Art e Dossier

940x240.png
940x240.png

Piranesi Roma Basilico: una mostra a Venezia

categoria: Mostre
20 giugno – 23 novembre 2020

Piranesi Roma Basilico

Venezia
Galleria di Palazzo Cini

Dimenticare le astrazioni sulla fotografia e sul mezzo, fare come se fra le xilografie e le stampe di fotografia d'artista non ci fosse alcuna differenza, dimenticare le riflessioni mass-mediologiche, abbandonare il campo del significante, saltare nel significato e guardare Roma. A Venezia, anche durante la chiusura, quando non si potevano superare i duecento metri di raggio da casa propria. Questo è veramente successo, anche se non c'erano turisti, per le calli veneziane deserte i manifesti in grande formato erano delle finestre su Roma, attraverso lo spazio e il tempo; le xilografie di Giambattista Piranesi, associate alle fotografie di Gabriele Basilico ricordavano a tutti che oltre i duecento metri e oltre lo spazio tempo immediato della paura del contagio, esisteva un altrove. Questo uso performativo, non pubblicitario del manifesto, ha aperto lo spazio della galleria, e ha anche fatto in modo che entrando a Palazzo Cini, in qualche modo riverberassero tutti i timori e le speranze di mesi di isolamento, fra le rovine e gli scavi. Che fosse la prima galleria in cui entrare appena aperti i musei è stato naturale. Nelle stanze della galleria era inevitabile l'eco delle passeggiate ridotte al raggio della passeggiata con il cane, e di Venezia finalmente visibile e meravigliosamente vuota, insieme con il silenzio laconico delle didascalie e della organizzazione da manuale tipologico ottocentesco delle grandi fabbriche di Roma, il Pantheon, le Basiliche, gli acquedotti, i fori, in una vertigine moltiplicata e riverberata fra i due sguardi, quello piranesiano e quello fotografico fino al punto in cui era il luogo a prevalere, e chi guardava era così invitato a entrare nel gioco dei rimandi e a perdersi fra la sua esperienza, e la distanza assonante di fotografia xilografia. Il risultato, il mettere in gioco lo sguardo del visitatore, in questa doppia triangolazione, Roma, Piranesi, Basilico; chi guarda, Basilico, Piranesi. In definitiva, l'esperienza di guardare Roma, e così interrogare il tempo individuale e collettivo, esistenziale e storico insieme. Fino a provocare la domanda se il tempo a Roma sia veramente passato, e fra i due sguardi, quale fosse quello di invenzione sul futuro, e quale quello documentario sull'archeologia. Perché se  Roma di Giambattista Piranesi è invasa da piante di fichi e capperi, popolata da mendicanti, questuanti, soldati, nobili in carrozza e quasi schiavi a piedi nudi, Roma di Basilico è spianata dai parcheggi, attraversata da passanti in folle ordinate di impiegati in auto e turisti a piedi, con i monumenti liberati dalla vegetazione e dal terreno. Così lo scavo e la rovina si fronteggiano, il monumento e il documento si scontrano, in una dissonanza che è possibile ricomporre solo con l'atto di osservare con minuzia e attenzione, di perdersi nella sospensione temporale della memoria proustiana di chi guarda. Se Freud ha potuto parlare della memoria in analogia con la città di Roma, lo dobbiamo a questo architetto incaricato della campagna di rilievi della città di Roma nella seconda metà del settecento, dopo la Renovatio Urbis. E ci rendiamo conto che la renovatio ha coinciso con l'invenzione dell'archeologia, della memoria tipologica e un po' nevrotica che porta a odiare ogni forma di vegetazione e di popolazione, così cara invece a chi nega la storia ed esalta la tabula rasa. Così si scopre che Le Corbusier è piranesiano, ha il senso della rovina e dello spazio popolazione, ma non dell'archeologia. Come i Re magi, ci sono architetti che inseguono le costellazioni delle rovine attraverso il tempo, altri che ne disegnano le mappe e li organizzano in tassonomie. Qui la tassonomia, scopriamo con stupore, è di Basilico fotografo. L'archoelogia è la più moderna delle invenzioni. Le fotografie e la reinvenzione dello spazio di Roma secondo Piranesi riletta da Gabriele Basilico nel 2011 per commissione della Fondazione Cini ci invitano a contemplare il futuro delle rovine nelle xilografie di Piranesi, e la sospensione aerea della temporalità dell'eterno passante turista nelle fotografie di Basilico. Da non perdere anche il catalogo, che associa alla funzione del catalogo e della documentazione, quella di un vero diaolgo sull'arte del vedere attraverso il e nel tempo, fra Luca Massimo Barbero, Mario Bevilacqua, Michele De Lucchi, Pasquale Gagliardi, Alessandro Martoni, Roberta Valtorta, e un testo che riproduce una conversazione fra Amos Gitai e Gabriele Basilico. Insieme con la collezione permanente, che in uno spazio incredibilmente privato e denso riesce ad attraversare le origini e la natura di tutta la pittura del Rinascimento, attraverso opere rare o minori di grandi maestri, questo è il posto ideale dove ricominciare a vedere senza schermo, l'accadere del visibile.

Irene Guida