Art e Dossier

BKV Fine Art: se la decapitazione è arte

categoria: Mostre
25 ottobre – 20 dicembre 2024

Perdere la testa

Milano
BKV Fine Art

Ci sono teste che hanno fatto la storia dell'arte. Quella di Oloferne, recisa dalla bella Giuditta. Quella di san Giovanni Battista, servita su un piatto d'argento. Quella di Golia, brandita da un giovane Davide. La galleria BKV Fine Art di Milano le ha raccolte tutte in una mostra che è un viaggio nel tempo e nell'iconografia della decapitazione.

Sessantaquattro opere raccontano una storia di violenza e bellezza che attraversa i secoli. Ad accogliere il visitatore, l'imponente tela barocca di Giovanni Battista Maino: una Salomè che regge la testa del Battista, sintesi perfetta di sacro e profano, di seduzione e morte. È solo l'inizio di un percorso che si snoda tra pittura antica e arte contemporanea, in un dialogo serrato che mette in luce l'ossessione secolare per questo tema. Il nucleo principale della mostra ruota attorno alle rappresentazioni del Battista decapitato, divise in due sezioni cronologiche. La prima ci porta nel Cinquecento lombardo, dove la testa del santo diventa oggetto di devozione e al contempo natura morta, posata su piatti che ospitano anche frutti e fiori, memento mori ante litteram. Spiccano qui opere come la testa attribuita a Giovan Battista Figino, di provenienza Borromeo, e quella di un seguace di Andrea Solario.

La seconda sezione ci immerge nel Seicento, dove il tema trova nuova linfa vitale grazie all'influenza di Caravaggio. Le declinazioni si fanno più drammatiche, quasi macabre, come testimoniano le tele derivate dall'Erodiade di Francesco Cairo. La ripetizione ossessiva del motivo crea sulle pareti un horror vacui che enfatizza la modernità dell'arte antica. Il dialogo con il contemporaneo si fa serrato attraverso le opere di artisti come Bertozzi&Casoni, che trasformano il Battista in un gorilla, o Vik Muniz, che reinterpreta la Medusa di Caravaggio utilizzando materiali di scarto. Non mancano i contributi di Giovanni Testori, presente sia come collezionista che come artista, con i suoi acquerelli del 1968 realizzati mentre scriveva il monologo "Erodiade". Al primo piano, il racconto si allarga alle storie di Davide e Golia, Giuditta e Oloferne. Qui emerge con forza il tema della seduzione come arma, incarnato dalle sensuali Giuditte seicentesche, tra cui spicca quella di Giuseppe Vermiglio. Ma è anche lo spazio dove i carnefici mostrano il loro lato umano, come nel pensieroso Davide di Domenico Cerrini.

La mostra rivela come, nel corso dei secoli, il significato di queste immagini sia profondamente mutato. Se nell'arte antica la violenza era subordinata a un messaggio religioso o morale, oggi diventa spesso puro spettacolo. Lo dimostra l'opera di Julian Schnabel, che riprende l'autoritratto di Caravaggio come Golia, trasformandolo in una riflessione sulla natura dell'artista.

Lucia Antista