Art e Dossier

Nuove sale per i capolavori degli Uffizi

categoria: Eventi
14 September 2015
Firenze
Galleria degli Uffizi

Pochi – forse nessuno fra i musei europei più prestigiosi e di lontana formazione – possono vantare sale rinnovate, nuovi percorsi e allestimenti tanto impeccabili dal punto di vista del rigore scientifico e dell’efficacia didattica, quanto raffinatamente sobri come quelli che Antonio Natali con la sua splendida equipe (molte donne) ha programmato negli ultimi anni per la Galleria degli Uffizi. Né il Louvre, né il rinnovato Rijksmuseum, né la National Gallery, né il Prado, per citare solo alcune fra le più visitate raccolte d’arte del vecchio continente, permettono un percorso cronologico così razionale delle scuole e dei nuclei rappresentati. Gli allestimenti, tutti realizzati senza mai chiudere un giorno il museo, si sono arricchiti oggi di altre otto sale, dalla 25 alla 32 nel corridoio di ponente (Terzo corridoio) al secondo piano della Galleria, grazie al finanziamento della maison fiorentina Salvatore Ferragamo. A queste sale, che formano in pianta una U, si accede dopo aver percorso le stanze di levante – che mostrano, ormai in corretta successione e rimandi continui, gli sviluppi dell’arte italiana dal tardo XII secolo al Rinascimento (restano solo da sistemare Botticelli e Leonardo, mentre la Tribuna ha già ottenuto, dopo il restauro, un nuovo allestimento). Dal fondo del primo corridoio ricco di sculture antiche si passa alla Loggia col suo formidabile affaccio sull’Arno. A proposito Ministro, com’è che ha fatto scomparire, fra gli altri grossolani errori di “rinnovo manageriale” che sa tanto di kafkiana epurazione, il responsabile delle collezioni archeologiche, quasi gli Uffizi fossero solo una grande pinacoteca? E da qui, verso ponente si prosegue l’itinerario nel secondo Quattrocento. In questi ambienti appena allestiti, irriconoscibili rispetto a quando, pochi anni fa, ospitavano decine di opere di scuole diverse (oggi solo una quarantina di dipinti si offrono ai nostri occhi grati), si trovava in origine la fonderia medicea. Nelle otto nuove sale, dominate dal fondo verde chiaro, oggi si “riscoprono”, senza esser distratti da capolavori iconici, una grande pala e un tondo del Ghirlandaio, un tempo soffocati dai capolavori di Botticelli nelle sale di levante. E anche le due pale luminose del geniale Alesso Baldovinetti, e la Giustizia di Biagio d’Antonio. Artisti minori? Niente affatto, artisti importantissimi, ancorché meno noti al grande pubblico. Ci sono poi i quadri di Cosimo Rosselli, e una parete intera dedicata alle deliziose storie mitologiche di Jacopo del Sellaio. E ancora, la tavoletta con la Cattura di Cristo del talentuoso Maestro di Marradi. Si prosegue poi con tutti i capolavori del Perugino (dalle tavole devozionali all’intenso Ritratto di Francesco delle Opere), di Filippino Lippi (finalmente separato dal padre, i cui dipinti restano nell’ala di levante), di Piero di Cosimo, di Lorenzo di Credi e di un suo probabile epigono, autore del bellissimo Ritratto di giovane. La sala 30, in un ricetto ispirato alla nicchia che fino a poco tempo fa ospitava a Milano la Pietà Rondanini di Michelangelo, spicca in tutta la sua bellezza il torso del Doriforo in basanite verde dello Uadi Hammamat, un tempo a Villa Medici a Roma, e copia dall’originale bronzeo di Policleto. Chi voglia godersi la quiete di un unico dipinto, il tondo con la monumentale Sacra Famiglia di Signorelli, potrà anche guardare, fuori dalla finestra, uno scorcio inedito di Firenze. E poi, nell’ultima sala, ancora Signorelli, per poi sbucare nelle stanze allestite lo scorso anno sui ritratti antichi e le sculture che rievocano gli artisti al lavoro nel Giardino di San Marco della Firenze laurenziana. Da qui, si passa al rosso della Sala del rivoluzionario Michelangelo. Un grazie di cuore ai curatori di questo intelligente nuovo percorso, che se forse non accoglierà le folle adoranti della Primavera, perlomeno non vedrà come al Louvre, riuniti in un’unica stanza, la selva di braccia alzate con tablet e smartphone pronti a fotografare la Gioconda da una parte, e dall’altra la grande tela di Veronese. Come dire, “c’ero anch’io”, ma anche, “dove vai son cipolle”.

Gloria Fossi