David Friedrich Caspar : biografia
Caspar David Friedrich nasce il 5 settembre 1774, sesto dei dieci figli del produttore di sapone Gottlieb Adolf Friedrich e di Sophie Dorothea Friedrich a Greifswald, vicino a Rostock, che allora apparteneva alla Svevia-Pomerania. Dopo cinque anni muore la madre e i bambini vengono educati dalla tata “Mutter” Heiden. Caspar impara a disegnare da Johann Gottfried Quistorp all’università di Greifswald. Giovanissimo, perde due sorelle e un fratello, annegato mentre cercava di salvare proprio lui, Caspar. Dal 1794 al 1798 studia all’Accademia di Copenaghen. Poi si trasferisce a Dresda, dove rimarrà fino alla morte. Disegna ritratti, navi e barche, piante, rocce e alberi. Con il suo viaggio all’isola di Rügen, nel Baltico, nascono i primi disegni di paesaggio e lì incontra l’altro grande pittore romantico tedesco Philipp Otto Runge (1777-1810). Si specializza nel disegno colorato seppia e riceve per due disegni il prestigioso premio di Weimar, che gli viene consegnato da Johann Wolfgang Goethe. Il principe ereditario di Prussia acquista alcuni suoi quadri e, al culmine della carriera, l’artista comincia a dipingere quelle che chiama «piccole preghiere nel bosco». Dopo la sconfitta di Napoleone a Waterloo e il riordinamento politico successivo al congresso di Vienna, patria di Friedrich diventa la Prussia. Nel 1816 viene nominato membro dell’Accademia di Dresda, ma non riceve, con sua grande delusione, l’incarico di professore. Nel 1818 Friedrich sposa Caroline Bommer, dalla quale avrà due figlie e un figlio. Nel 1836 viene colpito da ictus. Muore il 7 maggio di quell’anno a Dresda.
David Friedrich Caspar : le opere
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Abbazia nel querceto
1809-1810
olio su tela; 110,4 x 171
Berlino, Schloss CharlottemburgEsposto, insieme al Monaco in riva al mare, all’Accademia di Berlino nel 1810, il quadro fu acquistato dal re di Prussia. Se nel primo dipinto l’artista mette in scena se stesso di fronte alla vastità illimitata di un universo senza tempo, in questo quadro egli rappresenta il suo funerale: verso quel portale diroccato, brandello di una cattedrale gotica ormai scomparsa, si dirige il corteo funebre. Gli alberi essiccati, che hanno perso le foglie così come la chiesa le sue murature, fanno da fondale all’azione drammatica. Scrive Friedrich: «Perché mai, mi hanno chiesto più volte, come soggetto dei tuoi dipinti scegli la morte, la caducità e il sepolcro? Per vivere eternamente, spesso ci si deve arrendere alla morte». La composizione è strutturata per fasce orizzontali senza profondità, cosa che non mancò di suscitare critiche da parte dei contemporanei (primo tra tutti Goethe); a una linea ellittica è affidato il compito di dividere il cielo luminescente dallo spesso e scuro muro di nebbia.
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Mattino sul Riesengebirge
1810-1811
olio su tela; 108 x 170
Berlino, Schloss CharlottemburgLa presenza della croce nel paesaggio (montano o marino, mattutino o serale, invernale o estivo) è una costante nella produzione di Friedrich: sono almeno quaranta i dipinti nei quali ne compare una. L’insistenza su questo simbolo di sacrificio e salvezza si riallaccia alla “theologia crucis” di Lutero e alla sua formazione nella comunità protestante di Greifswald, la piccola cittadina sul Baltico dove il pittore nacque e dove, dopo il trasferimento a Dresda, amò spesso tornare. In questo dipinto, nel quale egli affronta il tema dell’immensità e della potenza della natura, la croce, che si staglia alta sull’albeggiante orizzonte, appare come un porto sicuro, luogo del conforto e dell’abbandono a Dio. «Resistente a ogni incendio sta la croce: come una bandiera vittoriosa della nostra umanità», scriveva il poeta Novalis, contemporaneo di Friedrich.
Paesaggio d’inverno con chiesa
1811In molti dipinti di Friedrich appare la cattedrale, simbolo di spiritualità, visione fantastica che emerge tra i banchi di nebbia o tra l’oscurità. In quest’opera, la chiesa è allo stesso tempo il fantasma di un’antica memoria e il miracolo invocato dal viandante solitario appoggiato alla roccia. Nell’associazione tra bosco e cattedrale si condensa il senso dell’antica tradizione tedesca, che coniuga il mito pagano della natura selvaggia con le forme dell’architettura gotica e l’antica adorazione degli alberi con l’altare cristiano, manifestando la necessità di conciliare forma naturale e progetto umano. Il ruolo della figura maschile sarebbe del tutto marginale se non fosse per quelle grucce gettate sulla neve, allusioni a una affezione dell’anima per la quale si invoca, davanti al crocifisso, il rimedio. Non sono esclusi riferimenti alle più reali ferite inferte alla Germania (sepolta sotto un significativo manto nevoso) dall’occupazione napoleonica.
