Art e Dossier

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The Renaissance Nude: una mostra a Londra

categoria: Mostre
3 aprile – 2 giugno 2019

The Renaissance Nude

Londra, Gran Bretagna
Royal Academy of Arts

La rappresentazione del nudo è stata costante nell’arte di tutti i tempi, fin da quando, oltre ventimila anni fa, qualche geniale nostro antenato forgiò mirabili figurine femminili a tutto tondo, che ancor oggi suscitano meraviglia. Erano senza volto, obese e steatopigie: qualcuno le ha chiamate Veneri della preistoria, ma non sappiamo se simboleggiassero un ideale di bellezza, o si riferissero esclusivamente al culto della fertilità, come pare più probabile. D’altra parte, nel corso dei secoli il nudo non ha costituito unicamente il canone ideale della perfezione delle forme, anzi ha conosciuto una varietà eccezionale di declinazioni. Senza dubbio, dopo l’antichità, uno dei suoi periodi più felici e fecondi è stato nel Rinascimento: non solo nella scultura, derivata in gran parte dalle statue di divinità ed eroi greci e romani, ma anche nella pittura e nella miniatura.  A questo argomento – il Nudo nel Rinascimento – la Royal Academy di Londra dedica una bella mostra “a misura d’uomo” (“solo” cinque stanze, ma quanti capolavori!). L’evento è stato organizzato con il J. Paul Getty Museum di Los Angeles, dove la mostra è stata allestita prima di approdare a Londra (vi resterà fino al 2 giugno 2019). Affrontare questi argomenti per il largo pubblico ma anche per gli studiosi più attenti non dev’essere stato semplice, ma i curatori (Thomas Kren con Jill Burke e Stephen J. Campbell) sono riusciti a organizzare la materia in modo convincente. Il percorso espositivo è disposto seguendo temi specifici e considerando alcune particolari categorie, iconografiche e iconologiche, che poi sono quelle che nel corso dei secoli hanno principalmente sorretto artisti e committenti nella scelta di soggetti privi di vestiti. Innanzitutto, la mostra fornisce diversi esempi tratti dal’iconografia cristiana, per la quale il nudo non deve destar scandalo né turbare, in quanto giustificata da particolari episodi biblici o agiografici. Poi, i simboli della vanità e di altri peccati (come nella celebre serie di tavolette di Giovanni Bellini), mediata forse da Memling. Inoltre, naturalmente, i temi umanistici e laici derivati dalla poesia e dalle favole antiche, col proliferare di Veneri che escono dall’acqua (bellissima la Venere Anadiomene di Tiziano, da Edinburgo). E, ancora, le divinità dell’Olimpo, ma anche le immagini lascive di Betsabea al bagno o i torsi estenuati dei flagellanti in una delle pagine più affascinanti delle Belles Heures del duca di Berry, miniate dai fratelli Limbourg. Una sezione forse meno nota ai non specialisti è dedicata a un soggetto molto fortunato nella storia dell’arte, fin dal Medioevo. È lo Spinario, il fanciullo che si toglie una spina dal piede, mediato da una scultura ellenistica che si trovava nel campo lateranense a Roma (ora è ai Musei Capitolini), e che aveva già ricevuto una notevole fortuna nell’arte del XII secolo, diffondendosi, tramite le descrizioni dei pellegrini, nei capitelli e rilievi romanici di tutta Europa. Il revival di questo tema, con il fanciullo nudo visto anche di scorcio, di sotto in su, torna nel Rinascimento, e in mostra ne sono esposti esempi notevoli, dal Signorelli all’Antico a Jan Gossart. Per non dire di uno studio meraviglioso a matita color ocra di Michelangelo, con le indicazioni sulle proporzioni delle diverse membra, e di due capolavori di Leonardo (in prestito da Windsor Castle). A proposito, li abbiamo ammirati a Londra il 2 maggio, proprio nel giorno in cui in Francia e in Italia si celebrava l’anniversario della morte di Leonardo. Ma qui in pochi si sono accorti dei due disegni leonardeschi, forse perché giustamente in penombra. Comunque, il giorno dopo il sito della Royal Academy ha prontamente segnalato la presenza illustre. D’altra parte, Leonardo qui è in buona compagnia, con Donatello, Pollaiolo, Dürer, Pisanello, Piero di Cosimo e molti altri.

Gloria Fossi