Art e Dossier

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Art History: Ricerca iconografica

Inferno - Divina Commedia

L’iconografia cristiana dell’Inferno trae molti elementi dal Tartaro del mito greco, il luogo di punizione del regno di Ade. Nel Medioevo l’Inferno era considerato il regno di Satana, dove i dannati, dopo la resurrezione della carne, ossia dopo il ricongiungimento dell’anima al corpo, avrebbero sofferto nel fuoco eterno. Nelle rappresentazioni artistiche, l’Inferno compare prevalentemente nel contesto del Giudizio Universale, dove si nota spesso l’influsso iconografico della Divina Commedia di Dante, per esempio nella presenza di vari gironi per le diverse punizioni (Nardo di Cione, Firenze, affreschi in Santa Maria Novella). Molti personaggi rappresentati evocano i versi del racconto dantesco: Caronte, che dalla sua barca percuote con il remo le anime più restie, oppure il giudice infernale Minosse, che arrotola attorno al proprio corpo la coda di serpente per indicare a quale cerchio il peccatore è destinato, come si vede, per esempio, nel Giudizio universale michelangiolesco della Sistina. Tra le varie colpe punite nell’Inferno, due emergono, con valore di allegoria sociale, nell’iconografia predantesca del XII e XIII secolo, quelle dell’Avarizia e della Lussuria. Più tardi, invece, i lussuriosi che prima erano esclusivamente rappresentati come figure femminili con rospi e serpenti attaccati al corpo, vengono immersi in fiamme solforose e tormentati da demoni; i sodomiti girano su uno spiedo; i golosi sono costretti dai diavoli a ingurgitare cibi immangiabili; gli invidiosi sono parzialmente immersi in un fiume gelato; i superbi portano sulle spalle degli enormi massi. Le colpe nell’Inferno dantesco sono distribuite in nove cerchi, che culminano con la figura di Lucifero, proporzionalmente alla loro gravità e sono puntualmente punite secondo la legge del “contrappasso”. Naturalmente le rappresentazioni più fedeli ai versi di Dante sono quelle dei cicli di dipinti e disegni dedicati alla Divina Commedia e quelle delle miniature che illustrano i vari codici comparsi dopo la conclusione del poema nella seconda decade del XIV secolo.