Vittore Carpaccio: biografia
La formazione artistica di Vittore Carpaccio ha posto notevoli problemi critici: tutta veneziana (Gentile Bellini o Lazzaro Bastiani) secondo alcuni, più complessa e articolata secondo altri, con la conoscenza di Antonello da Messina, la visione delle opere di Mantegna e del ciclo ferrarese di Piero della Francesca. La prima commissione documentata è il ciclo di teleri per la scuola di Sant’Orsola che l’artista inizia nel 1490, in cui rivela un linguaggio pittorico già maturo. A questa prima realizzazione seguono i numerosi incarichi da parte di altre istituzioni veneziane: la scuola di San Giovanni evangelista, la scuola di San Giorgio degli Schiavoni, la scuola degli Albanesi, la scuola di Santo Stefano. Lavora anche nella sala del Maggior Consiglio in Palazzo ducale e il Sanudo, cronista veneziano, lo ricorda come “pittore di stato”. Vittore Carpaccio è stato uno degli artisti più colti e intellettuali del suo tempo: nelle sue opere rivela la conoscenza delle illustrazioni dei primi libri a stampa, una cultura archeologica dettagliata, una frequentazione dei testi classici e dei romanzi cortesi, riproduce iscrizioni ebraiche e greche, spartiti di musica.
Vittore Carpaccio: le opere
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Due dame veneziane
1490 circa
olio su tavola; 94 x 64
Venezia, Museo CorrerNella letteratura dell’Ottocento i personaggi femminili rappresentati in quest’opera venivano definiti “maliarde” ed in passato si era fatta strada l’ipotesi che potesse essere il ritratto di una coppia di cortigiane veneziane non meglio identificate. Ma nell’ambiente circostante il particolare del vaso a sinistra sul quale appare lo stemma della casata nobiliare veneziana dei Torella sembra segnalare la necessità di una diversa interpretazione. E’ probabile che le due donne rappresentate fossero in realtà due gentildonne di casa Torella. Il loro abbigliamento raffinato e i monili di perle sembrano confermare quest’idea mentre gli oggetti e gli animali presenti nella scena rientrano nel codice simbolico delle allusioni alla castità (fazzoletto bianco, colombe e perle), virtù tradizionalmente riconosciuta come necessaria alle donne sposate. Forse le due gentildonne sono state ritratte in un momento di attesa del ritorno dei loro uomini. Un frammento di dipinto che raffigura delle imbarcazioni nella laguna, conservato al J. Paul Getty Museum di Malibu, è stato infatti riconosciuto come parte dell’opera in questione e fornirebbe dunque una spiegazione plausibile del contenuto del quadro: due gentildonne che aspettano il rientro dei mariti da una battuta di caccia in laguna.
Incontro dei pellegrini col papa
1493-1494E’ uno degli episodi del ciclo di sant’Orsola, una serie di nove teleri dipinti da Carpaccio per la Scuola di Sant’Orsola, confraternita di nobili, con le storie della santa principessa. La storia di sant’Orsola è narrata da Jacopo da Varagine nella Legenda aurea. La principessa, figlia del re di Bretagna era promessa sposa al figlio del re d’Inghilterra ma in procinto delle nozze rivolse al padre la preghiera di rinviare l’evento di tre anni per potersi recare a Roma in pellegrinaggio con lo stesso futuro sposo, che lì si sarebbe dovuto battezzare. Accolta la richiesta, Orsola parte e giunta a Roma viene ricevuta dal papa. Qui le appare in sogno un angelo che le annuncia la morte durante il viaggio di ritorno e infatti Orsola giunta a Colonia verrà sterminata dagli Unni, insieme alle sue compagne di viaggio e al fidanzato. In questo telero, firmato, è rappresentata la scena cerimoniale in cui un papa di fantasia sullo sfondo reale di Castel Sant’Angelo riceve Orsola e il fidanzato. Si dice che qui Carpaccio abbia ritratto nel personaggio del corteo in elegante abito paonazzo, l’umanista Ermolao Barbaro autore di un manuale di comportamento del perfetto ambasciatore.
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Liberazione dell’indemoniato a Rialto
1494-1495
olio su tela; 365 x 389
Venezia, gallerie dell’AccademiaSi tratta di uno dei teleri del ciclo della Reliquia della croce dipinto da Carpaccio per la Scuola di San Giovanni evangelista, ciclo coordinato e in buona misura eseguito dal pittore che forse gli era stato maestro, Gentile Bellini. L’episodio concerne la miracolosa guarigione di un indemoniato ottenuta nel 1494 dal patriarca di Grado per mezzo della reliquia della croce conservata nella scuola stessa dal 1369. L’avvenimento ha luogo a Rialto nel piano superiore del palazzo del patriarca: nella loggia con il patriarca stesso sono rappresentati i confratelli della scuola di San Giovanni evangelista e sotto alcuni compagni della confraternita della Calza, in un vivace spaccato di vita cittadina.
