Art e Dossier

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Biennale di Sydney

categoria: Eventi
18 March – 5 June 2016

Gli spazi espositivi della prossima Biennale di Sidney (18 marzo - 5 giugno) sono sette e nell’idea della direttrice artistica, Stephanie Rosenthal, formano un network di “ambasciate del pensiero” per riflettere sul presente; in particolare su quale immagine della realtà il nostro tempo, sempre più virtuale, porta con sé. Com’è ormai consuetudine per molte mostre, il titolo è preso in prestito dalla letteratura. The future is already here — it’s just not evenly distributed è una celebre frase di William Gibson, l’autore di Johnny Mnemonic (1981) e della visionaria trilogia, sempre degli anni Ottanta, composta da Neuromante, Giù nel ciberspazio e Monna Lisa Cyberpunk. Nell’immaginario di Gibson l’unica via di fuga da un mondo sconvolto e folle, dove l’ingordigia delle grandi multinazionali schiaccia la vita dei singoli, è la realtà aumentata, nella quale ognuno dei suoi personaggi ha una sorta di avatar che vive una seconda esistenza. Quella che trent’anni fa suonava come una futuristica invenzione artistico-letteraria si è oggi in parte concretizzata. Per questo la Biennale di Sidney prende spunto dalla fiction e tenta una rilettura del rapporto tra reale e virtuale attraverso opere che, oltre al tema centrale, affrontano una serie di sottotemi tra loro correlati: sette in tutto, uno per ogni “ambasciata”.  Con i suoi filmati tra l’onirico e il surreale, il thailandese Apichatpong Weerasethakul (1970) è uno degli artisti invitati a pensare alla relazione tra memoria e assenza nell’“ambasciata della scomparsa”. L’alternanza di diversi linguaggi nella storia è al centro dell’“ambasciata della traduzione”, dove, tra gli altri, troviamo l’indiana Dayanita Singh (1961), che lavora sul valore memoriale dell’immagine fotografica. L’antitesi vita-morte e il momento del passaggio come rito sono presi in esame dall’“ambasciata della transizione”. Qui espone, insieme ad altri artisti, la taiwanese Charwei Tsai (1980). L’“ambasciata degli spiriti” tratta invece del legame tra il filosofico e lo spirituale e presenta il lavoro di autori eterogenei per origine e formazione, tra cui la colombiana Johanna Calle (1965). I suoi disegni colpiscono soprattutto per il contrasto tra minimalismo e delicatezza formale e i contenuti marcatamente socio-politici. La “non-partecipazione” come rifiuto di consolidare e perpetuare lo status quo, quindi come attivismo politico, è il leitmotiv dell’omonima ambasciata, occupata da un solo duo di artisti: gli inglesi Karen Mirza e Brad Butler (1969/1973), che proprio a questo tema hanno dedicato un museo (Museum of Non Participation, 2009 - oggi) sviluppando un nuovo modello di critica istituzionale. Anche un’altra ambasciata, quella intitolata a Stanislaw Lem, è in mano a un unico artista, il malese Heman Chong (1977), che rende omaggio allo scrittore polacco con una installazione ottenuta assemblando i suoi libri science-fiction. Il maggior numero di artisti è ospitato dall’ambasciata dedicata al tema portante della mostra: il reale. Tra i molti giovani in carriera, spuntano anche grandi nomi del teatro e della danza, come Samuel Beckett e William Forsythe.

Cristina Baldacci