Il realismo di Giovanni Chiaramonte a Milano
Giovanni Chiaramonte. Realismo infinito
A un anno dalla scomparsa di Giovanni Chiaramonte (Varese 1948-Milano 2023), il Museo Diocesano di Milano dedica una mostra a colui che è considerato uno dei più grandi maestri della fotografia italiana, un autore che con la sua opera ha contribuito come pochi altri alla ridefinizione poetico-concettuale dell'immagine del paesaggio contemporaneo.
La rassegna, curata da Corrado Benigni, si compone di quaranta immagini che ripercorrono oltre due decenni, dal 1980 ai primi anni del 2000, di ricerca intorno ai diversi modi di percepire il paesaggio e la veduta urbana, da sempre al centro della fotografia e della riflessione teorica di Chiaramonte. Il percorso espositivo si sviluppa lungo i punti chiave della storia e dell'identità occidentale, a partire dall'Italia, il cui paesaggio, che porta i segni di una lunga stratificazione di culture e costumi, diviene la matrice per leggere e comprendere l'intero Occidente, il suo carattere e il suo destino. In un pellegrinaggio che tocca Atene e Roma, passa da Berlino e arriva fino al Bosforo e Gerusalemme, il fotografo ha ritratto le vestigia del Vecchio Continente alla ricerca delle origini della nostra civiltà.
Ma il viaggio di Chiaramonte non si ferma all'Europa. Si spinge fino agli Stati Uniti e l'America Centrale per rintracciare lo sviluppo del cammino dell'Occidente, legato alla tradizione ma inevitabilmente proiettato verso un futuro differente. Un'esplorazione che diviene al contempo una riflessione teorica sull'atto del fotografare (il grosso del lavoro è selezionare come ricordava spesso lui) e sulla natura dell'oggetto rappresentato, evocando anche una meditazione sull'atto stesso del vedere. Perché per Chiaramonte non esiste un punto di vista preordinato per osservare il paesaggio. Egli pensa invece che sia un luogo suscettibile di differenti interpretazioni, le quali seguono le dinamiche dell'esperienza individuale. Non a caso il titolo della mostra, Realismo infinito, fa riferimento tanto alla linea dell'orizzonte, elemento centrale della fotografia paesaggistica, quanto alle molteplici possibilità rappresentative che ogni scenario reca in sé.Auto che tracciano il tempo, bambini che giocano, piani reclinati, paesaggi perfetti con luci da film per indagare soprattutto il rapporto tra esterno e interno, con inquadrature dentro inquadrature: un invito a cercare i dettagli, la parte per il tutto. Il mondo dell’uomo nelle sue immagini è un piano senza fine immerso in luminoso lontananza sospesa nel tempo.
Una mostra, dunque, che celebra non solo un grande fotografo, ma anche un pensatore capace di interrogarsi costantemente sul senso del proprio operare e sul ruolo dell'immagine nella definizione della nostra identità culturale. Un fotografo che ci invita a guardare al paesaggio con occhi sempre nuovi, consapevoli che in esso si nascondono infinite possibilità di significato e di racconto.
Lucia Antista