Art e Dossier

Da Renoir a Picasso, da Miró a Fontana: una mostra a Monza

categoria: Grandi Mostre

Da Renoir a Picasso, da Miró a Fontana

Cinquant’anni di grafica d’artista saranno protagonisti della mostra all’Orangerie di Monza dal 28 settembre 2024 al 23 febbraio 2025120 fogli originali testimonieranno il riscatto delle tecniche a stampa, a lungo sottovalutate nelle loro possibilità d’indagine espressiva. Trascurate dal pubblico ma non dai maestri che le hanno praticate alla ricerca della propria identità artistica, si rincorrono le sperimentazioni europee sulla carta dalla fine dell’Ottocento al secondo Dopoguerra, attraverso ilSimbolismo e le Avanguardie storiche, per cambiare radicalmente il futuro della comunicazione: Da Renoir a Picasso, da Miró a Fontana, curata da Simona Bartolena con Enrico Sesana e Luigi Tavola, offre l’occasione di ammirare opere raramente esposte al pubblico per motivi conservativi, altrettanto inedite nelle tecniche, dall’acquaforte alla litografia, dalla xilografia al pochoir

Il tratto di Toulouse-Lautrec fugge come le stelle effimere dei cabaret: negli occhi di Jeanne Granier tramontano l’Ottocento e le illusioni della modernità. Le stampe permettono ai Cubisti di concentrarsi sull’essenza compositiva: l’impalcatura di linee di Picasso trattiene forme in caduta libera, come un castello di carte al tavolo di un bar (Nature morte à la bouteille de Marc, 1911). Marciano i “titani di latta” di Léger (Composition aux deux personnages, 1920) al suono scordato della chitarra cubista di Gris (Nature morte, 1922). Al Bauhaus esplodono gli anni ’20 in microcosmi di linee e colori: il XX secolo veleggia alla deriva nel sistema solare della geometria di Kandinskij (Kleine Welten I VI, 1922), mentre il Funambolo di Klee (1923) cerca l’equilibrio sulle macerie della Storia. Il Profeta di Nolde (1912) incide sul legno della xilografia tutta la forza dell’Espressionismo tedesco: nelle venature si è insinuata l’ombra della morte di Dio, nera come i laghi dei suoi occhi. 

L’umanità è in attesa come la Natura morta con il cestino del pane di Morandi (1921); la madre di Boccioni sembra cucita sulla carta come la maglia che sta lavorando alla finestra (1907); sul silenzioso mare metafisico ondeggiano i tratti delle Barche in porto di Carrà (1924). Dalla forma rinnegata all’astrazione, delle sembianze del “secolo breve” rimangono il segno, lo spazio, la materia: brucia l’anima di luce e tenebra nelle pieghe arcane dell’acquatinta di Burri (Combustione, 1963-1964).

Sono solo alcune delle opere in mostra, (di)segni di un’idea di modernità appena abbozzata, flussi di coscienze tra peccato e redenzione che reclamano l’autonomia di opere d’arte. Una sola linea può aprire infiniti mondi interiori, traccia visibile di un bisogno, di una visione, dalla mente alla pagina. 

Serena Tacchini