Nuove sale agli Uffizi
Un altro tassello si aggiunge al mosaico immenso dei lavori dei Nuovi Uffizi, che da anni stanno impegnando l'intero staff della Galleria, in collaborazione con la Soprintendenza Belle Arti e Paesaggio. È giunto a termine il restauro e il riordino museale delle prime sale (dalla 2 alla 7) al secondo piano del museo. Sono dunque riaperte al pubblico le cosiddette Sale dei Primitivi, affacciate sul Primo Corridoio (di Levante). Come sempre, con un’organizzazione assai difficoltosa ma altrettanto efficace, i lavori di grande complessità sono stati effettuati in meno di un anno senza che mai la Galleria fosse chiusa al pubblico (fatto raro, quando si pensi alla chiusura totale di altri importanti musei stranieri). Questa serie di ambienti, che ospitano capolavori della pittura toscana dal Trecento ai primi decenni del Quattrocento, è compresa nel volume del cinquecentesco Teatro mediceo, voluto dal granduca Francesco I e ideato da Bernardo Buontalenti (1576). Solo alla fine del XIX secolo questa parte dell'edificio vasariano, molto sviluppata in altezza, fu suddivisa in due piani, e al secondo di questi furono realizzate alcune sale espositive. Dopo la Seconda Guerra Mondiale, con la direzione di Roberto Salvini, una nuova sistemazione delle sale fu affidata agli architetti Ignazio Gardella, Carlo Scarpa, Giovanni Michelucci. Ne nacque un allestimento esemplare, citato in tutti i testi di museografia, soprattutto per quanto riguarda la Sala 2, dedicata alle tre grandi Maestà di Duccio, Cimabue e Giotto. Quest'ambiente luminoso, con alte pareti e soffittatura a capriate lignee, restituisce l'idea di una chiesa medievale, e una lunga fessura nel muro che si affaccia sul corridoio fu un ingegnoso sistema per far passare le grandi tavole, fra le quali anche il Crocifisso di Cimabue, che però nel 1959 tornò nella chiesa di Santa Croce (dove nel 1966, per ironia del destino, fu danneggiato dall'alluvione). Dopo l’attuale ristrutturazione, che ha comportato delicati interventi per permettere una nuova illuminazione e la messa a norma di tutte le sale, è stato effettuato un elegante maquillage, e ovviamente il riordino scientifico, curato da Antonio Natali e Daniela Parenti. L’impatto visivo è impeccabile: e subito si percepisce, affacciandosi alla Sala 2, che i curatori hanno trattato queste sale allestite dai te grandi architetti negli anni Cinquanta alla stregua di quelle del percorso più antico della Galleria: restano il soffitto ligneo e la fessura nel muro, ma l'esposizione delle opere riceve un'illuminazione più corretta. Inoltre, sono presenti opere finora non esposte in questi ambienti, che ben dialogano con le tre grandi Maestà: delizioso, fra le altre cose, il "trio" di trittichetti di Jacopo del Casentino, Lippo di Benivieni, e della bottega di Pacino di Bonaguida, fra i più significativi del primo Trecento (le tavole più antiche che qui si trovavano sono ora nella nuova Sala 1). Importanti aggiunte sono anche le opere del più giottesco dei fiorentini attivi fra fine Duecento e primi decenni del Trecento, il Maestro di Santa Cecilia, presente con una Maestà e angeli e con il dossale con storie della santa che dà il nome a questo pittore anonimo. Le altre sale, dedicate al Trecento, principalmente toscano, a Lorenzo Monaco, e a Gentile da Fabriano e al Gotico internazionale, presentano, in un allestimento assai più razionale (che tiene conto anche di oltre mezzo secolo di studi) dieci nuove opere, fra le quali un piccolo Redentore benedicente di Spinello Aretino e l’Ascensione di Cristo di Neri di Bicci. I visitatori apprezzeranno gli spazi meglio organizzati, che permettono una migliore fruizione dei dipinti. Dieci e lode.
Gloria Fossi