Diego Velázquez: biografia
Il 6 giugno 1599 Diego de Silva y Velázquez viene battezzato nella chiesa sivigliana di San Pietro: è figlio del gentiluomo di origine portoghese don Juan Rodríguez de Silva e della sivigliana Jerónima Velázquez. Nel dicembre 1610 Velázquez entra nella bottega di Francisco Pacheco, e al termine dell’apprendistato (1617) viene accolto nella corporazione di San Luca. Il 23 aprile 1618 sposa Juana Pacheco de Miranda, figlia del suo maestro. La sua attività iniziale è rivolta alla rappresentazione di scene di vita popolare, come la Vecchia cuciniera e l’Acquaiolo di Siviglia (1618). Nella primavera del 1622 compie il suo primo viaggio a Madrid, dove esegue il ritratto del poeta Don Luis de Góngora e visita le collezioni d’arte dei palazzi reali. L’anno seguente, su invito del conte Olivares, torna nella capitale. Nell’agosto 1623 dipinge il primo ritratto del re Filippo IV, che gli vale la nomina di “pittore del re” e la possibilità di stabilirsi a Madrid con la famiglia: inizia così la sua rapida ascesa e in pochi anni raggiunge una posizione di indiscussa supremazia. Nel 1627 vince il concorso indetto dal re sul tema della cacciata dei “moriscos”, e la vittoria gli frutta la carica di “usciere di camera”. Nel 1629 compie un viaggio di studio in Italia, soggiornando a Genova, Milano, Venezia, Parma e Bologna. Giunto a Roma nel 1630, dipinge alcuni quadri, fra i quali la Fucina di Vulcano e due Vedute di Villa Medici. Sul finire dell’anno si reca a Napoli, dove incontra il compatriota Jusepe de Ribera e dipinge il Ritratto dell’Infanta Maria. Dopo il ritorno in patria nel 1631, si intensificano gli impegni per la corte: esegue alcuni ritratti del Principe Baldassarre Carlo e del Conteduca Olivares e la Resa di Breda (1634-1635) per il “Salone dei regni” nel palazzo del Buen Retiro. Nel 1643 viene nominato soprintendente delle opere reali; alcuni anni dopo ottiene la carica di ispettore e tesoriere della Sala ottagona di Palazzo reale. Nel febbraio del 1649 l’artista s’imbarca per un secondo viaggio in Italia, che durerà due anni, con l’incarico ufficiale di acquistare opere d’arte per le collezioni reali. Soggiorna a Venezia e a Roma, dove dipinge alcune delle sue opere più affascinanti: Venere allo specchio, i ritratti di Juan de Perejra e del pontefice Innocenzo X. Rientrato a Madrid nel 1651, realizza il Ritratto dell’Infanta Maria Teresa, e l’anno seguente il Ritratto della regina Marianna. Nel 1652 presta giuramento come “maresciallo maggiore dei palazzi”, la carica più importante che abbia rivestito. Nel 1656 dipinge la Famiglia di Filippo IV, Las Meninas. Dopo il rifiuto da parte del re per un terzo viaggio in Italia (1657), l’artista è nominato cavaliere dell’Ordine di Santiago (1659). Nella primavera del 1660 si reca nei Pirenei per allestire il padiglione delle nozze fra l’infanta Maria Teresa e Luigi XIV di Francia; rientrato a Madrid nel giugno, poco dopo si ammala e muore il 6 agosto 1660. Il giorno seguente viene seppellito con tutti gli onori nella chiesa di San Giovanni Battista, seguito, una settimana dopo, dalla moglie Juana.
