Matisse, Nizza e la luce del Mediterraneo
3 novembre 1954. Settant'anni fa Henri Matisse si spengeva nel grande appartamento dell'ex-Hotel Régina di Cimiez, che domina dall'alto Nizza e il suo mare smaltato. L'artista della "gioia di vivere", dei dipinti inondati dalla luce tersa e azzurrina del Mediterraneo, avrebbe compiuto ottantacinque anni il 31 dicembre. Non fece a tempo. Per due giorni, dopo l'attacco di un ictus, fu assistito dalle due donne a lui più care: in primo luogo l'amatissima primogenita Marguerite (1894-1982), cui il Musée National d'Art moderne de Paris dedicherà una grande mostra (Matisse et Marguerite, le regard d'un père, 4 aprile-24 agosto 2025, ne parleremo subito dopo l'inaugurazione). Accanto a lei, la statuaria Lydia Delektorskaya (1910-1984), ultima musa ispiratrice, costante presenza degli ultimi anni al fianco dell'anziano pittore. Da tempo Matisse era costretto in carrozzella o a letto, ma non aveva mai smesso di lavorare. Con un carboncino fermato a una lunga asta tracciava alle pareti o sul soffitto le essenziali linee dei suoi disegni al tratto, oppure creava collage con le eleganti sagome ritagliate da carte colorate a gouache (papiers découpès). L'ultima sua opera fu però con la penna. Tre giorni prima di morire, tenendo in mano un foglio di carta, aveva delineato, per l'ennesima volta, il bel volto di Lydia, con i capelli bagnati stretti in un turbante. Fino all'ultimo Matisse aveva manifestato la joie de vivre, la voglia di trasmettere una «calma cerebrale», un antidoto allo stress e alla tristezza simile «a una comoda poltrona». Oggi diremmo comfort zone. Di rado Matisse aveva dovuto rinunciarvi. Gli era accaduto a Tahiti nel 1930, dove il fascino esotico dei Tropici non gli aveva comunicato, nell'immediato, alcuna ispirazione (la rievocherà solo al ritorno in Francia, rammentando e dipingendo la finestra dell'Hotel Stuart, che oggi non esiste più, sul porto di Papeete, e poi immaginando l'Oceania con sinuose, quasi astratte onde blu e felci verdeggianti). Matisse era rimasto inoperoso per qualche mese anche nel 1940, quando, lasciata Parigi minacciata dai nazisti, si era rifugiato a fine giugno nel porto basco di Ciboure, dove aveva dipinto una sola, poetica tela, peraltro da lui considerata non finita (Albi, Musée Toulouse-Lautrec). Poi si era fermato a Carcassonne e a Marsiglia, senza poter dipingere. Finalmente, rifiutando di fuggire negli Stati Uniti, era tornato a Nizza, che più lo aveva ispirato negli anni entre le deux guerres e che avrebbe continuato a costituire la scenografia ideale delle sue vedute dalla finestra, con il sapore dell'intimità quotidiana, la sensualità arabescata delle sue modelle\odalische. Quando morì, il più giovane Picasso disse che Matisse era l'unico che aveva saputo osservare i suoi dipinti, mentre lui stesso era quello che meglio di altri aveva compreso quelli dell'amico-rivale.
Oggi Matisse riposa a due passi dal cimitero di Cimiez, sotto a un alloro e a un olivo. Da quel lontano 1954 gli studi e le mostre si sono moltiplicati, e in questi giorni anche l'Italia fa la sua parte. A Padova, in palazzo Zabardella la grafica del grande maestro è accostata a Picasso, Miró, Modigliani. A Mestre, al Centro culturale Candiani (Matisse e la luce del Mediterraneo, a cura di Elisabetta Barisoni, fino al 4 marzo 2025), undici capolavori di Matisse (dipinti su tela, disegni, litografie) dialogano con opere di artisti francesi a lui contemporanei, fra cui Dufy, Bonnard, Marquet, e uno strepitoso e meno noto Jules Flandrin (Sole a mezzogiorno a Roma, 1928). Fra gli italiani, De Pisis, Zecchin, Romanelli, molti dalle sterminate raccolte di Cà Pesaro a Venezia. Di Matisse spiccano in mostra Giovane ragazza(1921, Nancy, Musée des Beaux-Arts), Odalisca (1926, Milano, Museo Novecento), ambientate nella penombra dei suoi due appartamenti nizzardi in place Charles Félix, affacciati sulla Baia degli Angeli. Dipinta invece nell'inverno ventoso del 1919 è la delicata Finestra aperta, raffigurata dall'Hotel de la Mediterranée (Parigi, Centre Pompidou), al principio della Promenade des Anglais, la cui distruzione fu per Matisse causa di rimpianti. Mare, luci, finestre aperte, modelle, arazzi, stoffe esotiche, oggetti quotidiani: per questo, e non solo per questo, Matisse è ancora tanto amato. Ma non è solo la nostra comfort zone: con Cartier Bresson possiamo dire che Matisse era l'essenza stessa della pittura.
Gloria Fossi