La scultura di Lorenzo Bartolini a Milano
Il volto e l’allegoria. Sculture di Lorenzo Bartolini
Sarà inaugurata il prossimo 25 settembre nel cuore di Milano la monografica dedicata al celebre precursore e maestro del purismo italiano: Il volto e l’allegoria. Sculture di Lorenzo Bartolini, curata da Carlo Sisi al Museo d’arte della Fondazione Luigi Rovati, indagherà l’esperienza romantica dello scultore di Prato, che nella prima metà dell’Ottocento fondò la sua estetica del "bello naturale" sulla lezione del Rinascimento fiorentino di Verrocchio e Donatello.
Sullo scacchiere instabile delle rivoluzioni europee, il giovane Bartolini (Savignano, 1777-Firenze, 1850) si rifugiò nella sicurezza neoclassica delle forme ideali apprese nell’atelier parigino di David a fianco dell’amico Ingres. Sul carro dorato di Napoleone arrivò al successo ma furono il suo genio artistico e la costante ricerca del vero a tenerlo a galla dopo la rovinosa caduta del Bonaparte. Amato dai Lorena e ricercato dall’élite internazionale del Grand Tour, in Italia si lasciò alle spalle il Neoclassicismo e deviò il corso della scultura quando a Firenze portò in aula agli allievi dell’Accademia di Belle Arti il “più bel gobbo” da ritrarre in veste di Esopo.
Il primo nucleo tematico della mostra accoglie il visitatore al piano nobile: la Carità educatrice nel 1846 scardina il navigato modello dell’allegoria al servizio della Restaurazione e tende la mano al naturalismo di una bellezza più autentica, nei dettagli e nei gesti sfiorati dalla luce; così sfugge la ciocca di capelli dalla pettinatura composta, come il tempo di essere musa eterea scivola in quello di madre accogliente.
Il secondo aspetto fondamentale del percorso creativo di Bartolini è Il volto, forma trascendente che palpita di grazia terrena, indagato in mostra dal modello in gesso alla scultura intagliata nel marmo. Lo Spazio Bianco è riservato al ritratto che da semplice effige diventa presenza: Bartolini distilla il meglio della natura in una serie di fisionomie guizzanti dalle poetiche (im)perfezioni, mai state così reali nella loro dignità senza tempo.
Serena Tacchini