Diego Velázquez: le opere
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Acquaiolo di Siviglia
1618 circa
olio su tela ; 106 x 82
Londra, Wellington MuseumL’uomo che vendeva acqua fresca nelle strade di Siviglia era una figura molto popolare al tempo di Velázquez. Ricordi della pittura fiamminga e soprattutto di Caravaggio, la cui maniera era nota in Spagna per la presenza di artisti che in Italia avevano trascorso lunghi periodi di apprendistato, concorrono a costruire questa scena dal provocatorio realismo. L’uomo anziano, dal volto segnato di rughe e dalla veste lacera, conquista la dignità del primo piano, investito da una luce che fissa in una staticità quasi rituale il gesto del porgere il calice al giovinetto. Sapienti giochi chiaroscurali danno una veemente consistenza agli oggetti: l’orcio a sinistra, segnato da sporgenze e rientranze, la giara in primo piano, il bicchiere di vetro.
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Vecchia che frigge le uova
1618
olio su tela ; 99 x 128
Edimburgo, National Gallery of ScotlandNell’anno del suo matrimonio con la figlia di Francisco Pacheco, suo maestro, Velázquez esegue questo dipinto, uno dei suoi “bodegones” più famosi. Il genere, una pittura di interni con scene di vita popolare, domina la produzione sivigliana dell’artista, interessato alla riproduzione fedele del dato naturale piuttosto che alla ricerca del “bello ideale”. L’azione è bloccata nel suo svolgersi: il ragazzo guarda verso lo spettatore mentre, reggendo un rugoso melone nella mano destra, porge una caraffa di vino (o di olio?) alla donna, a sua volta fermata nell’atto di tenere sollevato il cucchiaio di legno.
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Filippo IV in armatura
1623 circa
olio su tela ; 57 x 44
Madrid, Museo del PradoSi tratta del frammento di un dipinto più grande (distrutto in un incendio del 1734) che Francisco Pacheco ricorda eseguito da Velázquez in un periodo di poco successivo al trasferimento a Madrid e alla nomina a “pintor del rey”. L’opera, esposta nella Calle Mayor, di fronte alla chiesa di San Felipe, riscosse il consenso degli intenditori di corte e l’invidia degli artisti più anziani, infastiditi dall’ascesa professionale e sociale del giovane ventiquattrenne. Addolcite le irregolarità del volto, l’artista donò al suo re un’espressione distaccata, l’aria ieratica di un essere superiore, re per volere divino. Così lo avrebbe dipinto per i successivi trent’anni, registrando i cambiamenti fisionomici e il mutare dell’umore, reso cupo dalle difficoltà militari e politiche e dai numerosi lutti familiari. Rispetto ai contemporanei ritratti, dominati da tinte cupe, questo si distingue per una certa vivacità coloristica, che preannuncia gli esiti formali successivi al soggiorno in Italia.
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Autoritratto
1630
olio su tela; 45,5 x 38
Valencia, Museo de Bellas ArtesVelázquez fu in Italia per circa un anno tra il 1629 e il 1630. Probabilmente a Roma dipinse questo autoritratto che, di ritorno, donò orgogliosamente al suocero, il maestro Pacheco. Il quadro, che ha le dimensioni di uno specchio da parete, sorprende per l’intensità emotiva e ci restituisce l’immagine di un uomo deciso, che rivendica orgogliosamente il proprio ruolo nel mondo. Il confronto con gli ultimi autoritratti di Tiziano, soprattutto nella resa “sfocata” e nella riduzione della gamma cromatica, evidenzia il ruolo svolto dal pittore veneto nella formazione artistica di Velázquez. L’Autoritratto degli Uffizi è una rielaborazione immediata, a due terzi di figura e con un probabile intervento della bottega, di questo dipinto, ma non ne conserva l’immediatezza espressiva.
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Ritratto dell'infanta doña Maria
1630
olio su tela; 58 x 44
Madrid, Museo del PradoNell’autunno del 1630, a Napoli, Velázquez dipinge questo ritratto della sorella di Filippo IV, sposata per procura al re d’Ungheria e, nel viaggio di trasferimento da Madrid a Vienna, di passaggio in Italia. Quasi certamente le sedute di posa si tennero nella bottega di Ribera, pittore ormai affermato. L’immagine della ventiquattrenne Maria, dai tratti somatici decisamente meno sgraziati di quelli degli altri Asburgo di Spagna, si distingue per una certa espressività e fierezza. Il suo viso, appena velato di trucco, si staglia luminoso, incorniciato dai riccioli biondi, mentre rimane in ombra la veste, realizzata con larghe e sommarie pennellate liquide.
