Art e Dossier

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Van Gogh and Britain

categoria: Grandi Mostre
27 March – 11 August 2019
Londra, United Kingdom
Tate Britain

Sull’opera (e la complessa personalità) di Vincent Van Gogh s’indaga da anni, e sembra che non ci sia più niente di nuovo da dire. In realtà, ciò che è più noto spesso riserva sorprese e apre altre vie di lettura. La bella mostra londinese alla Tate Britain su Van Gogh e l’Inghilterra non è la prima sul tema, già affrontato a più riprese da Martin Bailey, l’ultima nel 2006 (Van Gogh and Britain, Edimburgo, National Galleries of Scotland). Bailey stesso interviene con ricca documentazione in uno dei saggi del catalogo, curato da Carol Jacobi. Il nuovo evento è il primo organizzato dalla Tate dopo la mostra monografica su Van Gogh del 1947;  senza dubbio resterà un riferimento non solo per le relazioni del pittore olandese con l’Inghilterra, dove soggiornò per tre anni a partire dal 1873, ma soprattutto per l’influenza che dopo la sua morte esercitò sugli artisti inglesi. La grande esposizione si sviluppa in nove sale dove il visitatore si sofferma in primo luogo sui cinquanta dipinti di Van Gogh. Fra questi, tre autoritratti, i Girasoli di Londra, il Paio di scarpe, La notte stellata, e un paesaggio non finito, ritenuto l’ultimo studio prima della morte. Da non sottovalutare le ultime sale, che documentano l’interesse per l’artista olandese da parte di inglesi come Matthew Smith e Samel J. Peploe agli inizi del Novecento, fino a Francis Bacon con le sue tele monumentali del 1957. Per chi si appresti a visitare la mostra, rammentiamo qualche dato sulla presenza di Van Gogh a Londra. Quando vi giunse, il 19 maggio 1873, trasferito dall’Aja alla succursale inglese della Galleria Goupil, non aveva dipinto un quadro, né aveva idea del suo futuro di artista. Aveva vent’anni, era pieno di speranze. La galleria dove lavorava, a novanta sterline l’anno (cifra che mai più avrebbe guadagnato), era al 17 di Southampton Street, tra il mercato ortofrutticolo del Covent Garden e lo Strand. La Goupil di Londra esponeva e vendeva soprattutto litografie e riproduzioni di dipinti famosi. Gli interessi artistici di Van Gogh, fino a quel momento, si erano rivolti a pittori come Rembrandt e gli olandesi del Seicento. Amava anche i romantici e i pittori di paesaggio delle Scuole di Barbizon e dell’Aja. Fra i prediletti, Daubigny, Millet, Corot, dei quali la Goupil aveva un’ottima scelta. Ora, alla Royal Academy, apprezza Constable (un suo paesaggio è esposto in mostra), e un artista oggi quasi dimenticato, George H. Boughton, che lo ispirerà in un suo sermone a Isleworth, tre anni più tardi. Nei dintorni di Londra Van Gogh scopre il paesaggio inglese, «un paese magnifico, diverso dall’Olanda e dal Belgio […] bei parchi, grandi alberi, dov’è permesso passeggiare». Esorta Theo a contemplare la natura («il miglior modo di apprendere tutto quello che si deve sapere sull’essenza dell’arte»). Si appassiona alla lettura di Dickens e altri scrittori inglesi. Inizia a riflettere sulla natura, e sull’arte. Torna a Parigi nell’ottobre 1874, poi di nuovo a Londra, poi ancora a Parigi (1875), e nel 1876 ancora in Gran Bretagna, dove insegnerà sulla costa, a Ramsgate prima di predicare a Isleworth. A Ramsgate comincia a disegnare. Lo colpisce un colore, che sembra dominare sugli altri. È il giallo, del quale sono rivestite le rifiniture delle case sul lungomare. Nella Londra delle riforme sociali discusse in Parlamento, il giallo era divenuto il simbolo della libertà. Nel 1890, quando Van Gogh starà già cercando «l’alta nota gialla» nella luce provenzale, a Londra il Ritratto di Dorian Gray parlerà di un peccaminoso libro giallo. Il giallo compare a Londra sui manifesti, e torna, nel 1894, nella rivista «The Yellow Book». Quel colore sarà per Van Gogh un topos del suo spirito di ricerca. Anche questa può essere una chiave di lettura per visitare la mostra.

Gloria Fossi