The Brutalist e lo spazio fragile della pace in Europa
The Brutalist e lo spazio fragile della pace in Europa
di Irene Guida
Introduzione
The Brutalist, film di Brady Corbet premiato a Venezia 81 con il premio per la migliore regia, è per l'architettura quello che Oppenheimer di Christopher Nolan è per la fisica quantistica e Maria di Pablo Larrain per il canto lirico. Quello che segue è un tentativo di comprensione del film sul piano di realtà. Non è una recensione, non è una critica al premio ricevuto.
1. Il dispositivo narrativo: la virtualizzazione e la falsificazione
Il dispositivo narrativo dello scenario di inferenza applicato al passato e alla storia cui il regista Brady Corbet dichiara di aderire,” Cosa succederebbe se”, è stato teorizzato da Niall Ferguson, curatore di una fortunata raccolta di saggi, Virtual History, ed è anche alla base delle politiche ambientali di tutela del clima se applicato al futuro. Proprio come le previsioni del tempo ci dicono se pioverà sulla base di modelli probabilistici, possiamo inferire che se le cose continueranno così, i ghiacciai fonderanno, ecc... La critica più efficace a questo atteggiamento è quella di Adam Curtis, archivista della BBC e regista/produttore indipendente di documentari, che ha dedicato alla falsificazione della storia e alla manipolazione dei dati in ecologia una triologia di documentari, HypeNormalization, reperibile su Internet molto facilmente.
In nome di questi scenari probabili è utile e giusto vandalizzare opere d'arte per spostare l'attenzione su quello che importa veramente, non l’arte ma la natura, con il risultato piuttosto ridicolo, da parte degli attivisti di “Ultima generazione”, di rendere l'amore per l'arte una cosa da barbogi compassati e contro il clima e l’ecosistema.
Questo dispositivo nella fiction è sempre stato utilizzato nella fantascienza, fra tutti da un genio della narrativa come Philip Dick. Contemporaneamente gli storici come Braudel e la scuola di Parigi, negli anni sessanta usavano strumenti scientifici per comprendere la storia. L'uso dei dati statistici per leggere l'economia per esempio, ha permesso di capire che l'anno mille e il tardo medioevo, sebbene funestati da guerre e immagini apocalittiche, sono stati un periodo molto fertile per l'economia, un'era di distruzione creativa che non aveva avuto precedenti nella storia dell'umanità, di invenzioni tecniche clamorose, come un nuovo tipo di lama di aratro che permise di moltiplicare i raccolti, la stampa, la cartografia, configurando una vera e propria rivoluzione industriale. Questa trasformazione era negate sul piano teorico perché la tecnologia e la sperimentazione superavano la velocità di comprensione delle istituzioni culturali rigide e conservatrici, ma anche quella della sensibilità generale delle popolazioni, perché non avevano il tempo di recuperare la distruzione per molti, creativa solo per pochi. La stessa operazione per la storia dell'Economia l'ha svolta Thomas Picketty con i suoi studi, famosissimo il Capitale del XXI secolo, che ha spiegato come la società della finanza e della virtualizzazione sia quella del picco delle disuguaglianze politiche, economiche, e sociali.
Solo dopo le teorizzazioni degli anni novanta e duemila da parte degli specialisti di studi sociali e con lo sviluppo contemporaneo di una grandissima capacità di raccolta e elaborazione dati, grazie allo sviluppo della rete e a insperate velocità di calcolo dei processori, il dispositivo narrativo di Philip Dick e della virtualizzazione è stato applicato al passato non come strumento di lettura di quello che è stato, ma come strumento di falsificazione, indagando il probabile, distinto dal possibile e dal dato certo. Si è generato così un intero campo di studi, la storia virtuale. Ovvero, il racconto di come sarebbe stata la storia se…
Questo dispositivo è anche un dispositivo progettuale, utilizzato dagli urbanisti, e sul piano del progetto di restauro determina la morte del restauro critico, per chi si occupi di storia dell'arte, e in parte del restauro conservativo.
2. L'architettura e la storia come falsificazioni
Corbet ha dichiarato di essersi preoccupato di fare un film sull'architettura "perché riprendere l'architettura è difficile in quanto inanimata a differenza di un attore". Guido Guidi e la sua rappresentazione fenomenologica della tomba Brion di Carlo Scarpa sono dei giochi di intrattenimento. No comment.
Un'altra dichiarazione di Brady Corbet durante la conferenza stampa al Lido è stata la candida ammissione che la sua passione per l'architettura non deriva dallo studio della disciplina, di cui si dichiara assolutamente ignorante, ma dal racconto di fatti non meglio specificati realmente accaduti nella sua famiglia, non si sa bene quando e dove. Queste due dichiarazioni insieme configurano un'estetica della falsificazione e della virtualizzazione, anti-storica e anti-fenomenologica, ipernormalizzante.
