Carlo Maria Mariani. Arte oltre il tempo a Firenze
Carlo Maria Mariani. Arte oltre il tempo
Nel mezzanino di Palazzo Pitti a Firenze, nell'andito degli Angiolini, fino al primo dicembre è visitabile la mostra Carlo Maria Mariani. Arte oltre il tempo a cura di Clayton Calvert e di Vittorio Sgarbi. L'esposizione presenta alcune opere dell'artista romano scomparso il 20 novembre 2021 a New York. Come sostiene l'amico e collezionista di base a Roma Antonio Martino nel suo testo in catalogo, nonostante le radici italiche evidenti in ogni centimetro della sua opera, Caro Maria si trasferì nel 1993 nella Grande Mela, attratto soprattutto dalle filosofie spirituali eredi della Teosofia di Helena Blavatsky. Lo spinsero al trasferimento anche l'amore per la moglie e curatrice Carole Lane e la diffidenza verso il mercato dell'arte, monopolizzato in Italia da Arte Povera e Transavanguardia, influenzato a livello critico da una parte da Germano Celant, dall'altra da Achille Bonito Oliva. Antonio Martino sottolinea, inoltre, l'importanza di non associare questo pittore con il movimento degli Anacronisti, conosciuti soprattutto per la bravura tecnica ma lontani dall'essenza più concettuale, filo sottile che informa la poetica di Mariani. Questa mostra, come le altre che seguiranno all'Accademia di Brera e all'Accademia di San Luca, punta a una giusta collocazione di Mariani in un ambito concettuale della pittura. "Mariani sta alla pittura come Giulio Paolini sta all'Arte Povera, è un Kosuth della pittura", spiega Antonio Martino, raggiunto al telefono.
IL PERCORSO ESPOSITIVO
Ad accoglierci è un dipinto quasi 1:1 dal titolo Iniziazione. Si tratta di un autoritratto dell'artista che si rappresenta supino, accanto a un sarcofago trasteverino di un santo. Il taglio del dipinto sembra ribaltare in verticale il Cristo Morto di Andrea Mantegna, che pochi anni prima (1962) aveva fatto breccia anche in Pier Paolo Pasolini come è evidente nella citazione iconologia della morte di Ettore nel film Mamma Roma. La ieraticità della posa — ribadita e sdoppiata nella figura scolpita del sarcofago —, insieme al corpo troneggiante che incombe dall'alto verso il basso, enfatizza l’asse verticale del dipinto alla parete. Il corpo dipinto di Mariani proietta un’ombra sul tavolo di legno in un tentativo di introspezione. Inoltre, il gusto del vestiario tipico degli anni Settanta — maglietta color pesca a costine e mezze maniche, pantaloni prugna — indica la volontà di inserire il dipinto nella sua attualità, un'attualità che non può però prescindere dalla scultura medievale o dalla pittura rinascimentale. Quando Mariani rielabora capolavori di artisti del passato è interessato non alla citazione ma all'adesione medianica con l'artista, come accade con Anton Raphael Mengs o con l'Autoritratto immaginario di Angelica Kauffman, in cui cita peraltro un cappello indossato da Goethe nel ritratto nella campagna romana di Tischbein. Nelle sale successive troviamo due commissioni sacre, Ascensione e Crocifissione, che mostrano il suo studio di maestri come Tiziano, Tintoretto (Scuola Grande di San Rocco), Sebastiano del Piombo, Michelangelo. Un autoritratto del 2019 attira lo sguardo per il suo carattere surreale "magrittiano" — lo stesso che possiamo notare in Autonuca (1972) —, l'artista sembra avvolto dalle spire del ready-made di Marcel Duchamp Égouttoir (1914), morbido come fosse un ibrido tra un nastro e un ferro arrugginito. Mariani è un artista colto — il padre era uno scrittore e la madre una poetessa — è capace di rielaborare le divinità greco-romane del mondo classico, il manierismo della Villa Farnesina, il neoclassicismo di Canova, David, Andrea Appiani, fino a cogliere il portato dell'arte concettuale di Joseph Beuys. In Pictor Arte Insignis (1989) sembra rielaborare il gruppo statuario di Hermes e Dioniso di Prassitele con la grazia rinascimentale e il portato barocco di Gianlorenzo Bernini Enea, Anchise e Ascanio. Mythilias (1985) è un compendio di stili pittorici e scultura. Venezia è rappresentata dal leone dormiente, la mano della statua colossale di Costantino e la testa di Ermafrodito rappresentano Roma. La figura supina (allegoria della Pittura) è un ibrido tra San Sebastiano ferito al costato, Adone ed Endimione dormiente. La costellazione del Leone, in mostra il carboncino su carta (360x460 cm) di Gian Enzo Sperone, rappresenta il complesso microcosmo dell'arte romana, come fosse una fotografia del 1980. Compaiono Luigi Ontani (come Ganimede), Jannis Kounellis, Giulio Paolini, Mario Merz sul versante dell'Arte Povera, mercanti d'arte e critici, poi Sandro Chia e Francesco Clemente come rappresentanti di un movimento emergente che ancora non era stato battezzato "Transavanguardia". Chiudiamo con Ciparisso (1781, dalla collezione di Antonio Martino) che rappresenta un cacciatore amato da Apollo che uccide per errore il suo amato cervo dalle corna d’oro, finendo per trasformarsi in cipresso per la tristezza. Il mito eziologico da' l'occasione a Mariani di approcciarsi a un soggetto più intimo e la trasformazione del ragazzo in albero guarda all'Apollo e Dafne di Bernini.
Giorgia Basili