questo spazio ha generato la coscienza collettiva di un luogo, permettendo l'istituzione di una vasta area di riserva naturalistica, la Riserva ecologica del Pedregal di San Angel a partire dal 1983.
Il premio è assegnato dal Comitato scientifico della Fondazione ogni due anni a partire dagli anni Novanta, è dedicato a Carlo Scarpa perché inventore di giardini e di luoghi. L'intenzione è quella di costituire un archivio di conoscenze sull'architettura del paesaggio che duri nel tempo, attraverso opere rilevanti. In definitiva la storia del premio coincide con la storia contemporanea dell'architettura del paesaggio. Per ottenere questo risultato la Fondazione organizza una mostra, produce un film documentario che racconta ogni opera, infine pubblica, con il coordinamento di Patrizia Boschiero, una monografia dedicata.
Abbiamo intervistato per l'occasione Patrizia Boschiero, coordinatrice delle attività del Premio, e Luigi Latini, direttore della Fondazione e presidente del Comitato scientifico.
Irene Guida: Questo Premio sembrerebbe essere attribuito a un oggetto, ma è un paradosso. I filosofi eleatici nel quarto secolo a.C. dicevano che non esistono luoghi perché ogni luogo in definitiva è un oggetto. Qui succede il contrario. Potreste raccontarci " El Espacio Escultórico del Pedregal"?
Patrizia Boschiero: Come molte delle attività della Fondazione, abbiamo conosciuto questo luogo attraverso un viaggio di studio. Quest'opera è prima di tutto un luogo. Costruisce un occhiale che rivela un territorio. Il premio è per questo luogo speciale e unico, non per una scultura o un'opera di Land Art.
Luigi Latini:Un luogo è anche una comunità. A noi è piaciuto, fin dall'inizio e dal primo incontro con gli studiosi dell'università, che questo luogo fosse in sè il risultato del lavoro di una comunità, un luogo dove questa comunità potesse riconoscersi e prendersi cura di se stessa e del proprio spazio, e che questa fosse una comunità educante.
Si tratta infatti di uno spazio generato dall'attività creativa di docenti, studenti e isitutizioni universitarie che sono riuscite a lavorare insieme, attraverso le discipline, sia scientifiche che artistiche, rivelando l'importanza di un intero ecosistema alla scala di una metropoli delle dimensioni di Città del Messico. Per costruire questo spazio hanno lavorato insieme biologi, artisti, paesaggisti, storici dell'arte e dell'architettura, archeologi, ecologi, pianificatori. Tutto questo proprio all'interno del campus dove studiavano e poi dove hanno insegnato. Dunque abbiamo premiato anche il tempo lungo che coincide con l'estensione nello spazio di un processo educativo e di formazione. Nel Campus di città del messico l'istituzione, il rettorato, ha sempre voluto la presenza di artisti e dell'arte. Questa volontà ha generato nel tempo forti pressioni speculative, che Espacio Escultórico ha contribuito a frenare, perché rivelando l'unicità del suolo, con la sua natura di bassorilievo, ha segnato la nascita della riserva naturale del Pedregal. Gli studenti, diventati poi anche docenti, si sono identificati con il dramma rappresentato da questo suolo, e lo hanno difeso dalle pressioni speculative. Questo luogo è stato il teatro di proteste, di performance artistiche, di concerti, uno spazio vivo che ha costruito una coscienza estetica, ecologica e politica del paesaggio.
Patrizia Boschiero: Pedregal è il nome che si da a queste terre, vengono chiamate anche Malpaìs, ovvero terre infertili, terre magre, potremmo dire noi. Sono suoli di origine vulcanica, generati dall'eruzione del vulcano Xitle, nel IV secolo a.C. . L'eruzione ha in parte cancellato e contemporaneamente preservato ricoprendola, la città precolombiana, costituendo una momoria fisica e geologica, oltre che una potente metafora, di una civiltà perduta, che riaffiora in forma di spazio naturale.
