Inaugura a Parigi la grande mostra sull’Arte Povera
Arte Povera
La Bourse de Commerce ‒ Pinault Collection alza il sipario su una delle mostre più attese della stagione autunnale parigina: Arte Povera riunisce oltre duecentocinquanta opere dei tredici artisti che hanno dato sostanza al movimento teorizzato in Italia negli anni Sessanta del secolo scorso da Germano Celant. Gli storici lavori di Giovanni Anselmo, Alighiero Boetti, Pier Paolo Calzolari, Luciano Fabro, Jannis Kounellis, Mario Merz, Marisa Merz, Giulio Paolini, Pino Pascali, Giuseppe Penone, Michelangelo Pistoletto, Emilio Prini e Gilberto Zorio – alcuni dei quali inclusi nella Pinault Collection e altri in prestito dal Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea, dalla Fondazione per l’Arte Moderna e Contemporanea CRT e dalla Galleria d’Arte Moderna (GAM) di Torino, dal Kunstmuseum Liechtenstein ‒ Vaduz, dal Museo e Real Bosco di Capodimonte a Napoli, dal Centre Pompidou di Parigi e dalla Tate di Londra ‒ entrano in dialogo con nuove commissioni e con gli interventi di artisti delle generazioni successive ispirati dalla pratica poverista.
Curata da Carolyn Christov-Bakargiev, ex direttrice del Castello di Rivoli e fra i massimi esperti dell’Arte Povera, l’esposizione approfondisce le origini e lo sviluppo del movimento, illuminandone non solo gli snodi e la cornice culturale in cui prese forma – testimoniata dai lavori di Lucio Fontana, Carla Accardi, Piero Manzoni e del gruppo giapponese Gutai ‒, ma anche l’eredità consegnata al futuro. Il rinnovato interesse nei confronti della materia e degli oggetti d’uso quotidiano è il fondamento di una poetica che non rinnega la complessità, ma la integra nel gesto creativo e dunque nella realizzazione di opere dotate di una perenne attualità. Ne sono un esempio gli Oggetti in meno di Michelangelo Pistoletto, gli Alberi di Giuseppe Penone, gli Igloo di Mario Merz: per i protagonisti dell’Arte Povera i materiali ricavati dalla realtà che li circonda innervano una riflessione nella quale confluiscono natura, tecnologia, politica, istanze sociali. È la stessa curatrice a chiarire tali aspetti: “Questi artisti hanno esplorato l’arte come forma di pratica empirica piuttosto che come filosofia astratta […] Erano sospettosi nei confronti dell’eccessiva intellettualizzazione e della teoria astratta. L’arte doveva essere reale, cioè viva, non mimetica né rappresentativa, e doveva essere ‘autentica’, cioè frutto di un’esperienza di verità e di accordo tra i nostri valori fondamentali e le nostre azioni, e non un’espressione superficiale o convenzionale ripetuta […] Per questo hanno usato materiali comuni e umili e tecniche semplici, spesso impiegate da artigiani o lavoratori […] Il mestiere di fare arte e il mestiere della vita quotidiana erano elementi delle loro opere”.
Questa attitudine ha plasmato la ricerca di numerosi artisti saliti alla ribalta nei decenni successivi e la mostra parigina accende i riflettori anche sui punti di contatto fra l’approccio poverista e la poetica – fra gli altri ‒ di David Hammons, William Kentridge, Jimmie Durham, Anna Boghiguian, Theaster Gates, Pierre Huyghe, Grazia Toderi, Adrián Villar Rojas, Renato Leotta, Otobong NKanga, a riprova della incessante attualità connaturata all’Arte Povera.
Arianna Testino