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Sul veliero
1818
olio su tela; 71 x 56
San PietrArchivio Giunti
Sul veliero
1818
olio su tela; 71 x 56
San Pietroburgo, ErmitageAnche Friedrich, come tanti pittori e scrittori romantici, affida all’immagine della nave la propria metafora dell’esistenza e contemporaneamente del viaggio verso l’aldilà. A partire dal 1815 l’apparizione del veliero sostituisce, nella sua pittura, quella, più dichiarativa, della cattedrale gotica. Il dipinto fa parte, insieme a Le bianche scogliere di Rügen e a Luna nascente sul mare, della triade che segue al viaggio di nozze del 1818 a Greifswald: i due novelli sposi sono diretti verso una meta ambigua, che mescola i profili di varie città, la Gerusalemme celeste, forse, visione dell’approdo finale. Il punto di vista ravvicinato e spostato in basso, quasi che lo spettatore si trovasse ad abitare la poppa dell’imbarcazione, le proporzioni del natante, dell’albero e della vela, ingrandite rispetto al disegno a matita che precede il dipinto, risucchiano l’osservatore dentro al quadro e lo invitano a far compagnia alla coppia nel viaggio di avvicinamento e scoperta.
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Le bianche scogliere di Rügen
1818
olio su tela; 90 x 70
Winterthur, Fondazione ReinhartIl 21 gennaio del 1818 Friedrich sposa Caroline Bomber. Il dipinto documenta il viaggio intrapreso con la giovane moglie per Greifswald e, più precisamente, la tappa all’isola di Rügen, luogo dei pellegrinaggi giovanili del pittore. Ribadendo la scelta poco comune della ripresa delle figure di spalle, Friedrich propone la contrapposizione netta di primo piano (pieno, chiuso) e sfondo (vuoto, illimitato). Quel vuoto, nel quale la distesa marina si confonde con l’orizzonte, attrae magneticamente lo sguardo e chiama a sé. Su quell’incerto palcoscenico di rocce a strapiombo sul mare i tre personaggi, Caroline Bomber, lo stesso Friedrich e, in piedi, il fratello Christian, stanno a un bivio, attratti al contempo dall’abisso scosceso e dalla spazialità del mare solcato da due velieri lontani.
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Viandante sul mare di nebbia
1818
olio su tela; 74,8 x 94,8
Amburgo, KunsthalleUna figura di spalle, vestita di abiti borghesi e in posa plastica, si staglia contro un solenne paesaggio montano. L’eroica solitudine dell’uomo davanti l’abisso nevoso fa di questo dipinto il manifesto dell’intero romanticismo tedesco: assorto nella contemplazione dell’infinito, di qualcosa che sta al di sopra della comprensione umana, egli acquista una grandezza tragica. Friedrich si fa nell’occasione interprete del pensiero di Schelling, di Herder e del poeta-teologo Kosegarten, per il quale l’esperienza della natura è la sola via per raggiungere Dio. Il vero filosofo, viaggiatore solitario, separato dal mondo e allo stesso tempo separato dalla natura, resta dunque estraneo a ogni comunità e, dall’ultimo avamposto del mondo, si confronta con l’indescrivibile visione dell’esperienza estrema. Il ricorso al punto di vista rialzato, all’altezza della testa del personaggio, favorisce l’identificazione dello spettatore, che è come guardasse dall’alto, a mezz’aria, lo spettacolo della natura.
Due uomini davanti alla luna
1819Il Congresso di Vienna del 1815 decretò il trionfo della restaurazione feudale, l’inizio di un periodo di repressione e censura per quanti, come Friedrich, chiedevano maggiore democrazia e regimi costituzionali. Mostrando il dipinto al pittore nazareno Cornelius, in visita al suo atelier, Friedrich spiega che i due uomini, vestiti dell’abito patriottico pseudorinascimentale, allora indossato dagli studenti liberali, stanno praticando “intrighi demagogici”. Nella notte della Germania la luce della luna, distante ma perentoria, è dunque segno di speranza in un cambiamento. Due alberi imponenti, un abete e una quercia, incorniciano la veduta e sembrano ingabbiare le figure, mentre un masso roccioso in primo piano evoca le tombe unne e, indirettamente, il cuore antico della Germania.
