Documenta 14
Doppio appuntamento per la documenta di quest’anno, che, sospinta dal motto «Imparando da Atene», inaugura dapprima nella capitale greca (8 aprile-16 luglio) e successivamente nella sua città natale, Kassel (10 giugno-17 settembre), mantenendo la tradizione dei cento giorni di apertura in entrambe le sedi. È la prima volta, nei suoi sessanta e passa anni di storia (l’edizione iniziale fu nel 1955), che la documenta esce dai suoi confini nordici per spostarsi nel Mediterraneo. L’annuncio di questa decisione, avvenuta nel pieno della crisi economica greca, ha però acceso subito le polemiche. Invece di essere visto come annuncio di parità e gesto di sostegno socioculturale – così come nelle intenzioni del direttore artistico Adam Szymczyk, che voleva anche ricordare la recessione vissuta da Kassel nel dopoguerra e il riscatto che la città ebbe proprio grazie alla documenta –, è stato da molti vissuto esattamente all’opposto, come atto di potere, oltre che pretenzioso, e come conferma del disequilibrio tra Europa settentrionale e meridionale. C’è poi chi ha guardato alla trasferta di documenta ad Atene come a una mancanza di idee celata dalla supremazia del formato della mostra sui suoi contenuti, se non addirittura come alla fine di Kassel. Discussioni e controversie non sono sempre un male, anzi, in questo caso sono parti integranti di una manifestazione che fin dall’inizio si è distinta per il suo impegno politico-culturale e che nelle ultime edizioni ha cercato di scrollarsi di dosso l’occidentalcentrismo richiamando a sé artisti da tutto il mondo e puntando i riflettori su territori in difficoltà (si pensi all’asse Kabul-Kassel avviato da Carolyn Christov-Bakargiev per dOCUMENTA 13). D’altronde – e lo sa bene anche la Biennale di Venezia – cercare di rinnovarsi e di aggiornare il proprio modello è vitale per istituzioni artistico-culturali che hanno alle spalle una lunga storia e che devono fare i conti con il tessuto politico, economico e sociale locale e, sempre più, anche internazionale. Il fatto che questa documenta parli tre lingue, greco, tedesco e inglese, è già di per sé un sintomo di questa presa di coscienza. Tra le novità più interessanti, c’è la rivista “South a State of Mind”, fondata ad Atene nel 2012, che per documenta 14 è uscita, a lavori ancora in corso, con quattro numeri speciali a cadenza biennale (2015-2017). Oltre a essere un incubatore di idee sull’attuale situazione dei paesi del Sud del mondo, il periodico è specchio di come sarà la mostra e dei suoi temi. Sfogliandolo, sappiamo già che gli argomenti centrali saranno i problemi identitari legati alla migrazione e all’esilio dei popoli; l’emergenza di un nuovo colonialismo e le forme di violenza che ne derivano; l’egemonia culturale (tra cui anche il dominio che la Germania neoclassica ha esercitato sul patrimonio greco); la questione ecologica e le sue implicazioni; e molto altro ancora. È inoltre già cominciato, e proseguirà per l’intera durata della mostra, il ciclo di film Keimena, trasmessi ogni lunedì sera a mezzanotte su ERT2, uno dei canali della televisione pubblica greca, e rivedibili anche in streaming (webtv.ert.gr). Il programma include sia fiction e documentari sperimentali girati dagli anni Settanta a oggi, sia nuove produzioni. Da non perdere anche lo speciale programma radio Every Time A Ear di Soun in collaborazione con Deutschlandradio e SAVVY Contemporary Berlin. Di certo spettacolare sarà The Parthenon of Books, l’installazione dell’artista argentina Marta Minujín, che per il Friedrichsplatz di Kassel ha progettato una copia del Partenone costituita da centomila libri proibiti raccolti grazie a numerose donazioni da parte di editori e privati (questo è un lavoro site-specific che Minujín realizzò per la prima volta a Buenos Aires nel 1983 contro la dittatura argentina). Ancor più di un ricordo del rogo nazista del 1933, questo tempio di carta è un omaggio alla prima forma di democrazia occidentale, che nell’Acropoli ebbe la sua culla. Per documenta 14 l’aver scelto Atene come simbolo di resilienza è augurio di ripresa di un’Europa in crisi.
Cristina Baldacci