Rembrandt: biografia
Rembrandt Harmenzoon van Rijn nasce a Leida il 15 luglio 1606, da un mugnaio benestante, che può offrirgli un’infanzia agiata. Nel maggio del 1620 Rembrandt si iscrive alla facoltà di letteratura dell’Università di Leida, ma ben presto abbandona gli studi per andare a lavorare come apprendista presso Jacob Isaaczoon van Swaneburgh, un modesto pittore di quella città. In seguito si reca ad Amsterdam, forse verso il 1624, presso Pieter Lastmann, uno dei più noti pittori di soggetto storico del tempo. Intono al 1627-1628 Rembrandt viene in contatto con un altro giovane pittore, Jan Lievens, con il quale collabora e decide di mettere insieme uno studio a Leida. Nel 1629 dipinge Giuda rende i trenta denari, molto lodata da Constantijn Huygens, segretario del principe d’Orange Frederick Hendrick, che gli commissionerà in seguito la serie della Passione. Fondamentale nella carriera e nella vita privata del pittore è il suo rapporto con Hendrick van Uylenburgh, mercante d’arte, di cui sposa la cugina, Saskia, con la quale si trasferisce ad Amsterdam. Nel corso del 1632 lavora anche a L’Aja dove esegue numerosi ritratti. Divenuto il ritrattista più richiesto di Amsterdam, affianca a questa attività quella di pittore di genere storico. Nel 1641 nasce il figlio Titus; nell’anno successivo muore la moglie di tubercolosi. Anche se la bottega di Rembrandt accoglie un numero sempre maggiore di allievi, fra gli anni 1630 e 1650 attraversa una grave crisi finanziaria, scarseggiando anche importanti commissioni pubbliche e private. Fra i fattori che influiscono sulla sua mancanza di commissioni c’è forse anche lo stile di vita inconsueto, per la buona società di Amsterdam, soprattutto per quanto riguarda la sua vita privata: ha una controversia di carattere legale con Geertje Dircks, alla quale è costretto a pagare una notevole cifra di denaro come risarcimento e nel 1654 l’amante e già governante del pittore Hendricke Stoffels dà alla luce una figlia illegittima, Cornelia. Oppresso dai debiti che aveva contratto per l’acquisto della casa, è costretto alla fine a vendere la sua ricca collezione di oggetti d’arte. Nel 1658 Rembrandt e la sua famiglia devono lasciare la casa nella Sint Anthonisbreestraat per trasferirsi sul Rozengracht, nel quartiere Jordan. L’ultimo decennio della sua vita trascorre in ristrettezze economiche e costellato di eventi tragici: nel 1663 muore di peste la sua compagnia Hendricke, nel 1688 muore anche il figlio Titus, che si era sposato da pochi mesi con Magdalena van Loo. L’artista continua a dipingere fino agli ultimi giorni di vita; muore il 4 ottobre del 1669 e viene sepolto in una tomba senza nome nella Westerkerk.
Rembrandt: le opere
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Tobia e Anna con il capretto
1626
olio su tavola; 40,1 x 29,9
Amsterdam, RijksmuseumSi tratta della prima opera conosciuta di Rembrandt basata sull’apocrifo Libro di Tobia, una delle letture preferite dall’artista durante tutta la vita. La fonte formale del quadro è un’incisione di Jan van der Velde ispirata a un disegno di Willem Buytewech del 1619. La scena si svolge in una povera stanza gremita di oggetti quotidiani – la gabbia per uccelli, la treccia d’aglio e il cesto di vimini – dove il vecchio Tobia, caduto in miseria, sta seduto accanto alla finestra. In piedi, accanto a lui, la moglie Anna con il capretto in braccio. Per terra il bastone di Tobia, un cagnolino accanto al fuoco e un candelabro. Significative nel quadro di Rembrandt, rispetto al modello, sono la ricchezza di sfumature psicologiche e la meticolosità con vengono descritti i particolari dell’interno domestico. Per mettere in maggior rilievo elementi importanti come il mantello consunto del vecchio, il suo gesto, o la figura di Anna, usa due fonti di luce, la finestra a sinistra e il fuoco in basso a destra.
Concerto
1626Quest’enigmatico dipinto segna la prima evoluzione pittorica di Rembrandt. Nonostante l’allusione a qualche tema allegorico o moraleggiante l’opera appartiene ormai all’ambito della pittura di genere. L’artista sembra essere stato influenzato dalla “Scuola di Utrecht” nella scelta di figure, abbigliate in modo insolito, che suonano o nel motivo delle nature morte, raffiguranti libri e strumenti musicali. La musica, l’abbigliamento sontuoso ed esotico, gli oggetti da toeletta e perfino la preziosa coppa sul tavolo sembrano tutti elementi che rafforzano l’interpretazione del quadro come una “vanitas”. Egli manipola il colore con gran cura e arricchisce la struttura pittorica con l’intento di una resa convincente della diversità dei materiali raffigurati.