IconografiaLa partenza degli ambasciatori dalla corte d’Inghilterra
1497-1498E’ uno degli episodi del ciclo di sant’Orsola, una serie di nove teleri dipinti da Carpaccio per la Scuola di Sant’Orsola, confraternita di nobili, con le storie della santa principessa. La storia di Sant’Orsola è narrata da Jacopo da Varagine nella Legenda aurea. La principessa, figlia del re di Bretagna era promessa sposa al figlio del re d’Inghilterra ma in procinto delle nozze rivolse al padre la preghiera di rinviare l’evento di tre anni per potersi recare a Roma in pellegrinaggio con lo stesso futuro sposo, che lì si sarebbe dovuto battezzare. Accolta la richiesta Orsola parte e giunta a Roma viene ricevuta dal papa. Qui le appare in sogno un angelo che le annuncia la morte durante il viaggio di ritorno e infatti Orsola giunta a Colonia verrà sterminata dagli Unni, insieme alle sue compagne di viaggio e al fidanzato. In questo episodio gli inviati della corte inglese prendono commiato da re Mauro ricevendone un messaggio per il loro sovrano relativo alle condizioni poste dalla stessa principessa Orsola per le nozze. Pittore attento e acuto, Carpaccio connota la corte inglese accentuandone il carattere nei costumi con ampi e fantasiosi cappelli.
IconografiaRitratto di cavaliere
1500-1501Si tratta di un personaggio non identificato e narra la storia di un eroe sconosciuto costruita per simboli e segnali e non per fatti. L’airone abbattutto nel cielo dal falco sembra alludere alla morte in quel luogo dell’eroe rappresentato, forse in battaglia, dal momento che la sua postura ricorda quella della statua di un eroe in un monumento funerario. Il cavaliere con la lancia raffigurato dietro è probabilmente lo stesso protagonista del ritratto, rappresentato nelle sue antiche attività. Il candido ermellino commentato dal cartiglio “preferisco morire piuttosto che macchiarmi” esprime la virtù del personaggio rappresentato mentre gli animali e le piante con il loro simbolismo sembrano alludere ulteriormente alla triste vicenda del virtuoso cavaliere.
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Duello di san Giorgio e il drago
1501-1502
olio su tela; 141 x 360
Venezia, Scuola dalmata dei santi Giorgio e Trifone.Si tratta di uno dei due teleri eseguiti da Carpaccio per la scuola dalmata dei Santi Giorgio e Trifone con il probabile finanziamento di Paolo Valaresso che nel 1502 donava alla scuola le reliquie del santo affidategli dal patriarca di Gerusalemme. La storia deriva dalla Legenda Aurea di Jacopo da Varagine ed è scandita qui in due scene. Nella prima san Giorgio è in sella al cavallo e colpisce il drago con un colpo di lancia senza ucciderlo. Sul campo di battaglia si notano le testimonianze agghiaccianti delle devastazioni compiute dal drago: teschi, ossa, e i cadaveri di due giovani parzialmente divorati dalla bestia. Giorgio è emblema di virtù cristiana alla quale è affidato il compito di sgominare il drago, che è immagine simbolica della mortale lussuria. Nella sua veste di “miles christianus”, cavaliere dello spirito, si doveva essere riconosciuto lo stesso Paolo Valaresso che da soldato cristiano aveva dovuto accettare la resa ai turchi degli abitanti della fortezza della Morea dove combatteva. E’ dunque probabile che il drago di San Giorgio fosse interpretabile, al tempo di Carpaccio, anche come simbolo della furia devastatrice dei turchi infedeli.
IconografiaSan Gerolamo e il leone nel monastero
1502Fra il 1501 e il 1503 Carpaccio dipinge il nucleo fondamentale del ciclo per la Scuola di San Giorgio degli Schiavoni, che oltre ai due teleri relativi alle storie di san Giorgio constava di altri tre con episodi della vita di san Gerolamo. Uno dei due rappresenta le esequie del santo mentre l’altro raffigura l’episodio del leone ferito accolto da san Gerolamo nel monastero e curato, metafora della pacificazione all’indomani delle guerre turche. I personaggi in vesti orientali rappresentati nel monastero potrebbero infatti alludere a una conversione dei turchi infedeli: in quello stesso anno la vittoria veneziana a Santa Maura aveva chiuso, per il momento, le guerre turche.
