Tina Modotti, da Camera a Torino
Tina Modotti. L’opera
Da CAMERA – Centro italiano per la fotografia di Torino la mostra Tina Modotti. L’opera, a cura di Riccardo Costantini, ci accompagna lungo tutta la vita della fotografa di origini italiane, una vita all’insegna della sua arte, della sua militanza, dei suoi ideali.
La fotografia per Tina Modotti era infatti lo strumento adatto a rendere manifesto l’equilibrio tra arte e vita, plasmando un pensiero creativo che si riverberasse sul suo agire, sul suo esistere.
Influenzata dall’opera di quello che fu il suo maestro, nonché amante, Edward Weston, Modotti arriva, con lui in Messico nel 1923 e qui si lascia trasportare dall’effervescenza culturale, artistica e politica del “Rinascimento messicano”. Lungo il percorso della mostra è evidente come la poetica di Modotti evolva soprattutto in base a quanto profondamente, con il tempo, il Messico penetri nella sua estetica fotografica, con i suoi simbolismi e il suo paesaggio, oltre che nel suo sangue e nella sua quotidianità. Gli ideali di lotta contro l’ingiustizia, contro la povertà, in favore di un lavoro giusto, riecheggiano nel suo immaginario, che, piano piano, diventa sempre più simbolico, sempre più iconico, portatore di un pensiero militante. Falci, martelli, sombreri, mani, braccia, volti, bandiere, le “sue” donne di Tehuantepec, i suoi bianco e neri diventano progressivamente sempre più densi, più intensi, strabordanti di un suo sentire interiore, irrequieto e rivoluzionario. La mostra da CAMERA si compone di trecento immagini e molti materiali inediti, video, riviste, documenti, ritagli di quotidiani, ritratti dell’artista, nonché fotografie che risalgono alla prima e unica esposizione che realizzò Tina Modotti nel 1929. Per questo motivo l’esposizione si rende strumento utile per uno sguardo più complessa sul lavoro di Modotti, per arrivare agli interstizi di una mente che ha plasmato la sua opera con i moti e il sentire della sua esistenza, finchè non si ritrovò a Berlino, esule, immersa in una luce cittadina che non riconosceva più, senza quel fermento messicano da riversare nelle sue fotografie e così come la sua vita ebbe una brusca battuta d’arresto anche il suo pensiero visivo. “Berlino è bella, ma rispetto alla California e al Messico sembra un luogo dove si sia improvvisamente spenta la luce” scriveva a Edward Weston.
Francesca Orsi