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Apollo nella fucina di Vulcano
1630
olio su tela; 223 x 290
Madrid, Museo del PradoIl dipinto appartiene al primo soggiorno romano dell’artista e fu realizzato in coppia con Giacobbe riceve la tunica di Giuseppe (Madrid, Escorial) per illustrare, in termini esemplari, il tema dell’inganno. L’episodio nella fucina, attualizzata dal pittore secondo la comune prassi di riduzione del mito al quotidiano, fa riferimento all’annuncio di Apollo a Vulcano circa l’infedeltà di sua moglie Venere, caduta nelle braccia di Marte. La tela è, fondamentalmente, un esercizio di nudo e di composizione classica, dove i corpi si mostrano sotto diverse prospettive, tutti presi da uno spirito statuario e in un’organizzazione di rilievo antico. Velázquez, influenzato dalla pittura di Raffaello, di Guido Reni, di Poussin e dalla pratica accademica del disegno, abbandona i toni da interno domestico e adotta un linguaggio colto e monumentale, orientato pure al recupero di una tecnica pittorica vicina a quella del Rinascimento veneziano.
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Il principe Baldassarre Carlo con una nana
1631
olio su tela; 136 x 104
Boston, Museum of Fine ArtsNel gennaio del 1631 Velázquez, di ritorno dall’Italia, è a Madrid. Immediatamente gli viene commissionato il ritratto del tanto sospirato erede maschio, nato due anni prima, nuovo perno della corte. Il pittore espone il principe - bambino, vestito di un’elegante veste ricamata d’oro -, al culto dei sudditi su un piano rialzato, tra tendaggi e tappeti purpurei, mentre ostenta i simboli del potere: il bastone di comando, la piccola spada, il cappello piumato. La presenza della nana, parodia di donna e di bambina, abbigliata secondo l’etichetta di corte, stempera il tono goffamente solenne dell’insieme. La pennellata sciolta e carica di colori brillanti e sontuosi evidenzia l’adozione della “maniera” tizianesca, al tempo rivisitata pure da Pietro da Cortona e, con maggiore originalità, da Van Dyck.
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Innocenzo X
1650
olio su tela ; 140 x 120
Roma, Galleria Doria PamphiljIn occasione del secondo viaggio in Italia (1649-1651) Velázquez realizzò questo ritratto, tra le più riuscite prove della sua arte. Nel quadro si fonde l’esercizio più completo e più originale del dipingere dal vero (del quale un documento straordinario è il contemporaneo Ritratto di Juan de Pareja) con la personale riflessione sui maggiori prototipi rinascimentali del genere (il Ritratto di Paolo III Farnese di Tiziano e il Ritratto di Giulio II di Raffaello). In un trionfo di mutevoli rossi purpurei, di bianchi a volte corposi e a volte trasparenti, il pittore rende vivo e presente lo sguardo scontroso del papa, già conosciuto in occasione di un soggiorno in Spagna tra il 1626 e il 1629, descritto dai contemporanei come un personaggio dispotico e collerico. Le sedute di posa concesse a Velazquez ebbero probabilmente luogo nell’estate del 1650, quando il pittore era stato da poco accolto nell’Accademia di San Luca e tra i Virtuosi del Pantheon.
