Gauguin unaxpected: una mostra a Vienna
Gauguin unexpected
Già prima che la cancel culture creasse non pochi fraintendimenti, la pur meritoria revisione postcoloniale ha emesso, nei decenni scorsi, una sentenza quasi senza appello sulla vita e l'opera di Paul Gauguin. Anche la critica femminista di matrice anglo-americana ha insistito a più riprese sulla pretesa revisione maschilista e colonialista di Gauguin, ritenuto il primo artista, tra la fine del XIX secolo e gli inizi del XX secolo, ad aver diffuso l'immagine sensuale e "selvaggia" delle giovani donne polinesiane, in particolare di quelle ritratte a Tahiti e alle isole Marchesi, per offrirle agli occhi pruriginosi dell'Occidente. La questione è assai da rivedere, anche perché Gauguin è stato il primo a tentare di comprendere quella cultura e quella gente, e anzi a difenderla dalle imposizioni dei missionari occidentali e delle autorità coloniali francesi. Nato a Parigi nel 1848, Gauguin aveva trascorso in quelle isole gli ultimi anni della sua vita, a dire il vero in grande miseria, e se si studia in modo capillare la sua vita soprattutto attraverso il ricchissimo epistolario e i suoi scritti sulle popolazioni maori, si comprende quanto il giudizio su questo uomo bianco che avrebbe avuto un ruolo di privilegio nelle colonie d'oltremare francesi sia quantomeno da ridimensionare, e parecchio. Ne parlo a più riprese nel mio ultimo libro Sulle tracce di Gauguin, e accolgo con gioia l'apertura proprio in questi giorni, della mostra curata al Kunstforum di Vienna intitolata Gauguin unaxpected, ovvero un Gauguin insospettato, come promettono la curatrice, Evelyn Benesch (già coautrice di uno studio su Kandinskij del 2016), e la direttrice del museo, Ingried Brugger. In mostra sono esposte non solo importanti testimonianze del periodo polinesiano – dipinti, sculture, serie litografiche – quello per il quale Gauguin è oggi universalmente noto (anche se, ripeto, alquanto frainteso) ma anche alcune tele dei primi anni della sua attività, svolta fra Bretagna, Danimarca, Normandia, Martinica e Parigi, dagli inizi degli anni Ottanta del XIX secolo fino al 1891, quando si trasferì nell'Oceano Pacifico, dove morì nel 1903. Fra queste, il poco noto Interno con la figlia Aline, dipinto nel 1881 a Parigi, con un'inquadratura dall'alto memore dei dipinti di Degas, fra i suoi primi estimatori. Qui la piccola, con i capelli tagliati cortissimi (aveva una malattia che glieli faceva cadere), siede di fronte a una tavola con una bella natura morta ispirata a Cézanne, "il maestro di tutti", anche di Picasso e Matisse, che guardarono, fra l'altro, anche a Gauguin, davvero l'apripista della pittura delle avanguardie di inizio Novecento.
Fra i dipinti polinesiani esposti, uno dei più belli, guarda caso un paesaggio privo di riferimenti erotici, è Paesaggio montuoso a Tahiti (Minneapolis Institute of Art), realizzato nel 1891, poco dopo l'arrivo di Gauguin nella capitale delle colonie francesi polinesiane: un'esplosione di gialli, aranci, verdi. Posso assicurare che non è una fantasia, a Tahiti ho ritrovato il punto esatto dove Gauguin posò il cavalletto, a riprova che se a volte il pittore francese sprigionò liberamente la sua fantasia, utilizzando anche ai Tropici la memoria della pittura occidentale, altrove, come in questo caso, fu assolutamente fedele al vero, affascinato (e noi con lui) dalla natura incontaminata di un mondo "altro". Ottanta le opere esposte, provenienti da musei e collezioni di tutto il mondo, e vale la pena un viaggio a Vienna per ammirarle.
Gloria Fossi
* autrice del libro Sulle Tracce di Gauguin. Dalla Francia ai Tropici il miraggio del Paradiso, in uscita per Giunti Editore il 24 ottobre.