I Carabinieri Tpc restituiscono a Parma 56 monete illegittimamente trafugate
Nel 2009 venne presentata ai Carabinieri del Nucleo Investigativo del Comando Provinciale di Parma una denuncia relativa al furto di 386 monete antiche dal Museo Archeologico Nazionale di Parma: un fatto clamoroso, che aveva visto degli “ignoti malfattori” operare indisturbati dal 2006 al 2009. Quelle preziose monete sembravano sparite nel nulla, ma nell’agosto 2016 i “radar” dei Carabinieri del Nucleo Tpc intercettarono la vendita, da parte di una casa d’aste di San Marino, di un “Fiorino, emesso dalla Repubblica di Firenze (XII-XV sec), Zecca di Firenze 1284”. Si trattava proprio di una delle monete trafugate e che ora, insieme ad altri 55 esemplari numismatici, ritorna finalmente al museo parmigiano che ne è legittimo proprietario. Dall’ottobre 2016 le indagini, coordinate e dirette dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Parma e che sono tuttora in corso da parte del Nucleo TPC di Bologna e della Sezione Esteri del Comando TPC di Roma, hanno consentito di individuare sulle piattaforme di e-commerce circa 200 monete rubate alle collezioni del museo e già poste all’asta o di prossima vendita in vari Paesi europei e negli Stati Uniti. Sono inoltre in corso numerosi provvedimenti di sequestro e le relative azioni finalizzate alla restituzione dei manufatti all’Italia.
Le monete restituite al Complesso Monumentale della Pilotta di Parma appartengono a due nuclei principali: il primo comprende rari esemplari in oro e argento di età antica, medievale e moderna appartenenti alla collezione più antica del medagliere, come il denario di Quinto Pomponio Musa, attivo nel I secolo a.C., o il tremisse dell’imperatore Glicerio (473-474 d.C.), terzultimo imperatore romano d’Occidente rimasto in carica per circa un anno prima e le cui monete sono tutte estremamente rare. Non mancano dei denari antiquiores di grande interesse storico e pregiati manufatti di epoca farnesiana. Il secondo gruppo appartiene invece a un nucleo di monete provenienti da un contesto archeologico unitario, ovvero da una delle più importanti scoperte archeologiche avvenute a Parma nel secolo scorso, il cosiddetto “Tesoro di via Mazzini” rinvenuto nel 1962.
L’odierna restituzione testimonia l’importanza dei rapporti internazionali non solo tra le forze di polizia, ma anche di quelli in materia di cooperazione giudiziaria e diplomatica tra gli Stati interessati. Fondamentale per il buon esito delle indagini è stato inoltre il lavoro di catalogazione e censimento delle immagini fotografiche dei beni culturali da ricercare che confluiscono quotidianamente nella “Banca dati dei beni culturali illecitamente sottratti” del Ministero della Cultura gestita dai Carabinieri dell’Arte. Si tratta del database più grande al mondo nel suo genere, con oltre 1,3 milioni di opere e che rappresenta lo strumento fondamentale per recuperare beni culturali anche a distanza di tempo.
Marta Santacatterina