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La parabola del ricco stolto
1627
olio su tavola; 31,9 x 42,5
Berlino, GemäldegalerieSull’esatto significato di quest’opera giovanile si è discusso molto, mentre da tempo è stata riconosciuta la fonte artistica nell’opera Vecchia che guarda una moneta (1624) di Gerrit van Honthorst. Il dipinto è stato interpretato sia come una scena di vita quotidiana o come allegoria dell’avarizia. Si tratta con più probabilità della raffigurazione della parabola raccontata da Gesù come ammonimento all’avarizia. Il soggetto compare per la prima volta in un’immagine della Danza macabra di Hans Holbein il Giovane pubblicata nel 1538. La luce di una candela rischiara la stanza nella quale, attorniato da grossi volumi e scartoffie di pergamena, un vecchio studia con attenzione una moneta. A sinistra su una stufa è collocato un orologio con evidente valore simbolico. Ogni particolare è curato e studiato, i colori sono pastosi, la tavolozza sobria.
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Il pittore nello studio
1629 circa
olio su tavola; 25,1 x 31,9
Boston, Museum of Fine ArtsPiuttosto insolita è la raffigurazione di questa piccola tavoletta. L’artista si è ritratto nel suo studio: un’ampia stanza quasi vuota con alcune tavolozze appese alle pareti, una macina per preparare i colori, un tavolo dove sono appoggiati vasi e bottiglie. Abbiamo subito una veduta dell’intero spazio della stanza, ma il cavalletto è collocato in modo da impedirci di vedere cosa è dipinto sul quadro. In quest’opera Rembrandt mostra una sorprendente attenzione per la prospettiva e la resa degli spazi, un altro elemento distintivo rispetto alla produzione dell’artista coeva. Le dimensioni relativamente piccole della figura e il viso lasciato in ombra suggeriscono che egli non volesse eseguire un autoritratto convenzionale. L’artista è intento a studiare la propria opera anziché a dipingerla materialmente, e ciò allude forse al fatto che l’arte si fa anche con la mente e non soltanto con le mani. Rembrandt sottolinea la sua idea con la luce, che sembra quasi emanare dall’invisibile dipinto sul cavalletto, e con la posa della figura.
Autoritratto con gorgiera
1629 circaRembrandt si è ritratto più o meno ottanta volte, e considera gli autoritratti come forme di autobiografia. In questo dipinto adotta per la prima volta un elemento dell’armatura, una gorgiera, che qui è indossata alla rovescia. L’immagine, a differenza dei precedenti autoritratti volti a fissare un particolare stato d’animo, ha un carattere ufficiale, come suggeriscono l’espressione sicura e spavalda. L’artista conferisce alla superficie pittorica un aspetto alquanto rifinito, tratta i capelli con un effetto insolito – soprattutto in questa fase del suo percorso artistico – di morbidezza e ondulazione. Caratteristica invece delle opere uscite dalla bottega del maestro è l’ombra pesante sul lato destro del viso che fa risaltare la figura dal fondo.
Vecchio con berretto di pelliccia
1630Il modello che ha posato per questo dipinto compare in diversi lavori precedenti del periodo di Leida, ma questo è il primo in cui Rembrandt concentri l’attenzione sulla testa e sul viso del soggetto creando un corrispondente maschile dei ritratti di vecchie. Per lungo tempo si voluto riconoscere in questo sconosciuto modello il padre dell’artista, ma tale identificazione non è sostenibile. Lo stesso uomo si riconosce in due incisioni di Rembrandt del 1630 e in due incisioni non datate di Jan Lievens. L’insolito copricapo alto somiglia a quello del Giuda pentito restituisce i trenta denari d’argento del 1629, il che fa pensare che nelle intenzioni dell’artista dovesse rappresentare un tratto specificamente ebraico. Stilisticamente il vecchio con il cappello si avvicina al Geremia per il trattamento del colore luminoso e sfrangiato.
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Il profeta Geremia lamenta la distruzione di Gerusalemme
1630
olio su tavola; 58,3 x 46
Amsterdam, RijksmuseumÈ una delle opere più importanti realizzate da Rembrandt nel periodo di Leida. Sebbene in passato vi sia stato qualche dubbio sul soggetto raffigurato - Lot davanti a Sodoma in fiamme, oppure Anchise che assiste malinconico all’incendio di Troia -, l’immagine sembra riferirsi alla profezia di Geremia sulla distruzione di Gerusalemme da parte di Nabucodonosor. Numerosi sono i precedenti iconografici per raffigurare Geremia dolente e isolato. La presenza del prezioso vasellame è un riferimento alla presa di Gerusalemme contenuto nelle Antichità giudaiche di Giuseppe Flavio che Rembrandt possedeva nella traduzione tedesca del 1584, dove è narrato come Nabucodonosor liberò Geremia dalla prigione e lo ricoprì di doni preziosi. Della raffigurazione del profeta non ci sono pervenuti disegni preparatori, anche se lo stesso vecchio è usato dall’artista come modello per altri dipinti dello stesso periodo.