A ridosso del El Espacio Escultórico c'è una città giardino progettata da Louis Barragàn (uno dei più importanti architetti del modernismo, ndr), che si era reso conto della potenza di questo paesaggio già molto prima, a partire dagli anni Quaranta. Ha disegnato i Jardines del Pedregal, una vera e propria città. Il gesto di Barragan riprendeva la città giardino di Hebenezer Howard (teorico della pianificazione, cui si deve l'idea di città giardino, ndr), ma era anche in dialogo con lo spazio fra le cose del Pedregal, dai frammenti di questo spazio naturale, con la sua temporalità geologica. Per Città del Messico i Jardines del Pedregal hanno la stessa importanza del Parque Guell a Barcellona. Dove nessuno l'avrebbe mai pensato, Gaudì a Barcellona ha disegnato un giardino. Qui Barragàn ha inventato una città giardino messicana, con un forte dialogo con il vulcano, e molti fotografi in quell'occasione hanno iniziato a fare le prime rappresentazioni importanti di questo paesaggio. Un fotografo è stato pionere dell'esplorazione del Pedregal negli anni Trenta e Quaranta, Armando Salas Portugal. Diego Rivera ha poi costruito in intero edificio in pietra lavica, Anahunacalli. Diego Rivera aveva un sogno, quello di costruire un Museo del Pedregal. A distanza di trent'anni da questi inizi modernisti, il sogno di una città delle arti è stato coltivato dall'Università di Città del Messico, accogliendo le istanze del brutalismo e le sollecitazioni di musicisti, scultori interessati alla relazione fra le loro diverse espressioni. Il coordinamento degli Studi Umanistici dell'Università ha deciso di invitare sei artisti per dare forma a El Espacio Escultórico del Pedregal. Contemporaneamente i biologi iniziavano uno studio sistematico di tassonomia delle specie vegetali del Pedregal, dimostrando il valore di questo ecosistema per la conservazione della biodiversità. Negli anni questo oggetto ha tutelato prima di tutto lo spazio al suo interno, quindi quello al suo intorno, infine è stato capace di generare una tale attenzione sul paesaggio del Pedregal, che l'Università è riuscita a tutelare il territorio circostante con misure di tutela crescenti fino alla riserva naturale totale, raggiungendo l'estensione attuale di duecentotrentasette ettari di territorio urbano all'interno di Città del Messico.
Luigi Latini: A noi piace molto l'attitudine di questo spazio ad accogliere l'arte e l'ecosistema insieme, non in contrasto e non con una relazione di forza, in cui l'una precede e ordina l'altra. Come nello spazio del precedente premio a Berlino, qui l'installazione artistica a grande scala ha costruito la riserva naturale. L'altro aspetto estetico molto affascinante di questo spazio è la coincidenza fra brutalismo e la rivendicazione di una forma pre-colombiana, legata alla città pre-ispanica, seppellita dall'eruzione del vulcano Xitle. Infine è un'opera collettiva, corale. Per volere del Rettore dell'Unam il collettivo è stato invitato, e gli artisti per primi hanno rinunciato a una autorialità personale, proponendosi come interpreti dell'intenzione estetica di una intera comunità.
Però senza nessuna ombra questa sarebbe una storia non vera. A distanza di quasi cinquanta anni dalla sua costruzione, oggi quest'opera e il paesaggio che essa definisce e da cui è definita, stanno cambiando. Le piante hanno colonizzato, con specie non sempre autoctone, lo spazio del Pedregal. gli artisti ancora vivi non sempre amano il risultato. Preferirebbero per esempio che almeno all'interno del cerchio, le piante fossero falciate e il terreno mantenuto nudo, nella sua forma di bassorilievo lavico. Le condizioni della riserva non rendono possibile queste operazioni. Il contrasto fra la volontà espressa da ecologi e conservatori naturalisti di lasciare vivere l'ecosistema verso una evoluzione autonoma e la volotà di forma degli artisti rivela una contraddizione estetica nell'interpretazione di questo paesaggio e anche del significato di riserva naturale.
Irene Guida