Arte contemporanea e ambientalismo (vero): la mostra di Haley Mellin a Firenze
Haley Mellin. Siamo natura
Talvolta, quando un artista propone un progetto legato alla natura e all’ecologia, sorge il dubbio sulla sua competenza in termini di botanica di base, di zoologia o etologia. Ci si chiede quindi: “Ma saprà far sopravvivere una piantina di basilico sul balcone? Saprà riconoscere un tiglio da un cipresso? Avrà mai avuto un cane per amico?”. La natura e il rispetto per il pianeta sono al centro del dibattito – o meglio, dovrebbero esserlo – e proprio per questo rischiano di diventare dei trend, delle mode che hanno lo stesso valore delle pratiche di greenwashing. Ci sono però artisti contemporanei che hanno davvero sposato una vocazione ambientalista che va di pari passo con una spiccata creatività: è il caso della californiana Haley Mellin, fondatrice nel 2017 di Art into Acres, l’iniziativa no-profit che mobilita gli artisti per la protezione delle foreste primarie (anche in collaborazione con comunità indigene e locali), e per campagne di raccolte fondi.
La mostra Siamo natura, a cura di Sergio Risaliti e Stefania Rispoli, indaga la ricerca di Mellin ed espone sketch book, disegni e dipinti su cui sono raffigurati i paesaggi che l’artista contribuisce a proteggere: si tratta di opere in cui l’attenzione ai dettagli trova espressione mediante una pittura leggera che sottolinea la ricchezza e la varietà naturale degli ambienti ritratti. Tali testimonianze figurative sono interconnesse strettamente con l’attivismo ambientale – una sala racconta infatti i progetti di Art into Acres - anche grazie a un metodo rigoroso e coerente, che mette sempre al centro la sostenibilità: i lavori sono infatti realizzati su piccola scala, così da essere trasportati in uno zaino, e nascono lavorando stagionalmente in studi all’aperto, nel cuore delle foreste, rinunciando a spostamenti, elettricità, riscaldamento e raffreddamento. Insieme alla gouache, l’artista usa altri elementi naturali come il carbone vegetale, l’acquerello e a volte persino il caffè, e raccoglie l’acqua sul posto per diluire i colori. “La pittura, per me, è conservare uno stato mentale particolare, un modo di stare nella e con la natura. È un omaggio, non un’alterazione. È tempo, osservazione, studio, ascolto mentre la natura parla”, ha dichiarato l’artista.
Sempre con coerenza Mellin ha fatto in modo di ridurre l’impatto ambientale e le emissioni di CO2 relative al progetto espositivo, ad esempio ottimizzando i trasporti transatlantici, scegliendo casse riutilizzabili e gli imballaggi ecologici e realizzando le cornici in partnership con One Tree Planted che ha piantato un albero per ciascuna di esse.
Ma il messaggio di Mellin si traduce anche in un progetto di lunga durata dedicato a Firenze: l’artista ha infatti dato il via a una collaborazione con il Museo Novecento per la rigenerazione del Giardino delle Leopoldine: nel chiostro sono state messe a dimora circa 300 piante autoctone o legate al paesaggio toscano, restituendo così al giardino la sua funzione secolare, creando un rifugio rinfrescante durante i torridi mesi estivi e permettendo pure l’assorbimento di emissioni di carbonio.
Marta Santacatterina