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La lezione di anatomia del dottor Tulp
1632
olio su tavola; 169,5 x 216,5
L’Aja, MauritshuisNel 1632 la gilda dei chirurghi ordina a Rembrandt l’esecuzione di un quadro che ricorda la lezione tenuta pubblicamente dal dottor Nicolaes Tulp (1593-1674), primo anatomista, sulla fisiologia del braccio di un cadavere di un giustiziato. La più antica documentazione diretta del ritratto è nella guida di Amsterdam del 1693 nella quale si legge che il quadro, insieme al ritratto di gruppo della confraternita dei chirurghi, eseguito più tardi da Rembrandt, erano esposti al pubblico nella sala anatomica della confraternita dei chirurghi di Amsterdam. Rimase nello stesso luogo fino al 1828, allorché lo acquistò il re d’Olanda Guglielmo I. Il dipinto, lontano dalla staticità che aveva connotato fino ad allora i ritratti di gruppo, mostra sette personaggi intenti ad assistere alle spiegazioni del dottor Tulp, il quale sta svolgendo la sua dimostrazione sui tendini che permettono la flessione delle dita, mentre piega le dita della propria mano in un gesto che illustra lo stesso effetto.
Innalzamento della croce
1633 circaFra il 1632 e il 1646 Rembrandt dipinge per il principe Frederick Hendrick d’Orange la serie della Passione. Il soggetto dell’innalzamento della croce non è frequente nel corso del Cinquecento, finché il Concilio di Trento nel 1563 non si fu pronunciato sulla dinamica della crocifissione. La nuova iconografia non godette di grande fortuna nel nord protestante dell’Olanda. Il motivo è molto simile a quello eseguito da Rubens nella grande pala d’altare di Anversa, e la critica ha, fino a tempi recenti, ritenuto che quest’ultima fosse stata anche il modello per l’opera di Rembrandt. Gli elementi comuni possono essere spiegati con una medesima fonte iconografica, indicata in una piccola xilografia con lo stesso tema appartenente al ciclo sulla Passione di Altdorfer del 1513, da cui Rembrandt trasse anche disegni e incisioni.
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Marten Soolmans
1634
olio su tela; 209 x 134,8
Collezione privataNel corso del 1634 Rembrandt dipinse numerosi ritratti, fra i quali quello di Marten Soolmans e della moglie Oopjen Coppit, ambedue a figura intera, di grandezza naturale. Nell’Olanda seicentesca i ritratti di questo genere sono relativamente rari, e per la spesa che comportavano (cinquecento fiorini per un ritratto intero), costituivano un simbolo di gran ricchezza e d’elevata condizione sociale. Marten Soolmans e Oopjen Coppit si erano sposati nel 1633 ad Amsterdam, e quindi i due quadri si possono considerare ritratti di nozze. Il gentiluomo vestito di nero, secondo la moda spagnola, con la mano tesa regge un guanto, gesto che conferma lo stato matrimoniale, mentre la moglie, anch’essa vestita di nero, porta il suo liscio anello al collo. Marten Soolmans conobbe probabilmente Rembrandt a Leida, dove aveva frequentato l’università, quindi è verosimile che tornato ad Amsterdam abbia ripreso a frequentare l’artista, al quale sappiamo aveva commissionato anche una Sacra Famiglia.
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Saskia in veste di Flora
1635 circa
olio su tela; 123,5 x 97,5
Londra, National GalleryNel 1634 Rembrandt dipinge questo quadro di Flora che la critica recente tende a identificare con Saskia la giovane moglie del pittore, sulla base del confronto con il disegno a punta d’argento di Berlino, unico ritratto documentato della giovane. Le analisi radiografiche hanno mostrato che in origine si trattava di una raffigurazione di Giuditta, l’eroina dell’Antico Testamento, con la vecchia serva, e la testa di Oloferne. Purtroppo non sappiamo per quale ragione il pittore abbia ricoperto con un successivo strato di colore la figura della vecchia serva e la testa mozzata di Oloferne, eliminando la spada e modificando la posa di Giuditta, trasformata così in Flora. E’ forse probabile che la passione per i fiori, dimostrata dalla borghesia olandese di quegli anni, rendesse più allettante la rappresentazione della mitologica patrona dei fiori.
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La ronda di notte
1642
olio su tela; 363 x 438
Amsterdam, RijksmuseumLa grande tela fu commissionata in seguito alla decisione della gilda degli archibugieri di decorare la sala del quartier generale. Ogni compagnia doveva essere rappresentata da un ritratto di gruppo. Le commissioni andarono a sei pittori fra i quali Rembrandt, che ebbe l’incarico di ritrarre quella del capitano Frans Banning Cocq e del tenente Wilhem van Ruytenburgh. Il quadro fu pesantemente mutilato nel 1715 per poter essere collocato in una sala dell’attuale palazzo reale. Il titolo con cui è noto, La ronda di notte, sembra essergli stato attribuito alla fine del Settecento, quando il compito di alcune di queste compagnie era ormai solo la ronda notturna. Rembrandt rompe con la consuetudine di composizioni relativamente statiche, fatte di una serie di teste allineate, anzi struttura il dipinto come un vasto e drammatico quadro di genere storico, pieno di movimento e rumore, in cui si spara, si fanno rullare i tamburi, un ragazzo corre a portare la polvere, e c’è perfino un cane che abbaia.