Caravaggio a Roma: una grande mostra con due inediti
Era probabilmente il 1595 quando il giovane Michelangelo Merisi da Caravaggio, dopo una formazione a Milano, decise di stabilirsi a Roma, entrando in contatto con un milieu artistico straordinario e riuscendo nel giro di pochi anni a conquistare la stima e la fiducia di illustri committenti, in primis il raffinato ed eclettico cardinale Francesco Maria del Monte. Complice anche una vita sregolata, da autentico “dannato”, la figura di Caravaggio e la sua opera suscitano ancora oggi un grande fascino nel pubblico e l’interesse della critica è sempre altissimo (e pare davvero incredibile che per un paio di secoli fosse stato messo ai margini, prima della sua riscoperta grazie a Roberto Longhi). Periodicamente si organizzano quindi mostre ambiziose – ricordiamo ad esempio Dietro Caravaggio, allestita a Palazzo Reale di Milano tra 2017 e 2018 – che spesso puntano a svelare aspetti inediti o nuove attribuzioni di opere che arricchiscono un corpus non certo vastissimo. E appunto la nuova mostra di Palazzo Barberini a Roma, oltre a sviscerare la vicenda artistica del pittore dal momento del suo arrivo nella Città Eterna fino alla sua morte avvenuta nel 1610, presenta al pubblico il Ritratto di Maffeo Barberini, per la prima volta esposto al pubblico, dal momento che appartiene a un collezionista privato - tra l’altro lo si accosta a un altro ritratto del medesimo soggetto -, e l’Ecce Homo riscoperto a Madrid quattro anni fa, che torna in Italia dopo quattro secoli. Quest’ultimo dipinto, apparso in un’asta spagnola nel 2021 e probabilmente eseguito a Napoli tra il 1606 e il 1609, è infatti una delle acquisizioni più recenti e importanti del catalogo di Caravaggio, nonché uno dei protagonisti assoluti dell’esposizione romana curata da Francesca Cappelletti, Maria Cristina Terzaghi, Thomas Clement Salomon.
In totale sono 24 le tele che si incontrano in un percorso diviso in quattro sezioni, dedicate rispettivamente al Debutto romano, alla produzione ritrattistica del Merisi (la sezione si intitola Ingagliardire gli oscuri, citando un’espressione di Bellori), a cui segue un nucleo di dipinti che affrontano la tematica Il dramma sacro tra Roma e Napoli, a partire dalla prima commissione pubblica presso la cappella Contarelli a San Luigi dei Francesi e in cui l’artista cominciò ad adottare uno stile “tragico”. Infine si affrontano gli ultimi anni di vita di Caravaggio e i suoi trasferimenti prima a Napoli e a Malta – rappresentativo è il Ritratto di cavaliere di Malta -, poi in Sicilia, ancora a Napoli dove realizzò le ultime opere, quali il San Giovanni Battista della Galleria Borghese e il Martirio di Sant’Orsola. Nel tentativo di rientrare a Roma nel 1610, il maestro trovò però la morte a Porto Ercole.
Completa l’excursus la possibilità di visitare il Casino dell’Aurora, a Villa Ludovisi, dove si può ammirare l’unico dipinto murale di Caravaggio, che nel 1597 raffigurò Giove, Nettuno e Plutone per decorare il soffitto di una piccola sala del piano nobile.
La mostra riesce così a raccontare la forza innovatrice di Michelangelo Merisi, riportando le sue opere in un luogo simbolo della connessione tra l’artista e i suoi mecenati.
Marta Santacatterina