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Ritratto dell'infanta Maria Teresa
1652
olio su tela ; 127 x 99
Vienna, Kunsthistorisches MuseumMolti ritratti dei reali venivano eseguiti per essere inviati come augusti doni alle varie corti d’Europa, e soprattutto a quella viennese degli Asburgo, in molteplice rapporto di parentela con la casa regnante spagnola. Il 17 dicembre 1653 l’ambasciatore di Venezia a Madrid, Querini, comunicava l’invio, rispettivamente in Austria e nelle Fiandre, di due ritratti dell’Infanta Maria Teresa, nella prospettiva di un matrimonio. Velázquez eseguì questo dipinto, certamente un prototipo sul quale far lavorare gli aiuti di bottega, almeno un anno prima. La giovane, ritratta nell’abito migliore all’età di quattordici anni, con il belletto sul volto, si concede al giudizio altrui come un idolo, una figura di porcellana, immobilizzata nella posa forzata.
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Las meninas
1656
olio su tela; 318 x 276
Madrid, Museo del PradoSi tratta del più celebre dipinto di Velázquez, accolto come summa della sua opera sin dal momento della consegna. La scena è organizzata in un ambiente che è quello dello studio del pittore a corte, mentre lo stesso Velázquez è al lavoro, davanti a una grande tela, intento a ritrarre l’infanta Margherita e il suo seguito di damigelle e di nani; l’arrivo improvviso del re e della regina, che l’artista idealmente colloca nella stessa posizione dello spettatore, come appare dall’immagine riflessa nello specchio di fondo, interrompe la posa e tutti, dal pittore alla principessa, al gentiluomo che si allontana nel vano luminoso della porta, quasi s’inchinano davanti ai reali, cioè davanti al pubblico. Il gusto seicentesco per lo scambio tra realtà e finzione è interpretato con insuperata maestria: Velázquez (contemporaneamente autore e fruitore) sta dipingendo proprio ciò che vediamo. Impareggiabile appare anche il trattamento della materia, con l’impiego di tocchi di colore liquido e di macchie pastose che suggeriscono le forme più che disegnarle. Il re fece collocare la tela nei suoi appartamenti privati all’Alcazar e, grazie a tale ubicazione isolata, essa scampò all’incendio del 1734.
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Ritratto dell'infanta Margherita
1659
olio su tela ; 212 x 147
Madrid, Museo del PradoVelázquez aveva eseguito un primo ritratto dell’infanta Margherita, nata dal matrimonio tra Filippo IV e Marianna d’Austria, nel 1654, quando la bambina aveva appena tre anni (Vienna, Kunsthistorisches Museum). Questo è il quarto ritratto, ultima opera dell’artista, lasciata incompiuta alle cure dell’allievo-cognato Juan Baptista del Mazo. In essa Velázquez sembra ritrovare le note fresche che tanto tempo prima gli avevano ispirato il ritratto del piccolo Baldassarre Carlo (un quadro a metà tra ufficialità e prova di abilità formale). Anche in questo caso la tecnica prodigiosa accende con tocchi di colore e di luce il pesante tendaggio, il tappeto fiorito, l’abito, il viso appena velato di trucco, dalle fattezze inequivocabilmente asburgiche.
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Principe Filippo Prospero
1659
olio su tela; 129 x 99,5
Vienna, Kunsthistorisches MuseumIl ritratto fu inviato a Vienna, forse come pendant di quello dell’Infanta Margherita a otto anni, nel 1659. L’erede al trono, nato dal matrimonio tra Filippo IV e sua nipote Marianna d’Austria, è raffigurato con la gamma cromatica fatta di rossi, rosa, grigi madreperlacei e bianchi trasparenti (la stessa del Ritratto dell’Infanta Margherita a nove anni) e con un ingombrante corredo di amuleti portafortuna, i quali poco serviranno a proteggerlo dalla mala sorte: morirà due anni dopo, cinque giorni prima della nascita dell’ultimo degli Asburgo di Spagna, il futuro Carlo II. Una copia assai variata nelle vesti del principino – divenute maschili e prive degli amuleti – fu cominciata da Velázquez stesso nel 1660 e proseguita, alla sua morte, dall’allievo-cognato Juan Baptista del Mazo.