Art e Dossier

Gioconde: il nuovo libro di Claudio Pescio

categoria: Cataloghi e libri

Claudio Pescio
Giunti, Firenze 2025
224 pp
€ 29

Claudio Pescio, autore di libri e dossier sulla pittura olandese, ha di recente scritto per Giunti un libro di grande successo, Paradisi proibiti. Adesso ci regala un excursus molto ben illustrato su quella che lui definisce «una categoria a parte»: quella delle “Gioconde” che non è – spiega – una infilata di capolavori, ma di opere che vanno al di là della loro importanza storico-artistica. Chi sono queste Gioconde? Non tanto (o perlomeno non solo) la Gioconda di Leonardo, meglio nota, peraltro, nel mondo anglosassone, come Monnas Lisa. Quella Gioconda, scrive Pescio, «concentra in sé tutte le caratteristiche dell’icona perfetta». E intendiamoci, “icona” è un termine assai inflazionato, ci dice. Riferendoci a certe opere sarebbe meglio, prosegue, chiamarle con il più appropriato nome di feticcio, mentre le icone vere e proprie sono quelle di origine bizantina. Ma tant’è, l’“iconico”, appunto, analizzato in diciannove saggi, sui più disparati temi, prevede sguardo, mistero, immobilità. E perfino silenzio. Il capolavoro inflazionato di Leonardo, suo malgrado, possiede tutti questi attributi. Ma che dire della ragazza con l’orecchino di perla (qui volutamente non in corsivo) che da dipinto celeberrimo di Vermeer è diventato immagine su una tazza da caffelatte (e molto altro) oltreché protagonista di un film con il volto di Scarlett Johansson magnificamente truccato? Se quello della Gioconda di Leonardo è l’emblema dell’«impossibilità di essere solo un capolavoro», vi sono molti altri personaggi, nella storia dell’arte di tutti tempi, e non solo europea, che hanno fatto da catalizzatore ai sogni e all’immaginario collettivo. Dal volto di Cristo, quello sì, davvero, un’icona nel senso letterale del termine, e ancora prima dalle misteriose immagini Fayyum, all’inaudita bellezza egizia di Nefertiti, alla geniale, potentissima e (pare) dissoluta Teodora di Bisanzio, raffigurata nei mosaici di Ravenna dove mai si recò, fino a Simonetta Vespucci che, se fu immortalata in un volto veritiero, è in quello di una lunetta ad affresco di Ghirlandaio nella chiesa di Ognissanti a Firenze, e non nei ritratti di Botticelli (Venere e Primavera per esempio), che di Simonetta non fu l’amante e non la utilizzò mai come modella. Per arrivare infine allo sguardo magnetico dell’afghana Sharbat Gula nella fotografia di Steve McCurry sulla copertina di “National Geographic”. Narrazione istruttiva e assai brillante, un libro anche da donare.