Art e Dossier

La fugacità della vita nelle immagini di Peter Hujar in mostra a Prato

categoria: Mostre
13 dicembre 2024

PETER HUJAR. Azioni e ritratti / viaggi in Italia

Prato
Centro Pecci

Al Centro Pecci di Prato, fino all’11 maggio 2025, la mostra PETER HUJAR. Azioni e ritratti / viaggi in Italia, a cura di Grace Deveney, David C. e Sarajean Ruttenberg dell’Art Institute di Chicago, con Stefano Collicelli Cagol, direttore del Centro Pecci.
La mostra raccorda l’estetica ritrattistica di Peter Hujar, storico fotografo che visse gli anni ruggenti della New York degli anni Settanta scardinando, con il suo pensiero fotografico, ogni forma di conformazione estetica. I suoi ritratti scavavano nelle profondità più recondite del suo soggetto, della sua mortalità, applicando al linguaggio fotografico la sua natura di memento mori. L’esposizione al Centro Pecci permette allo spettatore di risalire, in qualche maniera, alle origini del processo compositivo ed esistenziale di Peter Hujar, mettendo in dialogo le immagini che l’autore fece durante i suoi viaggi in Italia, dagli anni Cinquanta agli anni Settanta, e quelle che produsse, invece, a posteriori, quando la sua poetica era già definita e attraverso cui sarebbe diventato il fotografo di fama mondiale che è ora, anche da morto. 
Quello che ricongiunge quelle prime fotografie italiane ai ritratti dei suoi amici scrittori, intellettuali, ballerini, coreografi, artisti, attori, che sarebbero arrivati in seguito, è un certo senso performativo del corpo ritratto, un movimento catartico, interpretativo, esistenziale, che Hujar sapeva cogliere con maestria e leggerezza. Ne è un esempio un’immagine diventata non solo famosa, ma una vera icona, in mostra a Prato, Orgasmic man del 1969, in cui un uomo è ritratto all’apice del suo piacere, in una maschera di sentimento primordiale. Era consuetudine di Hujar, infatti, esprimere l’interiorità psichica delle persone che ritraeva, trasferendo nelle sue immagini il movimento che tale dimensione intima produceva sul loro corpo, rendendosi così visibile all’occhio dello spettatore. Le sue fotografie imbrigliavano, in questo modo, l’azione del suo sguardo, quella del suo soggetto e quella di chi fruiva delle sue immagini, in un profondo dialogo che ti parlava della morte e della fugacità della vita, ma anche della natura dell’immagine. 

Francesca Orsi