Art e Dossier

Icônes de l'Art Moderne. La collection Chtchoukine

categoria: Mostre
22 ottobre 2016 – 5 marzo 2017
Parigi, Francia
Fondation Louis Vuitton

A poche settimane dall’inaugurazione, la mostra curata da Anne Baldassari a Parigi, ha raggiunto seicentomila visitatori. Viste le code all’esterno dello spettacolare edificio di Frank Gehry, è stata prorogata al 5 marzo. Il successo non stupisce: difficile far meglio, in ogni senso. Dedicata alla  raccolta del collezionista russo Sergej Shchukin (Mosca 1854-Parigi 1936) è la più bella, nel senso più ampio del termine, fra le decine viste a giro per l’Europa negli ultimi anni. Più d’uno i motivi. Il più evidente ma non ovvio, è che per la prima volta sono riuniti, dopo la confisca nel 1917 da parte del governo bolscevico, e la dispersione fra Mosca e San Pietroburgo, oltre la metà dei 256 dipinti raccolti da Shchukin fra 1898 e 1914, eseguiti in Francia da Cézanne, Monet, Van Gogh, Matisse, Picasso, o in Polinesia (Gauguin). Produttore e mercante di stoffe, Shchukin acquistò con lungimirante occhio, prima di altri, trentasette Matisse, cinquanta Picasso, diciassette Gauguin, oltre a capolavori di Pissarro, Monet, Manet e altri. Non s’intendeva in particolare d’arte, almeno all’inizio (lo testimoniano i primi acquisti, piuttosto banali), ma i viaggi a Parigi, i rapporti con mercanti e galleristi ancora non notissimi come Durand-Ruel e Vollard, l’incontro con Matisse (che  gli presenterà Picasso), gli affinarono gusto, occhio, intuizioni. Di statura modesta, balbuziente, riservato, nonostante amasse scandalizzare l’agiata borghesia moscovita mostrando la sua raccolta così scandalosamente moderna nel la sua fastosa dimora di palazzo Trubetzkoy, Shchukin ebbe il merito, se non proprio di mutare il corso della storia dell’arte come talvolta si dice, certo d’incoraggiare e sponsorizzare artisti che all’epoca, perfino nella “moderna” Parigi, erano derisi e incompresi. A Matisse, fra l’altro, commissionò La Musica e La Danza per lo scalone del suo palazzo. Ebbe coraggio, talvolta lui stesso esitò per l’eccessiva modernità dei suoi acquisti, ma mai rifiutò un’opera che d’istinto aveva scelto. Tutto s’interruppe con la Grande Guerra, e poi, con la Rivoluzione, che lo costrinse a lasciare la Russia, per sempre. La raccolta, confiscata, andò a far parte di un museo d’arte moderna, per poi dividersi fra Museo Puskin e l’Ermitage di San Pietroburgo (allora Leningrado). Fino a pochi anni fa di Shchukin non si avevano che frammentarie notizie, ma la tenacia di Natalia Semenova in Russia e del nipote di Shchukin in Francia, André-Marc Delocque-Fourcaud, hanno permesso di ricostruire, con documenti e fotografie inediti, la formazione della collezione e la vita romanzesca del collezionista russo.  Baldassari ha fatto il resto, allestendo con mirabile chiarezza, in dieci enormi sale della fondazione parigina, i capolavori della collezione, a parte la Musica e la Danza di Matisse, vanto dell’Ermitage, alle quali è  dedicata una videoinstallazione multischermo di Peter Greenaway e Saskia Boddeke. Le opere, per quanto possibile, sono esposte secondo gli originari allestimenti , documentati da enormi fotografie in bianco e nero. Vediamo finalmente com’erano “l’iconostasi” delle opere di Gauguin, un fregio continuo di capolavori polinesiani, la “cellula Picasso”, il “salone rosa” di Matisse. La qualità stratosferica, la quantità delle opere sarebbero già motivo per restare rapiti. Il catalogo (pesantissimo) sarà punto di partenza per ulteriori studi su un personaggio illuminato che non si finisce di ammirare. Un simposio internazionale si terrà il 3 e 4 febbraio. 

 

Gloria Fossi