Art e Dossier

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Art History: ricerca iconografica

Malachia

Il nome di Malachia deriva dall'ebraico Mal'Akijàh e significa "nunzio di Dio". Gli ebrei lo chiamano anche “Sigillo dei profeti” per sottolineare che è l’ultimo dei profeti minori della Bibbia. Della sua vita si sa poco, che era della tribù di Zabulon, che nacque a Sofa, in Palestina, e che visse certamente dopo l’esilio babilonese (538 a.C.), durante la dominazione persiana. Poiché nei libri dell’Antico Testamento di Esdra e di Neemia non si parla di Malachia, si potrebbe dedurre che egli sia vissuto dopo di loro, variando le ipotesi dal 519 al 425 a.C. Nel libro di Malachia, è notevolmente diffuso il senso dell’immutabile giustizia di Dio e dell’universalità della vera religione. Tratta dei problemi morali relativi alla comunità ebraica dopo la prigionia babilonese e mette in evidenza che “l’elezione” d’Israele non è solo un privilegio onorifico di Dio, ma comporta degli obblighi, come ogni dono divino. Per questo il suo tono è molto intransigente nei confronti dei sacerdoti che trascurano e offendono la dignità di Iahweh e del culto a Lui dovuto. Malachia condanna il malcostume, i matrimoni misti, difende la indissolubilità del matrimonio e termina con una visione escatologica che anticipa la venuta del messaggero di Dio, che farà una cernita dei buoni nel suo popolo. I Padri della Chiesa sono concordi che in questa profezia si può prefigurare la venuta di Giovanni Battista e che in Malachia si può vedere il preannunzio profetico del sacrificio della Messa.