Dove la natura incontra i linguaggi creativi: il nuovo percorso di Oca Oasy Contemporary Art and Architecture
Il nuovo percorso che si sviluppa ad alta quota nel cuore dell’appennino pistoiese è un’esperienza che, attraverso la natura e i diversi linguaggi creativi contemporanei, invita i visitatori a cogliere il significato profondo dell’ambiente e dell’opera dell’uomo. Il contesto è quello di un’oasi naturale, dove la presenza antropica fa il possibile per creare un rapporto rispettoso ed equilibrato con l’habitat circostante: è per questo che, prima di raggiungere le opere e gli spazi espositivi, chi si avvicina a Oca deve lasciare l’auto al parcheggio, in località Croce di Piteglio, e intraprendere quindi una passeggiata di circa mezz’ora in mezzo al bosco, nel fitto degli alberi. Una volta raggiunto il pianoro soleggiato, prende il via l’itinerario ad anello – frutto della direzione artistica Emanuele Montibeller – e, rigorosamente guidati dallo staff del parco, si incontrano i lavori di Alejandro Aravena, Mariangela Gualtieri con Michele De Lucchi, Kengo Kuma, Quayola, David Svensson, Pascale Marthine Tayou e Matteo Thun. Perfettamente integrate nell’ambiente, queste opere intrecciano discipline diverse – architettura e poesia, scultura e tecnologia, ad esempio – e trasformano la camminata in un autentico atto di scoperta e meraviglia.
La prima tappa è il Dynamo Pavilion di Kengo Kuma, una scultura di fasci che si insinuano tra le piante, danzando assieme al vento e invitando alla contemplazione. Segue Nella terra il cielo di Mariangela Gualtieri e Michele De Lucchi, i quali fondano poesia e architettura – quest’ultima effimera – per riflettere sul rapporto tra mito e memoria. Matteo Thun si ispira all’enciclica di papa Francesco e ai valori universali di fraternità e pace per la sua Fratelli tutti, un’installazione di pietre locali che richiama i cicli naturali della vita. Erosions di Quayola, invece, è formata da massicci blocchi di pietra lavica scolpiti da algoritmi generativi, così da generare un connubio tra le forze naturali e l’intervento tecnologico. Chiude il percorso Self-regulation, una sorta trappola antropologica di Alejandro Aravena che spinge a interrogarsi su come abitare l’opera.
Nel prato attorno allo spazio espositivo sono inoltre ospitate Home of the World di David Svensson e la coloratissima Plastic bags di Pascale Marthine Tayou, entrambe parte della collezione permanente di Oca, mentre nell’ex stalla è in corso una mostra a cura di Fondazione Arte Dynamo che presenta una selezione di opere realizzate dagli ospiti di Dynamo Camp insieme ad artisti che hanno avuto modo di svolgere una residenza al Camp.
Vivo come la natura che lo ospita e capace di intrecciare linguaggi sempre diversi, il percorso di Oca vedrà nel prossimo futuro la nascita di nuove visioni, alle quali stanno già lavorando architetti e artisti come Stefano Boeri, fuse*, Diana Scherer, Alvaro Siza, Eduardo Souto de Moura e Edoardo Tresoldi.
Marta Santacatterina