Art e Dossier

Ambrogio Lorenzetti a Siena, mostra prorogata

categoria: Grandi Mostre
22 October 2017 – 8 April 2018

Ambrogio Lorenzetti

Siena
Santa Maria della Scala

È stata prorogata fino all’8 aprile 2018 la grande mostra su Ambrogio Lorenzetti, curata a Siena da Alessandro Bagnoli, Roberto Bartalini, Max Seidel nel complesso di Santa Maria della Scala, e arricchita da un ponderoso catalogo (Silvana). Nato verso la fine del XIII secolo, attivo almeno dal 1319, l’originale artista senese, innovatore di una pittura attenta ai sentimenti e alla raffigurazione realistica della natura, Ambrogio morì nel 1348, anno della Peste nera. Finora era noto ai non specialisti soprattutto per il ciclo allegorico degli affreschi con il Buono e il Cattivo Governo (1338), nella Sala dei Nove di palazzo Pubblico, in piazza del Campo: uno dei siti artistici più amati dai turisti in visita nella città del Palio. Chi studia la pittura medievale sa bene, però, che Ambrogio lasciò a Siena e nel contado molti altri cicli, in gran parte perduti, e una ricca produzione su tavola, oggi sparsa nei musei del mondo. Ambrogio lavorò anche per alcune chiese di Firenze, dov’era giunta presto la fama del suo talento. Almeno in via temporanea, il senese è documentato sulle rive dell’Arno già nel 1321, ma in quanto cittadino forestiero, per esercitare la professione dovette iscriversi alla matricola dei medici e degli speziali, che radunava i pittori. Fra i dipinti fiorentini, è in mostra il Trittico di san Procolo degli Uffizi (1332) che colpisce, a distanza ravvicinata, per dettagli come la testa di drago del pastorale del santo, sublime oggetto di oreficeria. Nel medesimo trittico è da ammirare il “dialogo” di sguardi fra la Madonna e il Bambino con gli occhi spalancati (questo pannello centrale fu donato agli Uffizi nel 1959 da Bernard Berenson per far sì che si riunissero i frammenti superstiti dell’opera, un tempo nella chiesa di San Procolo a Firenze). Dagli Uffizi sono giunte in mostra anche le quattro Storie di san Nicola su due pannelli, forse parti di un dossale. Oltre ai dettagli virtuosistici che non si smette mai di indagare, va rimarcata, nell’episodio del miracolo del grano, la spettacolare prospettiva a spina di pesce: in mezzo al mare i velieri sono disposti in un ideale sviluppo verticale, e i loro profili si perdono lontano all’orizzonte. Di sala in sala, la mostra mette poi in luce la vasta produzione su tavola per le chiese di Siena e del contado, nonché il quasi sconosciuto ciclo per la cappella di San Galgano a Montesiepi, qui ricostruito con i frammenti di sinopie e affreschi staccati e restaurati. Di queste immagini un po’ sbiadite restano figure indimenticabili come la giovane donna con la lunga treccia bionda o come la grande borsa di paglia intrecciata, in primo piano. Fra gli altri capolavori, la Maestà di Massa marittima, brulicante di figure allegoriche, e l’appena restaurato Trittico di Badia a Rofena dal museo di Asciano. Nel pannello centrale col san Michele in lotta col drago, il fiabesco mostro a sette teste niente ha da invidiare, per potente espressività, alle serpi della Medusa di Caravaggio. Purtroppo non è dato sapere come Ambrogio avesse immaginato, con la sua fertile fantasia, la Cosmografia (una sorta di mappamondo) per la Sala del Maggior Consiglio in Palazzo Pubblico, andata perduta. Sappiamo però cosa diceva Lorenzo Ghiberti, oltre un secolo dopo, di un altro suo ciclo di affreschi, quello nel chiostro del San Francesco a Siena, oggi per fortuna ancora visibile dopo il restauro, anche se in frammenti: «Per una storia picta mi pare una meravigliosa cosa». Non si può che dare ragione al famoso scultore e teorico del Quattrocento: Ghiberti aveva pienamente compreso il talento pittorico e la vena di narratore di un artista che oggi finalmente viene incontro anche al grande pubblico delle mostre.

Gloria Fossi