Lo studio di Matisse alla Royal Academy di Londra
Matisse in the Studio
Una scultura antica, un variopinto tessuto traforato del Nordafrica, una fantasiosa poltrona rococo, un vaso andaluso dalle mirabili trasparenze azzurre, una cioccolatiera d’argento, un’altra di rame. E poi maschere Yoruba, porcellane cinesi, sgabelli moreschi: Matisse ha lavorato per tutta la vita con gli stessi oggetti. Oggetti di culture, paesi, epoche diverse. Sono proprio loro, questi oggetti di valore e aspetto assolutamente eterogeneo, la fonte d’ispirazione per centinaia di sue opere, realizzate dal 1917 fino ai primi anni Cinquanta. A quei bravi “attori”, come Matisse li chiamava, protagonisti o comprimari, di volta in volta, di dipinti, collage e sculture, è dedicata la splendida mostra in sette salette all’ultimo piano della Royal Academy di Londra. È una mostra intima, commovente, dove decine di opere di Matisse sono accostate, in molti casi per la prima volta, a cimeli di ogni genere. Anche se lo stesso pezzo compare più volte in opere differenti, anche a distanza di molti anni, la sua forma non è mai identica. E il suo ruolo muta radicalmente, perché non è mai uguale l’accostamento con altre figure che di volta in volta Matisse propone. Dipende dal suo stato d’animo, dalla funzione formale che quel pezzo, o più pezzi, assumono nella composizione. La cioccolatiera viene vista di lato, oppure dall’alto, o di fronte, a risaltare il suo manico di legno o la sua foggia panciuta, e può star vicina a un vaso cinese, a una brocca, o a una conchiglia polinesiana. Significative le sezioni tematiche: Oggetti come attori, Arte africana e ritratto, Atelier come teatro, Il linguaggio dei segni. Fra le opere meno viste, un grande pannello di legno laccato e dorato, con caratteri cinesi che sembrano emergere dal fondo, ma sono in realtà solo dipinti, che la moglie Amélie aveva regalato a Matisse per il suo compleanno, nel 1929. La Cina, un mondo esotico che a più riprese Matisse esplorò, a partire dal 1919, quando aveva disegnato i costumi per il Canto dell’usignolo, il balletto musicato da Stravinskij nel 1919. Una mostra da non perdere per chi si rechi a Londra.
Gloria Fossi