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Sant’Agostino nello studio
1503
olio su tela; 141 x 210
Venezia, Scuola dalmata dei Santi Giorgio e TrifoneSecondo una leggenda raccontata da Gerolamo (edita a Venezia nel 1485) Agostino mentre gli scriveva rimase colpito da una luce improvvisa e al tempo stesso intese la voce del destinatario che gli prediceva la morte e l’ascesa al cielo. Qui il santo è ritratto da Carpaccio in uno studio ecclesiastico-umanista. Nelle sue fattezze sono state ravvisate erroneamente quelle del cardinale Bessarione ma la critica moderna propende per riconoscervi il vescovo Leonino legato apostolico a Venezia negli anni dell’esecuzione dei teleri e soprattutto protagonista del negoziato tra il papa e la Repubblica per la spedizione congiunta contro i turchi vittoriosamente conclusasi nel 1502.
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Preparazione del sepolcro di Cristo
1505-1507
olio su tela ; 145 x 185
Berlino, Statliche Mussen, GemäldegalerieInsieme al Cristo di passione fra san Gerolamo e Giobbe, la Preparazione del sepolcro di Cristo è una meditazione sul sacrificio di Cristo. Forse si tratta per i due dipinti di due commissioni contigue nel contesto veneziano della Scuola di San Giobbe. San Giobbe è infatti presente in ambedue le scene. Cristo giace sull’altare della nuova legge mentre Giuseppe d’Arimatea e due suoi compagni allestiscono la sepoltura. Le rovine intorno indicano la rovina dell’antica legge. A destra sono presenti i tradizionali personaggi del Compianto. Ma la chiave del dipinto è Giobbe. La schiena appoggiata a un albero mezzo secco e mezzo florido riafferma la contiguità di morte e resurrezione mentre riconcilia il vecchio mondo e il nuovo.
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Adorazione del Bambino
1505
olio su tavola; 141 x 285
Lisbona, Museo Calouste GulbenkianFirmato e datato, in questo dipinto i donatori sono equiparati per posizione e per ruolo alla Sacra famiglia, lussuosamente vestiti e concentrati sulla beatifica visione. Felice e innovativa la presenza dei donatori nel contesto mentre sullo sfondo del paesaggio di fantasia la cavalcata dei magi che arrivano dall’Oriente sembra istituire un parallelismo fra le figure della storia sacra e gli astanti profani. I ritratti nei dipinti di Carpaccio, inseriti con disinvoltura nel contesto, non celebrano la personalità ma la mentalità della famiglia, del gruppo e dell’istituzione.
IconografiaPredica di santo Stefano
1514Questo episodio delle storie di santo Stefano rappresenta il momento centrale di un ciclo di quattro teleri dipinti da Carpaccio per la Scuola di Santo Stefano, sodalizio devozionale al quale da tempo aderivano numerosi artigiani. Qui santo Stefano, protomartire cristiano, si erge vestito in abiti sacerdotali sulla base di una statua che non è più. Le figure che assistono alla predica sono individuate nei segnali della nazione, del censo e del mestiere e nell’atteggiamento di fronte alla predica. Sono figure solo apparentemente tratte dal milieu cittadino ma in realtà si tratta di personaggi simbolici. In fondo alla scena è riconoscibile la città di Gerusalemme. E’ forse presente nella storia di Stefano e nella sua iconografia una componente di forte polemica antiebraica. Gli anni in cui Carpaccio dipinse le Storie di santo Stefano erano del resto contraddistinti da intensi fermenti antiebraici, incoraggiati dalla predicazione francescana.
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Disputa di santo Stefano con i savi ebrei
1514
olio su tela; 147 x 172
Milano, pinacoteca di BreraE’ uno degli episodi delle Storie di santo Stefano, parte di un ciclo di quattro teleri dipinti da Carpaccio per la Scuola di Santo Stefano, sodalizio devozionale al quale da tempo aderivano numerosi artigiani. La disputa si svolge in un ambiente che qualifica con edifici e monumenti raffinatissimi la perizia dei committenti, i grandi architetti e scultori lombardi presenti a Venezia, che erano ai vertici della scuola di Santo Stefano, tutti rappresentati nei gentiluomini in toga nera sotto la loggia. In elegante toga rossa si riconoscono invece, ai due lati del colonnato, Vittore Carpaccio e Giovanni Bellini. Il dipinto era probabilmente da leggere in chiave antiebraica dal momento che qui santo Stefano, protomartire cristiano, rappresenta la forza della parola cristiana che umilia gli inutili libri dell’antica sapienza ebraica
Iconografia