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Luna nascente sul mare
1821
olio su tela; 135 x 170
San Pietroburgo, ErmitageSecondo la testimonianza del poeta Shukowskji, Friedrich avrebbe voluto appendere il dipinto in sequenza con Le bianche scogliere di Rügen e con Sul veliero, tutti risultati del gioioso viaggio del 1818 nella terra natale. Le ancore piantate sugli scogli in primo piano non distanti dalle due donne, unite in un abbraccio affettuoso, parlano dell’approdo in un porto sicuro per quei velieri dell’anima che, scrutati dagli uomini in piedi, solcano le onde del mare al tramonto. Ancora una volta il pittore trascende il dato naturalistico e simbolico per dare voce alle tensioni del soggetto nel mondo, al dilemma esistenziale dell’uomo moderno, sospeso tra la fede nell’aldilà e la consapevolezza dei propri limiti terreni.
Donna alla finestra
1822Il dipinto è una rielaborazione dei disegni a seppia realizzati dal pittore nel 1805-1806. In un severo ambiente domestico, dalle pareti nude e senz’altra presenza di oggetti che le due bottiglie e il bicchiere poggiati sul davanzale, una donna di spalle, vestita di un comodo abito, rimira dalla finestra un sereno paesaggio fluviale: i pioppi, l’acqua, l’albero di un veliero. Friedrich approfondisce la tematica del dentro-fuori, già affrontata in due vedute di Dresda dalle finestre dell’atelier (1805-1806): la stanza, costruita intorno a un rigido impianto prospettico, sembra una gabbia, mentre fuori la vita fluisce e si propone come un “altrove” da indagare. Un riferimento all’acceso spiritualismo del pittore è contenuto nella parte alta del quadro: sulla finestra piombata che continua oltre il bordo superiore sta la croce, stagliata contro il cielo chiaro, simbolo del Cristo e promessa di vita ultraterrena.
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Il mare di ghiaccio
1824
olio su tela; 96,7 x 126,9
Amburgo, KunsthalleIl dipinto, esposto a Praga nel 1824 e a Berlino nel 1826, non piacque al pubblico contemporaneo che ne criticò l’assolutezza del sentimento tragico. Friedrich, che pur prende spunto da un episodio di cronaca, il fallimento della spedizione polare di Parry nel 1819-1820, fa opera di trasfigurazione, investendo il quadro di contenuti esistenziali. Che quel relitto imprigionato rappresenti l’ultima tappa della “navigatio vitae” o il ricordo della tragica morte del fratello (sprofondato in un fiume gelato all’età di dodici anni), o che, in una prospettiva di lettura sociopolitica, vada interpretato come il vascello della libertà sepolto nel grande gelo della Germania della Restaurazione, in ogni caso la tela è la parabola di un annientamento e di un arresto, è la fotografia di una sconfitta cosmica, che non promette ricompense. Friedrich, a differenza di molti artisti romantici (Turner, Géricault), evita la rappresentazione del culmine drammatico dell’evento per insistere piuttosto sulla terribile evidenza tragica di un fatto già accaduto.
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Le età dell’uomo
1834-1835
olio su tela; 72,5 x 94
Lipsia, Museum der bildenden KunsteIl dipinto è uno degli ultimi realizzati prima del colpo apoplettico che colpì Friedrich nel giugno del 1835. Si presenta, già nel titolo, come un’allegoria, nel solco della tradizione figurativa occidentale. L’ultima luce del giorno colpisce l’acqua vicino alla riva dove sostano cinque figure: due bambini impegnati ad agitare una bandierina svedese (ricordo della terra di origine, la Pomerania, un tempo luogo di libertà), un uomo adulto, una giovane donna, un uomo più anziano di spalle, che avanza vestito di un mantello e del berretto patriottico rinascimentale. Le linee della composizione conducono verso il centro della baia, abitata da cinque velieri, associati simbolicamente alle figure. All’immagine del vecchio, probabilmente un autoritratto “all’antica” del pittore, corrisponde la nave centrale, che viene avanti ammainando le vele: Friedrich, in quello struggente tramonto, prende congedo dai propri affetti (figli e nipoti) e dalla propria stessa vita (dalla propria infanzia e giovinezza), condensando in un’unica visione una situazione esistenziale complessa e articolata.
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La grande riserva
1835
olio su tela; 73,5 x 102,5
Dresda, GemäldegalerieFriedrich amò frequentare la campagna intorno a Dresda e perdersi con l’immaginazione nella piatta vastità di quei territori rigogliosi. La straordinaria sinfonia cromatica di questo dipinto trasfigura in spazio dell’interiorità la palude a nord-ovest della capitale sassone, là dove il fiume straripa e allaga i campi. La linea ellittica, già adottata in precedenti dipinti, separa il cielo serale e luminoso dalla terra ombrata dai colori della sera. Un’altra dicotomia caratterizza la composizione: l’impressionante nitidezza del primo piano (con l’effetto di stupefacente vicinanza) e lo sfondamento verso l’infinito dell’orizzonte (alla ricerca di una non misurabile lontananza).