Art e Dossier

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A Palazzo Braschi in mostra Canaletto

categoria: Mostre
11 aprile – 19 agosto 2018

Canaletto 1697-1768

Roma
Museo di Roma-Palazzo Braschi

Sono trascorsi duecentocinquant’anni da quando Canaletto morì a Venezia, in condizioni non agiate, nonostante una felice carriera che lo aveva visto a lungo trionfare in tutta Europa come il più ammirato (e pagato) vedutista dell’epoca. In occasione di questa ricorrenza, la grande mostra su Canaletto di Palazzo Braschi a Roma, allestita in quindici sale nel rinnovato primo piano del Museo di Roma, curata da una specialista come Bozena Anna Kowalczyk, si distingue per quantità e qualità delle opere: dipinti, disegni, schizzi non solo di Canaletto ma anche del nipote Bernardo Bellotto, e del padre, Bernardo Canal. Alcuni non erano mai stati visti finora in Italia, oppure mai accostati dal vivo ad altri documenti sulle circostanze della loro committenza. È questo il caso, nelle prime sale, delle due grandi tele in prestito dalla Pinacoteca Agnelli del Lingotto (Torino), con il Canal Grande visto da nord (1725) e Il Canal Grande con Santa Maria della Carità (1726), qui accostate a un manoscritto settecentesco che riproduce le lettere inviate al committente lucchese Stefano Conti, raffinato collezionista, dal suo agente a Venezia, il pittore veronese Alessandro Marchesini (14 luglio 1725 – 6 luglio 1726). Il manoscritto, conservato alla Biblioteca Nazionale di Lucca e ben visibile in mostra in una bacheca vicino alle tele Agnelli, era stato segnalato nel 1956 da Francis Haskell, e costituisce una fonte incomparabile di notizie, anche sui processi di esecuzione di Canaletto. In una delle ultime sale, che documenta i dipinti inglesi, sono inoltre da ammirare, per la prima volta insieme, una di fronte all’altra, due sorprendenti tele un tempo unite in un dipinto orizzontale: la grande Veduta di Chelsea dal Tamigi, eseguita Londra nel 1751, oggi smembrata fra il museo nazionale dell’Avana a Cuba e Blickling Hall in Gran Bretagna (Norfolk, The Lothian Collection). Di sala in sala, la grande rassegna documenta tutte le fasi dell’attività di Canaletto, in continuo dialogo con le testimonianze della cultura e della società del Settecento (musica, teatro, letteratura, Grand Tour, collezionismo internazionale) con un occhio di riguardo anche ai precedenti utilizzati dall’artista veneziano, come le stampe con i monumenti antichi di Roma del  Falda o del Du Pennac, e ai dipinti del nipote Bellotto, che dopo la formazione con lo zio se ne distaccò per una visione meno fantasiosa. Ampio spazio viene dato ai celebri Capricci, i dipinti di fantasia nei quali Canaletto era capace di accostare con magnifico talento il vero col falso, monumenti reali ad altri inventati, oppure esattamente tratti dal vero ma combinati in composizioni irreali. E chissà mai se un giorno salterà fuori da qualche scantinato o collezione nascosta almeno uno schizzo di quelle scenografie che il giovane Canaletto fra 1719 e 1720 aveva realizzato col padre Bernardo, pittore teatrale, per le scenografie di opere musicali di Vivaldi o Scarlatti. Per ora restano solo le descrizioni dei libretti d’opera, qui tutti esposti in una bella vetrina che non va dimenticato di guardare, e con attenzione. Di una di queste scenografie, realizzata dai due Canal per lo spettacolo di Turno Aricino al teatro Capranica di Roma, con musica di Scarlatti e libretto di Silvio Stampiglia, restano le sibilline descrizioni, relative alle “mutazioni di scene” nei tre atti: «Boschetto. Piazza del Mercato, che corrisponde a una contrada di nobili abitazioni» (atto primo). «Stanza con due alcove. Giardino. Foro dentro le Carceri» (atto secondo). «Portici, rupe dove sorge l’acqua ferentina. Atrio, che introduce a un sito ameno, dove sta il Tempio di Giove laziale» (atto terzo). Segue la precisazione finale: «Le scene sono di Bernardo Canali e Antonio suo figliolo veneziani». Mostra da non perdere. Dieci e lode.

Gloria Fossi