Biskra, sortilèges d'une oasis
Ancora pochi giorni per visitare a Parigi, all’Istituto del mondo arabo, una mostra raffinata nei sotterranei del monumentale edificio progettato da Jean Nouvel nel 1987. Il tema è Biskra, l’oasi algerina orlata di palme, per oltre un secolo visitata da scrittori come Fromentin e Gide, pittori come Matisse, Denis e Kokoschka, fotografi, cineasti, attori, musicisti come Béla Bartok, pioniere dell’etnomusicologia. La mostra, senza catalogo, è un po’ in sordina benché allestita in modo incantevole, rispetto alla spettacolare esposizione sugli avventurieri dei mari da Sindbad a Marco Polo che si svolge ai piani superiori (fino al 26 febbraio). Il curatore Roger Benjamin, australiano, è riuscito a documentare come mai finora l’importanza dell’oasi per una certa cultura europea affascinata dall’idea dell’esotico e non solo. Oggi Biskra è una città di diverse centinaia di migliaia di abitanti ma oltre un secolo fa era solo un punto verde nel deserto. Eppure fu definita la Pont-Aven del nord Africa, paragonata così al paesino bretone dei primi sperimenti di Gauguin. Biskra fu visitata da Matisse nel 1906, che vi dipinse un solo piccolo strepitoso paesaggio (oggi a Copenaghen), qui esposto, ma che un anno dopo,in ricordo di quel viaggio, scandalizzò i benpensanti con un nudo rivoluzionario (Souvenir de Biskra, ora a Baltimora). Oltre a decine di dipinti, la mostra espone manifesti pubblicitari per i turisti agiati in cerca di una stazione termale fuor del comune, cartoline, fotografie, ricostruzioni planimetriche dell’oasi con la dislocazione degli hotel coloniali, la pista per le corse berbere, il mercato frequentato da beduini e carovanieri, i casinò, le ville e i giardini e i quartieri delle comunità locali: ebrei africani, neri, mercanti mozabiti, ballerine della tribù seminomade Oled-Nail, che attrassero Gide, che rievocò il sortilegio di Biskra nel suo L’immoralista. Per chi non l’abbia visitata o sia incuriosito, ne parleremo ancora nel numero di marzo di Artedossier.
Gloria Fossi