Picasso. Figure
La moquette attutisce i rumori, e si cammina nelle sale della mostra veronese nel silenzio, interrotto solo dal brusio delle audio guide e delle auto che passano (peccato…). Esploriamo l’intero percorso, per uno sguardo d’insieme, saltando assembramenti nelle sale più anguste, fino alle ultime opere del 1970-1971. Poi, a ritroso, torniamo verso l’inizio, soffermandoci sui capolavori (tutti i pezzi esposti lo sono, dai nudi protocubisti per Le Demoiselles d’Avignon alle figurine lineari, disegnate a Roma in via Margutta, con inaudito tratto ininterrotto, per il balletto Parade (1917), dai ritratti delle sue donne, così diverse, ai nudi osceni e voyeuristici, col pittore anziano e la modella che si offre. Partendo dal fondo ci si rende conto della vastità e importanza dell’evento, ci si organizza per prendere pause, soffermarsi, rimanere ore. Le opere – decine di dipinti (su tela e perfino su compensato), disegni, incisioni con le tecniche più diverse, sculture, ceramiche, piastrelle dipinte a pastello – sono disposte in un percorso cronologico che ha sempre permesso, agli studiosi di Picasso, di ricostruire le svolte sperimentali in sintonia con le vicende personali legate alla sua arte. Picasso stesso voleva così, e anche qui verifichiamo che si firmava e datava, talvolta anche col giorno della settimana o della festa. I pezzi provengono dal Musée National Picasso di Parigi, che con i suoi fondi eccezionali per qualità e quantità può prestare decine di opere senza rimanere mai sguarnito. La stessa mostra veronese è di per sé un magnifico “museo Picasso”, ragionata dalla curatrice Bouvard seguendo la più grande rivoluzione artistica del Novecento, quella di Picasso nel campo della figura umana. Oltre ad alcuni pannelli con le testimonianze di amici, intellettuali, fotografi, biografi, alcuni filmati, fra cui quello di Resnais su Guernica, con l’elegiaco commento di Eluard. Dal cubismo al classicismo, dalla controversa adesione al surrealismo alle sperimentazioni del dopoguerra, le “figure” di Picasso non smettono di stupirci, anche quando evocano maestri come Velázquez, Manet, Cézanne, Matisse.
Gloria Fossi