Art e Dossier

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Sara Spaccino: biografia

Il mondo di Sara è un mondo favolistico, di grande suggestione e incanto, una scrittura fantastica che parla della lingua del sogno, dell'inconscio della materia, della natura intatta e incontaminata che incontra la forma di un destino: i legni, i tufi, i colori, chiedono immagini per esistere, come grandi corpi, volti, come rapaci imponenti che prendono forma, come sogni della materia; a volte diventano veri e propri oggetti magici, come il bastone incastonato, o animali, esseri fatati, fauni, ninfe. Non è un caso che il rapace sia una figura ricorrente nell'opera di Sara, rappresentazione dell'artista che guarda oltre, mentre sorvola l'apparenza, con una lungimiranza che gli viene dall'istinto, dall'amore, dalla natura, dalla materia, quello stesso che muove l'artista a comporre con la forza della necessità e della naturalezza di una ricerca iniziata e portata avanti da autodidatta. Bellissimi gli acquarelli, magici, suggestivi, emblematici. L'uso del tufo, un materiale così terrestre e respingente, morbido nell'incontro con le mani, polveroso, storico, orvietano come Sara, eppure galattico, potrebbe appartenere a qualsiasi universo. Fragile è il tufo, fragile eppure pesante, ambivalenza che riconosce il suo equivalente in una metafora della condizione umana. Nel mondo di Sara la figura femminile domina come una sovrana dormiente, ed è rappresentazione di se stessa e della sua delicata interiorità, del rapporto con la natura e la sua storia che è propria del femminile che da sempre ne conosce l'interna vita, il ciclo della sua rinascita, e la natura rappresenta uno specchio del femminile così come il femminile conosce il segreto della nascita, della crescita, un segreto fatto di terra e di silenzio, iscritto nel legno, nei volti dormienti, nel grido delicato di un'appartenenza. E' quel silenzio, quella passività efficace, quell'ascolto della natura così attento e discreto, che concede alle forme di nascere, a volte anche solo da uno sguardo ad un legno, una pietra che sa vederne la forma potenziale, senza alcuna violenza sul materiale e la bellezza che riesce a vedere la enfatizza con un colore più caldo, più freddo, con una luce più profonda, un'incanalatura, un rilievo. Il materiale esiste da prima di noi, ed è testimone silente del mondo e dei suoi esiti: è la storia iscritta nelle cose che Sara porta alla luce, per raccontare la sua storia, la nostra storia. Nel tufo portatile è ancora il tufo, che informa grandi blocchi geometrici da cui nascono viventi umani portatili e sofferenti, schiacciati alla genesi ancora prima di aprire gli occhi, e trasportati dalla realtà in chissà quali meandri, con pratiche maniglie di ferro. Il tufo portatile è la continuazione postmoderna della poetica di Sara che trova nella narrazione della condizione umana un riscontro così perfetto da suggerire una straordinaria continuità col percorso precedente, con la nota di un’ironia tragica delicata e graffiante.

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