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Jan Fabre a Venezia, la mostra in anteprima

categoria: Grandi Mostre
Venezia

Apre il 13 maggio, ma è stata presentata oggi in anteprima, la mostra di Jan Fabre a Venezia Glass & Bones Sculptures 1977-2017, a cura di Giacinto di Pietrantonio della Gamec di Bergamo, Katarina Koskina del EMST - Museo nazionale d'arte contemporanea di Atene, Dimitri Ozerkov dell'Ermitage, negli spazi dell'abbazia di San Gregorio. Una scelta di oltre quaranta sculture realizzate in osso e vetro, databili all'intero arco della carriera dell'artista, molte raramente esposte perché in collezione privata, oltre ad alcune realizzate per l'occasione.

Dimentichiamoci le grandi statue in bronzo, gli autoritratti, i carapaci di insetto: la peculiarità dei materiali protagonisti di questa mostra, il vetro e le ossa, umane e animali, insieme al blu della penna bic - da sempre prediletto dall'artista - come pressoché unico colore, fa emergere in modo ancora più crudo, efficace ed essenziale i temi che da sempre caratterizzano la sua produzione: la compenetrazione tra vita e morte, la metamorfosi, l'energia del corpo fisico e spirituale e la sua transitorietà, le radici del contemporaneo nella tradizione («Non c'è avanguadia senza tradizione», afferma l'artista). Ossa e vetro: materiali duri e nello stesso tempo fragili, entrambi modellabili, nell'utero materno come nella fornace del vetraio, una flessibilità originaria di cui rimane memoria anche nella loro forma definitiva. Il percorso si snoda dal chiostro e dalle stanze al piano terra, fino al piano superiore: dal Pacifier del 1977, un paradossale ciuccio in osso e schegge di vetro, agli animali simbolici in vetro, alle sagome vuote - i «corpi spirituali» - dei Monaci, in osso, ai teschi di vetro abbinati ad ossa di animali, fino all'opera che Fabre predilige, la grande barca che ha la forma delle canoe del Congo belga, del 1991, rivestita d'osso, con remi in vetro che terminano con forme di mani di colore blu bic. Pensando alle imbarcazioni dei migranti nel Mediterraneo, quest'opera svela oggi, dice l'artista, a quasi trent'anni da quando è stata realizzata, un'intensità poetica, filosofica e politica ancora maggiore, «è ancora più contemporanea».