Probabilmente, non ne siamo certi parlandone perché Brady Corbet non vuole raccontarcelo, ha trasposto una storia del passato realmente accaduta nella sua famiglia dalla parte del committente, alla parte dell'architetto e in un futuro relativo, per noi passato. Questa deriva nel tempo sarebbe stata magnifica dal punto di vista estetico se il doppio piano fosse stato dichiarato, invece di essere schiacciato su un piano di falso documentario, tacendo completamente l'identità di chi racconta ovvero se stesso. Infatti tutto parte dal racconto visto dalla parte del povero architetto, interpretato da Adrien Brody, sodomizzato durante un rapporto a tre dal cugino che lo accoglie e poi accusato di avere abusato di sua moglie, e in seguito sodomizzato in una cava di marmo di Carrara dal suo committente e magnate, ubriaco e stordito dalla bellezza che lo circonda. Dal che si capisce che il signor Van Buren, per fortuna mai esistito, non ha mai letto Stendhal e gli interessa l’architetto al solo fine di valorizzare la sua proprietà. Ma il nostro eroe-architetto continua entrambe le collaborazioni fino alla fine della missione, con notevole abnegazione, e senza poter curare la moglie malata e ammalandosi anch’egli, oltre il limite del masochismo, perché la meta è più importante del viaggio. Let's Make Architecture Great Again, ai tempi dei render che diventano esecutivi alla velocità della finanza volatile grazie alle procedure BIM, e ai tempi di una ricostruzione al termine della guerra che viene.
Dunque la falsificazione e la virtualizzazione sono operazioni che il regista compie utilizzando lo stesso supporto del tempo in cui si svolge l'azione, pellicola 70 mm come se fosse stato realizzato un documentario in presa diretta, giunto a noi miracolosamente nuovo attraverso il tempo. Inoltre questa scelta costringerà le distribuzioni, due giganti del calibro di Universal Pictures e A24, a riversare tutto di nuovo in digitale, data l'impossibilità di trasportare 26 bobine dal peso di oltre un quintale in giro per il mondo, restituendo almeno un momento di verità in questa gigantesca delusione estetica e distruggendo in questo modo anche il supporto tanto decantato, per portare tutto sul piano della completa falsificazione e dell'improbabile certificato come vero.
3. Cosa è abbiamo veramente visto
Infine, Laszlo Toth è il nome di una persona realmente esistita, un geologo di origine ungherese e emigrato in Australia che ha inflitto sei martellate verticali alla figura della Madonna della pietà di Michelangelo mercoledì 21 maggio 1972, dichiarandosi il vero Gesù. Il gesto non è mai perseguito come crimine ma classificato anche dal Vaticano come atto di follia, e riparato con un rosario di perdono recitato da Paolo VI davanti alla statua restaurata com'era dov'era, e un ricovero in una istituzione di assistenza manicomiale per l'autore del gesto, allora ancora attivo in piena nascita della rivoluzione di Basaglia, ma questa è un'altra storia che Venezia potrebbe raccontare a chi volesse capirla. Qui Laszlo Toth diventa un architetto demiurgo brutalista, che prima di essere deportato ha lavorato e studiato al Bauhaus, altra falsificazione, perché il Bauhaus e il brutalismo hanno ben poco in comune, essendo il secondo un superamento del primo dovuto a molti architetti del secondo dopoguerra che esaltavano il processo e la costruzione critica del progetto in relazione al contesto a discapito dell'atto demiurgico dell'architetto dittatore che disegna sulla tabula rasa, proprio del modernismo, i quali rivendicavano affinità piuttosto con il movimento Arts and Crafts, ma in scala industriale. Tornando alla narrazione, l'assunto brutalista del film sarebbe che per creare una nuova opera d'arte bisogna distruggere un capolavoro precedente, annullare la comprensione del passato, invece di contemplarlo e amarlo visceralmente per comprenderlo ed essere insieme a quello, contemporanei. In una battuta, il regista confonde Brutalism con Brat-alism. In definitiva la creazione per Brady Corbet coincide con lo stesso atto compiuto da chi ha bombardato gli scavi archeologici di Palmyra. Atto che nemmeno Hitler ha mai avuto il coraggio di fare. Chiusura ancora più falsa, la Biennale della Strada Novissima, prima edizione della Biennale architettura, nel film promuove il modernismo, falso dato che chiunque abbia nozioni minime sulla storia della Biennale Architettura sa che è stata dedicata al postmodernismo, alla rievocazione del fantasma della storia, evidente nei disegni magnifici di Aldo Rossi, che di quella Biennale è stato protagonista con Paolo Portoghesi. Manifesto del contrario della distruzione creatrice corbusieriana, quella Biennale celebrava l'amore per la Storia dell'Architettura.
Dobbiamo inferirne che questo sia un test per valutare il livello di credulità del pubblico.
Questo film e la reazione che ha suscitato a partire dalla stampa specializzata in critica dell’architettura e legata all’accademia, rimarranno nella storia del cinema e della comunicazione come la trappola estetica più di successo di tutti i tempi, dovuto alle abilità del regista tanto quanto alla manipolabilità del pubblico. E forse ci riguarda per questo motivo, la guerra in Europa che stiamo vivendo è prima di tutto una trappola estetica, quindi politica, di guerra come distruzione del nostro spazio democratico perché creatrice di un nuovo spazio felice e senza vincoli, ma nessuno sa ancora bene per chi. In mostra ci sono stati due documentari e una fiction che hanno affrontato il tema in modo diretto ma questa è un’altra storia. Il mio tempo finisce qui.