Art e Dossier

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La mostra su Pino Pascali alla Fondazione Prada di Milano

categoria: Mostre
28 marzo – 23 settembre 2024

Pino Pascali

Milano
Fondazione Prada

Nonostante la brevissima esistenza, stroncata nel 1968, ad appena trentadue anni, da un incidente in moto, Pino Pascali ha lasciato un segno indelebile nella storia dell’arte recente. 

A lui è dedicata la mostra allestita presso la Fondazione Prada di Milano con la curatela di Mark Godfrey e l’allestimento dello studio newyorchese 2x4. Suddivisa in quattro sezioni, la retrospettiva riunisce quarantanove opere custodite da musei internazionali e raccolte private, nove interventi di artisti del secondo dopoguerra e una serie di fotografie e video che vedono protagonista Pascali insieme ai suoi lavori. Ideata per occupare i tre edifici della sede meneghina – il Podium, la galleria Nord e la galleria Sud –, la mostra evidenzia il carattere innovativo della poetica di Pascali, guidando il pubblico alla (ri)scoperta della sua produzione scultorea, divenuta un modello per le generazioni successive.

Grazie alla formazione in ambito scenografico e al lavoro come designer per il cinema e per svariate agenzie pubblicitarie, Pascali arricchì il suo linguaggio plastico con materiali tratti dalla quotidianità e ispirati alle logiche del consumo. A chiarirlo è lo stesso Godfrey: “Pascali ha esplorato il rapporto tra scultura ed elementi di scena e ha contrapposto scultura e oggetti d’uso. Ha creato opere che da lontano sembrano dei ready-made, ma che a uno sguardo ravvicinato si rivelano essere realizzate con materiali di recupero”. Inoltre per Pascali era fondamentale intrecciare con il pubblico un rapporto quasi complice, basato su scelte allestitive imprevedibili, capaci di mantenere viva l’attenzione di chi entra in contatto con l’opera. È emblematica, in tal senso, la prima sezione della mostra, che si sviluppa negli spazi del Podium: qui “rivivono” gli ambienti concepiti dall’artista originario di Bari per cinque personali ‒ alla Galleria La Tartaruga di Roma nel 1965, alla Galleria Sperone di Torino nel 1966, alla Galleria L’Attico di Roma nel 1966 e 1968 e alla Biennale d’Arte di Venezia nel 1968. Le stanze simulano le dimensioni originali delle gallerie che accolsero gli interventi di Pascali, facendo immergere gli spettatori della mostra milanese nelle atmosfere orchestrate dall’artista in ciascuna occasione. 

materiali naturali e industriali usati per opere come Barca che affonda (1966), Campi arati e canali di irrigazione(1967), Pelle conciata (1968) sono invece al centro della seconda sezione, che include anche una serie di video in cui restauratori ed esperti illustrano le peculiarità delle “materie prime” scelte da Pascali e le loro trasformazioni nel corso del tempo. 

Se la terza sezione, ospitata dalla galleria Nord, prende in esame il contributo di Pascali nell’ambito di tre mostre collettive ‒ Fuoco Immagine Acqua Terra presso L’Attico nel 1967, Cinquième Biennale de Paris: Manifestation Biennale et Internationale des Jeunes Artistes presso il Musée d’Art Moderne de la Ville de Paris nel medesimo anno e Arte Povera presso la Galleria de’ Foscherari di Bologna nel 1968 ‒, innescando un dialogo fra i lavori di Pascali e quelli di colleghi del calibro di Alighiero Boetti, Mario Ceroli, Luciano Fabro, Piero Gilardi, Jannis Kounellis e Michelangelo Pistoletto, la quarta e ultima sezione presentata nella galleria Sud sposta lo sguardo sulle fotografie che ritraggono Pascali insieme alle sue opere. 

Gli scatti di Claudio Abate, Ugo Mulas e Andrea Taverna affiancano il video in 16mm SKMP2 girato da Luca Maria Patella nel 1968. È ancora una volta il curatore a fornire la chiave di lettura: “Quelle immagini non erano documentazioni di performance né istruzioni su come interagire con le opere. Assolvevano principalmente a due funzioni. In primo luogo, erano materiali promozionali, dato che i redattori iconografici, nel decidere come illustrare le pubblicazioni, trovavano quelle immagini più intriganti degli scatti formali e composti che documentavano le mostre di altri artisti. In secondo luogo, suggerivano spunti al pubblico di Pascali che, vedendo quelle fotografie, avrebbe avuto un’idea di come rapportarsi a una mostra in modo insolitamente inventivo e ludico”. Una coerente chiusura del cerchio sulla genialità di un artista che ha scardinato le convenzioni con intelligenza e ironia.

Arianna Testino