Lee Miller a Londra
Lee Miller
Londra, Tate Britain. È già un successo, a pochi giorni dall’inaugurazione, la più completa esposizione su Lee Miller mai organizzata in Inghilterra (in collaborazione con Musée d’Art Moderne di Parigi, Art Institute di Chicago, Lee Miller Exhibition Supporters Circle, Tate International Council, Tate Patrons, Tate Photography Acquisitions Committee, Tate Americas Foundation, Tate Members). Per chi si rechi a Londra, magari per le feste natalizie, è d’obbligo prenotare.
Undici sezioni si dispiegano lungo dodici sale della storica sede della Tate in Millbank, sulla riva nord del Tamigi. La storia di una delle figure artistiche più significative delle avanguardie del XX secolo, rivive attraverso 250 fotografie, alcune inedite, e grazie a decine di documenti e alcuni video, primo fra tutti Le sang d’un poète di Cocteau. Qui Lee è una statua classica che torna in vita e porta un poeta alla follia. In effetti il film fece infuriare Man Ray, suo compagno di allora. Opportuni pannelli esplicativi, approfondiscono, di sala in sala, non solo le relazioni di Lee Miller (1907-1977) con Man Ray e il poeta Roland Penrose, amico e biografo di Picasso e suo secondo marito, ma viene ripercorsa tutta la sua vita, dalla carriera di modella negli Stati Uniti e in Europa, poi di fotografa di moda e infine di corrispondente di guerra. Indimenticabili inoltre, nella sala 1, le sue immagini di un Egitto umbratile e insospettabile, ai tempi in cui viveva al Cairo, dopo aver sposato nel 1934 il facoltoso egiziano Axiz Eloui Bey, da cui poi si era separata.
Come emerge, dalla mostra, la figura di Lee Miller? Americana di nascita, internazionale di adozione, bionda bellezza, un poco teutonica, fu una «donna dalle molte vite», come scrisse il figlio Antony Penrose nella biografia del 1985 (uscita in Italia nel 2022). Negli svariati ruoli assunti, da modella per Vogue, ripresa da artisti e fotografi come Ray e Steichen, a fotografa lei stessa, Lee si mosse sempre «in piena libertà», e sempre rimase tenacemente «se stessa». Avvicinatasi alla fotografia lavorando di fronte all'obiettivo della macchina fotografica, se era stata una delle modelle più richieste della fine degli anni Venti, poi era passata dietro l'obiettivo.
Determinata a forgiare il proprio percorso, a proposito delle molte vite trascorse avrebbe poi dichiarato che si era trattato di avventurarsi su un ramo dannatamente pericolante per poi segarlo dietro di sé. E se il pallore marmoreo di lei come statua nel film di Cocteau (Sala 1) diviene una metafora della sua esistenza feminina fuori dalle righe, così il suo rapporto di amore e lavoro con Man Ray – che a lei dovette rinunciare per l’amore scoccato con Roland Penrose – diviene, nelle immagini e nei documenti della Sala 2, il manifesto di un sodalizio umano e artistico. Ray e Miller, affascinati dall’erotismo dei corpi, forzano le frontiere della fotografia verso i terreni inesplorati di amore, potere e desiderio. Talvolta è difficile distinguere lo scatto di Lee da quello di Ray, ma poco importava: «Eravamo una cosa sola quando ci trovavamo a lavorare assieme».
Via via, nelle sale che seguono, si rivivono i soggiorni al Cairo, i viaggi in Siria, Palestina, Libano, Cipro, Romania, Grecia, che riaccesero la sua passione appena sopita per la fotografia. E si arriva alle amicizie illustri, con Ernst, Picasso, Chaplin, Cornell, Leonor Fini, Leonora Carrington, Delvaux, Magritte. Infine, dopo le fotografie di guerra in Belgio e in Francia, la sconvolgente scoperta dei campi di concentramento di Buchenwald, sino al dopoguerra e al sodalizio poeticamente amoroso e intellettuale con Roland Penrose, che le sopravvisse sino al 1984. Ed è grazie al loro figlio Antony, che dopo il 1977 fece restaurare centinaia di scatti della madre, se ora conosciamo tante immagini di sublime bellezza. Imperdibile per chi vada a Londra.
Gloria Fossi